G.d.P. di Centuripe. Iva sul Gas: società deve rimborsare utente

in Sentenze e testi di legge
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI CENTURIPE REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice di Pace, dott. Giuseppe Iacona, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 61/C/04 R.G., avente per oggetto: ripetizione di indebito, promossa da M.I., nato a Centuripe il 31/07/1951, ivi residente parte attrice contro SGV SpA con sede in Palermo, Via... n...., in persona del Presidente e dell’Amministratore Delegato p.t., rappresentati e difesi dal Dott. Maurizio Molara, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta, elettivamente domiciliata presso la sede della S. G.V. in Enna, Via .... parte convenuta SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione orale ex art. 316 c.p.c., ritualmente notificato, parte attrice in epigrafe indicata conveniva in giudizio la SGV spa, nella persona del rappresentante legale p.t., chiedendone la condanna a restituire la somma indebitamente riscossa a titolo di Iva ed ammontante ad Euro 237,75 o quella maggiore o minore ritenuta di giustizia. A fondamento della pretesa creditoria deduceva: - che in sede di fatturazione dei corrispettivi per la somministrazione del gas metano nella sua abitazione, la S,G. ha applicato l’aliquota Iva del 20% senza operare alcuna distinzione tra il gas erogato per il riscaldamento, che sconta l’aliquota ordinaria del 20%, e il gas utilizzato per la cottura cibi e produzione di acqua calda, al quale va invece applicata l’Iva agevolata del 10%, come espressamente previsto al punto 127 bis della tabella A parte III, allegata alla legge sull’Iva DPR 26/10/1972 n. 633 (tariffa T1 prevista dalla delibera del Comitato interministeriale prezzi (CIP) n. 37 del 26/6/1986); - che tale aliquota del 20%, riscossa indistintamente per l’intera fornitura annuale di gas, deve considerarsi sicuramente illegittima per il periodo non invernale in cui l’accensione del riscaldamento non è attivata, anzi è espressamente vietata dal DPR 26 agosto1993 n. 412, periodo che per il Comune di Centuripe risulta fissato dal 16 aprile al 30 ottobre (v. art. 9, 1° comma e tabella allegata); - che la Società convenuta, inoltre, in sede di stipula del contratto di somministrazione del gas metano, avrebbe dovuto correttamente informare l’utente che il costo del combustibile utilizzato per il riscaldamento dell’abitazione era diverso da quello per la cottura di cibi e produzione di acqua calda, suggerendo l’eventuale installazione di contatori separati, onde consentire la misurazione dei due tipi di utilizzo del gas, la fatturazione con aliquota ridotta dei consumi ed il conseguente minor costo della fornitura; - che il comportamento omissivo della S.Gas nella fattispecie ha concretizzato una violazione degli obblighi di correttezza e buona fede in sede di trattative negoziali, obblighi imposti dalla legge 30/04/1998 n. 281 sui diritti dei consumatori a carico di chi fornisce beni o servizi, con conseguente diritto dell’utente di ottenere in ripetizione quanto indebitamente corrisposto in più. Parte attrice allega fatture e pagamenti effettuati negli anni di riferimento e quantifica la somma a suo tempo indebitamente pagata in più ed ora pretesa in restituzione, nella misura del 50% dell’Iva annualmente fatturata dall’ente convenuto, atteso che il periodo di divieto di accensione del riscaldamento nel Comune di Centuripe è di poco più di un semestre. Si costituisce in prima udienza la SGV SpA depositando comparsa, dove sostiene l’infondatezza in fatto e in diritto della domanda attrice chiedendone il rigetto. Deduce in particolare che, trattandosi nella fattispecie di utenza ad " uso promiscuo" - e cioè con uso del gas metano sia per il riscaldamento degli ambienti che per la cottura cibi e produzione di acqua calda, con unico impianto ed unica caldaia - non ha alcuna possibilità di differenziare i consumi, nemmeno per il periodo di non accensione degli impianti di riscaldamento previsto espressamente dal DPR n. 412/1993, a causa delle possibili deroghe ai limiti di attivazione degli impianti previste dal medesimo decreto; di essere pertanto obbligata ad applicare per l’intera annualità il regime tariffario T2 ( Iva 20% ) come da normativa fiscale. Richiama al riguardo le istruzioni in tal senso emanate dall’Amministrazione finanziaria ed in particolare la risoluzione n. 97/E in data 29/04/93 emessa dall’Agenzia delle