G.di Pace di Marcianise. Black out Enel: rimborso all’utente

in Sentenze e testi di legge
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI MARCIANISE Il Giudice di Pace di Marcianise, nella persona del giudice, avv. Martino Cantiello ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n° 1565/C/2004 del ruolo generale affari contenziosi, assegnata in decisione il 23/09/2004, avente ad oggetto il risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale da Black out, e vertente TRA Maietta Maria, rapp.to/a e difeso/a per procura a margine dell’atto di citazione, dall’avv. Fabio Russo e con questi elettivamente domiciliato/a in Capodrise (CE) alla via R. Musone n° 53; ATTORE E 1) E.N.E.L. Distribuzione s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e difesa, anche disgiuntamente, per procura a margine dell’atto di citazione, dagli avv.ti Paolo Gonnelli e Luigi D’Andria e con questi elettivamente domiciliata in Marcianise (CE) alla via Duomo n° 16, presso l’avv. Generoso Iodice; CONVENUTO CONCLUSIONI DELLE PARTI Come da verbale di causa e comparse conclusionali depositate. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato, l’attore esponeva di aver stipulato contratto di somministrazione di energia elettrica con l’E.N.E.L. Distribuzione s.p.a., numero cliente 837544874; che alle ore 03:25 della notte tra sabato 27 e domenica 28 settembre 2003 su tutto il territorio nazionale, ed in particolare in Campania, l’interruzione della somministrazione di energia elettrica è durata circa 15 - 18 ore; che le procure di Torino e di Roma hanno avviato le indagini per accertare se il black out sia stato determinato da carenze tecniche e procedurali, ma anche da possibili errori umani, e verificare, così, se sia configurabile l’ipotesi di reato per disastro colposo; che il perdurare del black - out ha cagionato danni all’istante, patrimoniali e non; che il contratto tra il consumatore e l’E.N.E.L. rientra nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive, precisamente di somministrazione di cui all’art. 1559 c.c., ed è, infatti, un vero e proprio contratto di somministrazione destinato a soddisfare bisogni periodici o continuativi attraverso un rapporto durevole, sulla base di un impegno di potenza, cioè con l’obbligo del somministrante di tenere a disposizione dell’utente una determinata quota di energia; che l’obbligazione di mantenere a disposizione del somministrato il c.d. "impegno di potenza", configura una obbligazione ontologicamente distinta rispetto a quella di erogazione dell’energia, ma accessoria ad essa, che, di volta in volta, si aggiunge al "prezzo" dell’energia, al momento del pagamento del consumo, sicchè il convenuto è inadempiente per l’obbligazione principale - fornitura di energia elettrica - ed anche per quella strumentale ed accessoria - mantenimento della quota costante di energia contrattata; che gli artt. 1453 e 1460 c.c. facultano l’utente di un contratto a prestazione corrispettive ad interrompere la prestazione di pagamento nella misura dell’interruzione della prestazione del somministrante, e quindi a non corrispondere il canone per l’intero nemmeno per quota fissa e quindi ad agire per riduzione che in ogni caso spetta per inadempimento al mantenimento della quota costante di energia; che l’istante ha diritto al rimborso forfettario nella misura di euro 25,82 come stabilito al punto 3.4.3. della Carta dei Servizi ENEL; che è dovuto in ogni caso, il risarcimento del danno da liquidarsi in via equitativa ricorrendo alle nozioni di comune esperienza in quanto è fatto notorio che determinate categorie di prodotti quotidiani, (es. latte, yogurt, carni congelate etc..) non sono conservabili, in frigoriferi e congelatori domestici, per oltre sei ore in mancanza di energia elettrica; che vano è stato ogni tentativo di bonario componimento. Tanto premesso citava innanzi a questo giudice l’E.N.E.L. Distribuzione s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., onde accertare l’inadempimento dello stesso e condannarlo, a titolo indennitario o risarcitorio, contrattuale o extracontrattuale, al pagamento dei danni come sopra richiesti, stimati in quella somma ritenuta di giustizia entro euro 1.032,00 con vittoria di spese diritti ed onorario di causa. Con comparsa di costituzione e risposta, si costituiva l’E.N.E.L. Distribuzione s.p.a. il quale sosteneva, in sintesi, che l’interruzione energetica era dovuta a causa non imputabile allo