Entrate, che allega. Ribadisce infine la piena legittimità del suo operato anche per quanto riguarda l’asserita scorrettezza di comportamento che la società medesima avrebbe tenuto in sede di stipula del contratto di somministrazione in violazione della normativa sui diritti dei consumatori di cui alla legge n. 281/1998. All’udienza del 30 Settembre 2004, non necessitando la causa di indagini istruttorie, sulle conclusioni delle parti come riportate in atti, dopo ampia discussione, il Giudice tratteneva il fascicolo in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE Si premette che il presente giudizio, ai sensi del 2° comma dell’art. 113 c.p.c. come recentemente modificato, viene reso non secondo equità ma secondo legge, atteso che nella fattispecie la controversia scaturisce da un tipico contratto di adesione ex art. 1342 c.c. Anche per tale motivo, quindi, si ritiene opportuno in via preliminare far cenno alla normativa che regola la materia oggetto del giudizio, alla posizione ufficiale assunta dal Ministero delle Finanze sulla questione, nonchè alle diverse soluzioni date finora dalla giurisprudenza. Normativa di riferimento: a) - l’art. 16 del DPR 26/10/1972 n. 633 istitutivo dell’IVA dispone che in via ordinaria " l’aliquota dell’Iva è stabilita nella misura del 20% della base imponibile dell’operazione" . In deroga a questo principio generale il 2° comma dello stesso articolo aggiunge che " l’aliquota è ridotta al 10% per le operazioni che hanno per oggetto i beni e i servizi elencati nell’allegata tabella A ". La tabella A contiene un lungo elenco tassativo di prestazioni tra le quali al n. 127 bis: "somministrazione di gas metano usato come combustibile per usi domestici di cottura cibi e per produzione di acqua calda di cui alla tariffa T1 prevista dal provvedimento del Comitato Interministeriale dei prezzi (CIP) n. 37 del 26 giugno 1986". b) - quest’ultima delibera C.I.P. ( n. 37 del 26/6/1986) ha posto in essere le due distinte tariffe con la seguente formulazione: " le tariffe saranno stabilite almeno su due livelli riferiti uno agli usi domestici T1 (cottura cibi e produzione acqua calda) di cui sopra e, l’altro, con valore inferiore al primo, all’uso di riscaldamento individuale (T2) " (v. Gazz. Uff. serie generale n. 150 dell’1/7/1986 pag. 45). La formula " con o senza uso promiscuo " - che non figura nel sopra riportato provvedimento C.I.P. n. 37/86, il solo specificamente richiamato al n. 127 bis della tabella A/Iva - è stata aggiunta successivamente nella delibera CIP n. 22 del 2/07/1987 (v. Gazz. Uff. serie generale n. 153 del 3/07/1987 pag. 25) e in alcune altre successive. c) - si richiama anche il DPR 26/08/1993 n. 412 sul risparmio energetico, che all’art. 9, 1° comma, ha suddiviso il territorio nazionale in zone climatiche ed ha indicato per ciascuna zona e per ciascun Comune il periodo annuale e la durata giornaliera in cui è consentito accendere il riscaldamento nelle abitazioni. (Il Comune di Centuripe risulta inserito nella zona climatica D con periodo di accensione di "12 ore giornaliere dal 1° novembre al 15 aprile ", ossia poco meno di mesi 6 ( v. suppl. ord. G.U. 14/10/93 n. 96). Lo stesso art. 9 del decreto, al 2° comma, dispone altresì che " Al di fuori di tali periodi gli impianti termici possono essere attivati solo in presenza di situazioni climatiche che ne giustifichino l’esercizio e comunque con una durata giornaliera non superiore alla metà di quella consentita a pieno regime". Il 1° comma del successivo art. 10 dispone poi che "In deroga a quanto previsto dall’art. 9, i sindaci, su conforme delibera immediatamente esecutiva della giunta comunale, possono ampliare, a fronte di comprovate esigenze, i periodi annuali di esercizio e la durata giornaliera di attivazione degli impianti termici sia per i centri abitati, sia per i singoli immobili". d) - si menziona infine la legge 30 luglio 1998 n. 281 contenente la disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti, nonchè gli artt. 1175 e 1337 cod.civ. sui doveri di reciproca correttezza e buona fede nei rapporti tra le parti contraenti. Interpretazione dell’Amministrazione finanziaria. L’Amministrazione finanziaria, in risposta a numerosi quesiti posti anche da associazioni consumatori, sulla base degli interventi normativi sopra ricordati, con varie circolari e risoluzioni ha sempre sostenuto la legittimità dell’applicazione dell’aliquota ordinaria del 20% non solo per l’uso del gas per riscaldamento ma anche per il c.d. " uso promiscuo " , in quanto: " nel caso di usi promiscui non è possibile determinare in modo certo ed oggettivo la quota di gas metano impiegato per la cottura cibi e la produzione di acqua calda, data la mancanza di impianti separati e conseguentemente di distinti contatori" e ciò anche nei periodi non invernali fissati dal DPR n. 412/93, per i quali l’Amministrazione finanziaria rileva che: " l’art.9 del decreto del DPR 26 agosto 1993 n. 412, che stabilisce limiti massimi relativi al periodo annuale di esercizio degli impianti di riscaldamento, può essere derogato in modo generalizzato dai sindaci qualora sussistono comprovate esigenze, ai sensi dell’art. 10 dello stesso decreto; inoltre gli stessi limiti sono superabili anche a livello individuale dal singolo utente, il quale, ai sensi dell’art. 9 comma 2 può attivare l’impianto di riscaldamento anche al di fuori dei limiti fissati qualora vi siano particolari situazioni climatiche" ( Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 97/E del 29/04/2004 in "il fisco" n. 19/2003, fasc. 2, pag. 3006, allegata al fascicolo di parte). Giurisprudenza di merito. Sul punto la giurisprudenza non ha dato finora una risposta univoca. Alcuni Giudici di pace, infatti,condividendo la tesi e le argomentazioni del Ministero delle finanze hanno escluso la possibilità di applicare tariffe diverse a seconda dei periodi dell’anno fissati dal su citato DPR 412/93 ed hanno dichiarato legittima l’applicazione dell’aliquota ordinaria IVA del 20% per l’intera annualità (cfr.: Giudice di pace di Lecce 11/12/2001; Giudice di pace di Pescara 28/01/2004 in Il Giudice di pace, Ipsoa, rispettivamente n. 3/2002, 205 e n. 2/2004, 114). Altri invece hanno statuito che nei mesi in cui l’impianto di riscaldamento non può per legge essere mantenuto in funzione deve applicarsi l’aliquota agevolata Iva del 10%, e, di conseguenza, hanno accolto la pretesa creditoria degli utenti condannando la società erogatrice del gas metano a restituire quanto riscosso in più (cfr.: Giudice di pace di Massa 11/04/2001, Giudice di pace di Davoli 05/04/2003, in Il Giudice di pace, Ipsoa, rispettivamente n. 1/2002, 54 e n. 4/2003, 297; Giudice di pace di Lanciano 17/03 - 12/05/2003, in il Fisco n. 24/2003, 3859; Giudice di pace di Ravanusa 13/11/2002- 9/12/2003, inedita; e da ultimo: Giudice di pace di Caltanissetta 13/02 - 17/02/2004, inedita; Giudice di pace di Lamezia Terme 7/02/2004 n. 2707 in Giurispr. di merito 9/2004, 1881). Il thema decidendum. Ciò posto, la questione da decidere, nei suoi termini essenziali, è se in caso di contratto di somministrazione di gas metano mediante unico impianto e unico contatore, nei periodi non invernali espressamente fissati dal DPR 26/08/93 n. 412, in cui non è consentito l’uso dell’impianto di riscaldamento (per il Comune di Centuripe dal 16 aprile al 30 ottobre), la fornitura di gas debba scontare l’aliquota ordinaria del 20% (tariffa T2), come riscossa dalla società erogatrice, ovvero quella agevolata del 10% (tariffa T1) come sostiene l’utente. Al giudicante appare più conforme a legge la soluzione che vede riconosciuta la domanda avanzata da parte attrice. Una più attenta lettura della normativa vigente ed una interpretazione sistematica della stessa, infatti, porta a concludere che nella fattispecie l’operato della società convenuta - che ha applicato il regime tariffario T2 anche nei periodi durante i quali il riscaldamento non può essere (e non è stato) attivato - deve ritenersi contraria alla volontà del legislatore e quindi illegittima, per i motivi di seguito precisati. Uso promiscuo del gas: volontà del legislatore e interpretazioni ministeriali. Un punto fermo da cui partire è il disposto di cui al 2° comma dell’art. 16 del decreto istitutivo dell’IVA n. 633/1972, provvedimento con forza di legge, il quale rinviando alla tabella A parte III n. 127 bis ad esso allegata, prevede espressamente che alla fornitura del gas metano " per uso domestico di cottura cibi e produzione di acqua calda " deve essere applicata l’aliquota agevolata del 10%. Trattasi, si ripete, di norma primaria, e come tale può essere derogata esclusivamente da altra norma di pari valore; e ciò anche perchè, operando essa nel campo impositivo tributario, ai sensi dell’art. 23 della Costituzione " nessuna prestazione patrimoniale può essere imposta se non in base ad una legge". Stabilito cioè con legge l’ammontare di un tributo sulla base di una determinata aliquota ( 10%), non può essere consentito aggravare l’imposizione con aliquota più alta ( 20%) se non in casi che non siano pure essi stabiliti per legge. Orbene, al Giudicante non risulta che per il caso prospettato da parte attrice (somministrazione di gas per uso domestico di cottura cibi e produzione di acqua calda) sia finora intervenuta una norma di rango legislativo che, derogando al chiaro disposto di cui al n. 127 bis ( Iva 10%), preveda l’applicazione dell’aliquota maggiore ( 20%). La disapplicazione della norma di cui al n. 127 bis da parte dell’azienda erogatrice e la conseguente fatturazione con l’aliquota del 20% anche del c.d. uso promiscuo del gas è prevista e imposta solo da istruzioni e interpretazioni ministeriali. L’ Amministrazione finanziaria, infatti, nella più volte citata risoluzione n. 97/E, dopo aver indicato le due condizioni per applicare l’aliquota ridotta ( e cioè << uso domestico e, nell’ambito di questo, la finalità di cottura cibi e produzione di acqua calda di cui al n. 127 bis >>), aggiunge: "Ne consegue che gli utilizzi di gas metano diversi da quelli descritti, quali quelli per riscaldamento e quelli promiscui, sono soggetti ad imposta ordinaria sull’intera fornitura " e poi continua: "...... nel caso di usi promiscui non è possibile determinare in modo certo e oggettivo la quota di gas metano impiegato per la cottura di cibi e la produzione di acqua calda, data la mancanza di impianti separati e conseguentemente di distinti contatori " e conclude: la disciplina vigente non consente per questa ipotesi l’applicazione dell’aliquota ridotta su una quota determinata sulla base di stime o presunzioni riguardo al tipo di utilizzo del gas metano, ovvero sulla base di periodi temporali di utilizzo degli impianti di riscaldamento " e a sostegno di quest’ultimo punto richiama le deroghe contenute negli artt. 10 e 9 sopra riprodotti del più volte citato DPR n. 412/93. Ma le circolari ministeriali, come è noto, sono atti meramente interni dell’Amministrazione ed esauriscono la loro efficacia giuridica nei rapporti tra di essa e i suoi funzionari, non hanno cioè effetti giuridici vincolanti per i soggetti estranei agli organismi amministrativi e quindi per i cittadini-utenti (Cass. Civ. 25/03/1983 n. 2092; TAR Lombardia, sez. I, 8/04/1993 n. 282). Nè tanto meno vincolano il Giudice, il quale è soggetto soltanto alla legge ( art. 111 Cost.). In altri termini, appare chiaro al giudicante che - preso atto della legittimità della distinzione ai fini fiscali dei due regimi T1 e T2 così come individuati dal DPR n. 633/72 sull’Iva, cioè mediante espresso richiamo della sola delibera CIP n. 37 del 26/06/1986 ( T1: cottura cibi e produzione acqua calda ", con Iva al 10% - T2: " riscaldamento individuale ", con Iva al 20%) - l’estensione dell’aliquota ordinaria Iva del 20% anche all’uso promiscuo del gas è fondata esclusivamente sulla asserita difficoltà di operare la lettura separata dei due diversi tipi di consumo e non su un atto normativo con valore di legge. Ma la difficoltà di distinguere e di quantificare i due possibili usi di combustibile non può giustificare l’imposizione di una aliquota più alta ( 20%) all’intera fornitura e quindi anche alla quota di gas per usi domestici T1, cui per legge va invece applicata l’aliquota minore (10%). L’interpretazione e la prassi ministeriale, cui si è adeguata ( o si è dovuta adeguare) la società convenuta è in palese contrasto con il disposto legislativo di cui al n. 127 bis citato, oltre che con il già citato art. 23 Cost. La volontà del legislatore di sottoporre a tassazione con l’aliquota ordinaria soltanto la fornitura del gas per riscaldamento ( e non anche quella per l’uso promiscuo) è confermata dal fatto che, come già detto, la norma di cui al n. 127 bis della tabella A allegata al Decreto Iva (numero aggiunto dall’art. 36 comma 3 del D.L. 31/12/1992 n. 513 in vigore dal 1/1/1993) fa esplicito richiamo al regime tariffario contenuto nella deliberazione CIP n. 37/1986, dove la tariffa T2 viene riferita soltanto al " riscaldamento individuale", senza la formula " con o senza uso promiscuo", formula quest’ultima che risulta invece aggiunta in alcune delle periodiche deliberazioni CIP adottate negli anni successivi e mai richiamate dal legislatore fiscale, nè singolarmente nè genericamente (es.: delibere Cip n. 22/1987, n. 7/1988, n. 16/1993). Ove ce ne fosse ancora bisogno, un ulteriore riscontro della chiara intenzione del legislatore nel senso sopra evidenziato si trova anche nei più recenti interventi legislativi (vedi art. 4, co.4, D.L. 13/5/1991 n. 151 : provvedimenti urgenti per la finanza pubblica in G.U. 13/5/1991 n. 110 pag. 6; - art. 9, co.2, Legge finanziaria 1991, 29/12/1990 n. 405 in G.U. suppl. ord. n. 303 del 31/12/1990 pag. 9; - art. 14, co.1, Legge finanziaria 28/12/2001 n. 448 in suppl. ord. G.U. n. 25 del 30/1/2002 pag. 18), i quali per individuare i regimi tariffari di cui trattasi richiamano sempre ed esclusivamente la suddetta deliberazione CIP n. 37/1986. Ad esempio, la citata Legge finanziaria n. 448/2002 all’art. 14 così si esprime: << le tariffe T1 e T2 previste dal provvedimento CIP n. 37 del 26 giugno 1986 continuano ad applicarsi a tutti gli effetti fiscali, fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al presente comma >>. Uso del gas nei periodi di non attivazione del riscaldamento . Fatte queste precisazioni di carattere generale, riprendendo ora il punto centrale della controversia nei termini prospettati da parte attrice, e cioè limitatamente alla fornitura del gas nei soli periodi non invernali di spegnimento degli impianti come fissati dal già citato DPR 412/93, la soluzione a maggior ragione non può che essere favorevole all’utente. La tesi contraria della società convenuta, secondo cui anche nel periodo intercorrente dal 16 aprile al 30 ottobre debba essere applicato il regime tariffario T2 con imposizione dell’aliquota del 20%, a parere di questo giudice, appare infatti priva di fondamento giuridico, ove si consideri che in detto periodo nel Comune di Centuripe non solo esiste per legge un preciso divieto di accendere i riscaldamenti (vedasi art. 9, co. 1, DPR 412/93 e tabella allegata), ma tale divieto non ha subito alcuna deroga da parte del Sindaco, il quale ad alcuni utenti che ne hanno fatto formale richiesta ha rilasciato il seguente attestato: <<..... si comunica che da parte di questo Comune dalla stagione invernale 1998/1999 ad oggi non è stato emesso alcun provvedimento di ampliamento dei periodi di accensione degli impianti di riscaldamento in deroga ai limiti stabiliti per il territorio del Comune di Centuripe ( zona climatica D) dal DPR in oggetto indicato >> (vedasi, ad esempio, le note dell’Ufficio Tecnico del Comune di Centuripe prot. 7324 del 22/6/04, prot.7356 del 22/6/04, prot.9940 del 31/8/04 acquisite alle cause iscritte al Ruolo Gen. di questo Ufficio rispettivamente ai nn. 25, 186, 205/C/04). Ciò in altri termini significa che nel Comune di Centuripe è venuto a mancare il presupposto giuridico per l’applicazione dell’aliquota del 20% sul consumo del gas nei periodi non invernali di cui al citato DPR n. 412, per l’inesistenza di uso promiscuo del gas metano. A giustificare semmai l’operato della S. Gas resterebbe soltanto l’eventualità ipotizzata dall’Agenzia delle Entrate nella citata Risoluzione n. 97/E, che cioè nei periodi di interdizione del riscaldamento, a " livello individuale " il " singolo utente", in presenza di particolari situazioni climatiche, possa aver attivato l’impianto per riscaldare per qualche ora al giorno l’ambiente. Una tale eventualità - semprechè la deroga ad iniziativa del singolo utente trovi effettivo fondamento nel su riportato 2° comma dell’art. 9 e non sia invece, come sembra al giudicante, una interpretazione di comodo dell’Amministrazione finanziaria del medesimo disposto, nel quale in verità non si parla affatto nè di " livello individuale " nè di " singolo utente " - appare del tutto illogica e inverosimile, ove si pensi che una eventualità del genere dovrebbe capitare nelle stagioni calde dell’anno in una località dove è notorio (art. 115/2° c.p.c.) che il clima non raggiunge mai valori di temperatura particolarmente rigidi nemmeno in pieno inverno. E a questo proposito va anche detto che l’onere di dimostrare l’eccezionale emergenza climatica e la conseguente ipotizzata deroga ad iniziativa individuale grava sulla Società convenuta e non su parte attrice, la quale ha sostenuto di non aver mai acceso il riscaldamento nei periodi di divieto. L’art. 2697 cod.civ., come è noto stabilisce infatti che: << Chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda >>. Nel caso di specie pertanto, e nelle circostanze date, è la S. Gas che deve fornire la prova delle proprie eccezioni ( Cass. sez. lav. 6/03/2004 n. 04622 in Gius n. 14/2004, 2869). Diversamente, parte attrice verrebbe ad essere gravata dell’onere di dover fornire una vera e propria probatio diabolica quale è quella di non aver attivato il riscaldamento nei periodi in cui è inibita l’accensione per legge o per ordine del Sindaco. Prevarrebbe così una concezione del tutto arcaica dello status dei cittadini, presumendo la loro mala fede, e cioè che essi violano la legge anzichè rispettarla, e conseguentemente verrebbero ribaltate le corrette regole processuali in materia di onere probatorio, riesumando una amministrazione della giustizia di tipo inquisitorio nella quale il cittadino dovrebbe essere sempre pronto a dimostrare la propria innocenza di fronte a qualsivoglia accusa. Insomma, non vi è alcun dubbio che la S. Gas, nella fattispecie, riguardo al periodo stagionale su indicato, si trovi nelle condizioni di poter attribuire " in modo certo e oggettivo", senza dover ricorrere a " stime e presunzioni ", l’intera quota di gas registrato dal contatore all’uso esclusivo di cottura cibi e produzione di acqua calda di cui alla tariffa T1. Intervento della Corte Costituzionale. Tutto ciò considerato, volendo ulteriormente approfondire il problema, il Giudicante non ignora che in passato, seppure non negli stessi termini, una questione analoga a quella di cui è causa e stata sottoposta al giudizio della Corte Costituzionale, la quale con sentenza 6/04/1993 n. 142 ha dichiarato nel merito non fondata la questione sollevata, con la seguente motivazione: << Come osserva l’Avvocatura dello Stato il regime tariffario e d’imposta non è legato alle modalità di concreta fruizione del servizio, ma al tipo di utenza e di impianto che è unico e permanente, non stagionale. Nè potrebbe essere altrimenti, considerato che la variabilità di anno in anno delle condizioni climatiche non consente la predeterminazione, secondo criteri oggettivi di probabilità, dei periodi di consumo del gas anche per riscaldamento, rispetto a quelli in cui questo tipo di consumo non ha luogo >>. La sentenza della Consulta - è appena il caso di precisare - è precedente al DPR 26/8/1993 n. 412 e deve quindi considerarsi superata sotto il profilo della impossibilità di predeterminazione dei due periodi stagionali, tant’è che il legislatore vi ha poi provveduto con il citato DPR n. 412, certamente seguendo << criteri oggettivi di probabilità >>. Inoltre, l’altro assunto dell’Avvocatura dello Stato, fatto proprio dalla Consulta, sull’unicità del regime impositivo, è poco convincente. Infatti, come si può agevolmente rilevare, per il legislatore fiscale il regime d’imposta nella fattispecie non è unico nè è legato al tipo d’impianto, ma è duplice (regime ordinario 20%, e regime agevolato 10%) a seconda cioè della concreta fruizione del combustibile; e ciò per la semplice ragione che la base imponibile dell’Iva, indipendentemente dalla tipologia dell’impianto termico, è costituita dai corrispettivi delle due quote di gas ("riscaldamento individuale " e " cottura cibi e acqua calda "). Possibilità delle due aliquote Iva nell’unico contratto di somministrazione. Per le medesime considerazioni appena fatte perde pure di consistenza l’altra osservazione accennata dalla Società convenuta nella comparsa di risposta, secondo cui in presenza di un unico contratto di somministrazione del gas non sia possibile l’applicazione differenziata di due tariffe (T1 e T2) e di due aliquote Iva (10% e 20%). L’ erroneità di tale assunto è ulteriormente avvalorata dallo stesso Ministero delle Finanze il quale, ad esempio, a seguito l’entrata in vigore della legge finanziaria 23/12/1999 n. 488 (che nell’ambito delle note agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie tuttora in vigore, ha introdotto l’Iva ridotta del 10% per una quota parte di particolari beni forniti nell’ambito di un unico contratto di appalto) con circolare illustrativa di dette agevolazioni chiarisce che: << Nell’ipotesi in cui siano utilizzate, nel quadro dell’intervento, beni di " valore significativo" ricompresi nell’elenco recato dal citato decreto ministeriale il contribuente deve indicare in fattura il corrispettivo del servizio al netto del valore dei detti beni, ed inoltre, distintamente la parte del valore dei beni stessi cui è applicabile l’aliquota ridotta e l’eventuale parte soggetta all’aliquota del 20 per cento >> (circ. n. 247/E del 29/12/1999). A fronte cioè di un unico contratto di appalto o di fornitura possono esserci differenti prestazioni, un’unica fattura e due diverse aliquote Iva (10% e 20%); proprio come nel caso in esame, dove la società convenuta in presenza di un unico contratto di somministrazione potrebbe ( e dovrebbe) emettere un’unica fattura distinguendo i due corrispettivi imputabili ai due tipi di consumo del gas, ed applicare le due corrispondenti aliquote d’imposta previste per legge. Conclusioni. In definitiva, alla stregua delle sin qui svolte considerazioni questo giudice ritiene che per la fornitura del gas nel periodo dal 16 aprile al 30 ottobre, fissato dal DPR n. 412/93, vi siano valide ragioni per dichiarare illegittima la riscossione dell’aliquota Iva del 20%, anzichè quella del 10% prevista al n. 127 bis tabella allegata al DPR n. 633/1972, vigendo nel Comune di Centuripe, in detto arco temporale, un vero e proprio divieto ex lege di accensione dei riscaldamenti, non essendo intervenuta per gli anni cui è interessata parte attrice alcuna deroga ai limiti stagionali anzidetti per ordine del Sindaco, e infine non risultando, o comunque non essendo state provate dalla società convenuta, deroghe al suddetto divieto nemmeno ad opera del singolo utente. Devono quindi considerarsi del tutto superate le eccezioni avanzate dall’ente convenuto circa le difficoltà di misurazione, pur in assenza di doppio contatore, del tipo di utilizzo del gas metano in detto periodo; dovendosi, in ogni caso, ragionevolmente presumere - perchè ne ricorrono i presupposti previsti dall’art. 2729 c.c. - che nei periodi non invernali di cui trattasi parte attrice abbia utilizzato il gas esclusivamente per cottura cibi e produzione di acqua calda con esclusione del riscaldamento. La domanda di ripetizione di indebito avanzata dall’utente è pertanto giuridicamente fondata e merita accoglimento. Per non appesantire ulteriormente la trattazione, il giudicante ritiene superfluo passare all’esame degli altri motivi esposti in citazione ( da intendersi quindi assorbiti dall’accoglimento del primo motivo) riguardanti l’asserita scorrettezza della società convenuta in sede di stipula del contratto di fornitura in rapporto anche all’ipotesi di installazione di contatori separati, ipotesi comunque da scartare perchè poco praticabile e non conveniente per lo stesso utente a causa della doppia spesa. A questo punto, tuttavia, potrebbe essere utile richiamare brevemente il suggerimento formulato con nota 16/1/2003 prot. n. 1025 dal Garante per il contribuente, istituito presso la Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate della Liguria, il quale a seguito segnalazione di analogo caso da parte di una associazione consumatori, dopo aver dichiarato illegittimo l’operato della locale azienda erogatrice del gas, aggiunge: << La violazione della norma è del tutto palese, anche se giustificata con la mancata distinzione fra le possibili diverse utilizzazioni del gas, posto che il presupposto per l’applicazione dell’aliquota agevolata si trova nelle norme che vietano in determinati periodi l’uso del riscaldamento e si tratta, se mai, di adottare opportuni mezzi di lettura dei consumi, problema non insuperabile >>; e poi suggerisce: << la verifica dei consumi potrebbe essere facilitata dal servizio comunicazione lettura da parte dell’utente, già ampiamente in uso, con possibilità di controlli da parte dell’Azienda erogatrice, o ancor meglio, con dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà ai sensi del DPR 28/12/2000 n. 445 (artt. 21, 38 e 47), da effettuarsi dall’utente/contribuente all’Agenzia delle Entrate e all’Azienda erogatrice >>; e conclude: << quel che sembra da scongiurare è comunque l’imposizione di una tassazione con aliquota del 20% su consumi per i quali il contribuente ha diritto all’applicazione dell’aliquota del 10% >> (nota del 16/1/2003 del Garante del contribuente della Liguria richiamata in " il Fisco " n. 24/2003 pag. 3859). I rilievi, i suggerimenti e le conclusioni del Garante per la Liguria sono ovviamente condivisi da questo giudice, al quale non sembra inutile suggerire un ulteriore sistema di misurazione dei consumi ancora più sicuro e risolutivo del problema; e cioè quello di sostituire gli attuali contatori con quelli a gestione elettronica, ( soluzione che sta attuando l’Enel per i consumi elettrici proprio in questi mesi in tutte le abitazioni di Centuripe). I contatori elettronici infatti permettono la lettura a distanza e in ogni momento dei consumi evitando agli utenti di comunicarli per telefono, ovvero all’Azienda di inviare periodicamente gli incaricati nelle case degli utenti per il controllo. La S. Gas pertanto - ed è ciò che qui interessa evidenziare - alla scadenza dei periodi stagionali come fissati dal DPR n. 412/93 ( 1° novembre e 15 aprile, rispettivamente di accensione e di spegnimento del riscaldamento), attraverso il contatore centrale elettronico potrà agevolmente rilevare e quantificare esattamente le due quote di consumo del gas dei singoli utenti nei due periodi, e quindi emettere fattura secondo i due differenti regimi tariffari ( T1 e T2) e impositivi ( 10% e 20%). Tale soluzione - che è tecnicamente possibile anche se inizialmente un po’ onerosa - risolve pienamente e in modo definitivo il problema, sicuramente per il semestre non invernale in cui i riscaldamenti non sono accesi. Per le stagioni fredde con uso promiscuo del gas, invece, è auspicabile che le competenti autorità politiche si decidano a riordinare l’imposizione fiscale del gas, così come si erano ripromessi fin dalla legge finanziaria 2000, unificando nella misura del 10% l’aliquota Iva applicabile a tutti i consumi domestici (cottura cibi, produzione acqua calda e anche il riscaldamento). Si eviterebbe peraltro l’attuale ingiusta disparità di trattamento tra chi possiede un impianto termico autonomo e chi quello con impianto centralizzato. Un intervento del legislatore in tal senso è auspicato, oltre che ovviamente dalle associazioni dei consumatori, anche dall’Autorità Antitrust e dal Garante per l’energia che in un documento ufficiale hanno recentemente stigmatizzato il caso precisando che i prezzi del gas in Italia nel confronto internazionale si pongono tra quelli più alti d’Europa a causa appunto del " pesante carico fiscale " ( da il Sole 24 Ore del 7 luglio 2004). Nell’attesa comunque dell’auspicato intervento autoritativo, la S. Gas per il semestre di utilizzo promiscuo del gas - eventualmente previa opportuna prospettazione del caso all’Agenzia delle Entrate - potrebbe procedere alla quantificazione forfettaria e proporzionale dei due tipi di impiego del gas, tenendo conto del consumo non promiscuo accertato come sopra nel semestre non invernale; e ciò ai fini di una imposizione Iva se non altro più vicina alla reale base imponibile. Qualificazione dell’azione e quantificazione dell’indebito. L’azione può inquadrarsi nella fattispecie dell’art. 2033 c.c. (indebito oggettivo) in quanto intesa ad ottenere la ripetizione di quanto indebitamente riscosso in più dalla società convenuta per aver questa applicato, in violazione del disposto di cui al n. 127 bis della tabella A allegata al DPR n. 633/1972 sull’Iva, l’aliquota del 20% anzichè del 10% sui corrispettivi del gas metano utilizzato per acqua calda e cottura cibi nei periodi non invernali. La maggiore somma da restituire, pertanto, può determinarsi, ai sensi dell’art. 1226 c.c., in Euro 237,75 pari alla metà dell’Iva addebitata e riscossa negli anni interessati - come dettagliatamente calcolata in citazione e non contestata dalla convenuta - essendo il periodo stagionale di non accensione del riscaldamento poco più di sei mesi ( esattamente mesi 6 e giorni 15). Sulla somma anzidetta vanno applicati gli interessi di mora al tasso legale, con decorrenza dalla domanda giudiziale e non dai versamenti effettuati, trattandosi di ripetizione di indebito e dovendosi presumere nella fattispecie la buona fede dell’accipiens (Cass. III 30/7/2002 n. 11259, in Gius n. 24/2002, 2434). Non si fa luogo a liquidazione di spese processuali perchè parte attrice non è assistita da avvocato. P.Q.M. Il Giudice di pace di Centuripe, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa richiesta ed eccezione, così decide: - accoglie la domanda presentata da M.I., e per l’effetto condanna la S. G. V. spa, in persona del legale rappresentante p.t., a restituire la somma di euro 237,75 indebitamente riscossa in più a titolo di IVA sui corrispettivi del gas metano impiegato esclusivamente per cottura cibi e produzione di acqua calda, oltre agli interessi legali dalla data della domanda giudiziale al saldo. - nulla in ordine alle spese processuali. La sentenza è provvisoriamente esecutiva a norma dell’art. 282 c.p.c. Così deciso in Centuripe il 15 Ottobre 2004 Il Giudice di pace (Dott. Giuseppe Iacona) Depositata in Cancelleria Il 15 Ottobre 2004. Il Cancelliere B3 (Augusto Bonomo)

10/02/2005

Documento n.4445

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