stesso, ai sensi dell’art. 1218 c.c. in quanto l’energia elettrica non gli era stata fornita, come per legge, dal Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (G.R.T.N.), e tale circostanza era da considerarsi causa di forza maggiore, nè l’E.N.E.L. poteva premunirsi rispetto a tale evento, mediante approntamento di centrali di produzione di riserva e relative reti di trasmissioni giacchè le è vietato per legge; che la Carta dei servizi Enel, in caso di inadempimento, non prevede alcun indennizzo forfettario, chiedeva pertanto il rigetto della domanda con vittoria di spese. Essendo la causa fondata su fatti notori, sulle conclusioni di cui all’epigrafe e previa discussione, la causa è stata assegnata a sentenza. MOTIVI DELLA DECISIONE Giova premettere che nella fattispecie la decisione sarà emessa secondo diritto ai sensi dell’art. art. 113 II° Co. c.p.c., cosi’ come modificato dalla legge 7/4/2003 n° 63. L’attore ha inoltre correttamente incardinato la controversia innanzi al giudice territorialmente competente, nella fattispecie luogo di residenza - o domicilio elettivo - del consumatore ai sensi dell’art. 1469 bis comma 3 n° 19, c.c.. che ha in sostanza introdotto, per le controversie relative ai contratti stipulati da consumatori con professionisti, un foro speciale rispetto a quelli previsti dagli art. 18 e 20 c.p.c., che esclude ogni altro foro previsto dalla legge. Cassazione civile, sez. I, 28.08 2001, n. 11282; Tribunale Roma, 19 luglio 2002; Tribunale Reggio Emilia, 12 luglio 2002. Nel merito, la domanda attorea risulta fondata nei suoi assunti presupposti giuridici e di fatto e va pertanto accolta. Esaminati gli atti e gli scritti difensivi, emerge un dato riferito dall’attore e dal convenuto, cioè la notoria interruzione della somministrazione di energia elettrica avvenuta alle ore 03:25 della notte tra sabato 27 e domenica 28 settembre 2003 su tutto il territorio nazionale, che in Campania è durata circa 15 - 18 ore. E’preliminare per la risoluzione della fattispecie, la disamina della natura giuridica del contratto di somministrazione prevista dall’art. 1559 c.c.. Orbene, la somministrazione, detta anche fornitura, è il contratto con il quale una parte (somministrante) si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, ad eseguire, a favore dell’altre parte, (somministrato) prestazioni periodiche o continuative di cose. Il contratto di somministrazione è, quindi, destinato a soddisfare ad intervallo di tempo costante bisogni periodici e continuativi dell’utenza attraverso la costituzione di un rapporto durevole. Secondo l’insegnamento autorevole e consolidato della Corte di Cassazione (sentenza n° 2359/1968) il somministrante assume su di se l’obbligo di apprestare i mezzi necessari per adempiere la propria obbligazione contrattuale e, ovviamente il rischio (l’alea) connesso alla mancata fornitura. Correttamente l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, con delibera 112/03 ha ritenuto che avrebbe dovuto essere operativo un sistema di difesa contro le perturbazioni del sistema elettrico in grado di riconoscere preventivamente eventuali criticità. Al riguardo autorevole magistratura amministrativa (TAR Lombardia Milano, sez. II° 20/11/2002 n° 4515,) ha considerato che “ le prescrizioni attinenti alla produzione, alla regolazione, all’erogazione ed ai livelli di qualità, dettate dall’Autorità per l’energia elettrica, e il gas, ai sensi dell’art. 2 comma 12 lettera h, l. 14 novembre 1995 n° 481, sono suscettibili di tradursi se guardate sotto il profilo dell’adempimento delle prestazioni di un rapporto obbligatorio, in comportamenti attuativi del contratto individuale di utenza, comportamenti doverosi, quindi, nell’ottica dell’esatto adempimento delle reciproche obbligazioni scaturenti dal contratto”. Orbene è evidente l’inadempimento in quanto nel periodo considerato l’utente non ha affatto goduto della somministrazione dell’energia elettrica. Occorre, quindi, accertare se tale inadempimento sia imputabile o meno alla società convenuta. Al riguardo la difesa dell’E.N.E.L. Distribuzione s.p.a. sostiene che con l’avvento del D. L.vo 16/03/1999 n° 79, è stato soppresso il Monopolio delle attività del settore elettrico a suo tempo attribuito all’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica, poi divenuta E.N.E.L. s.p.a., dalla legge 1643/62. Dall’entrata in vigore del suddetto decreto, l’E.N.E.L. s.p.a. ha costituito, per legge, società separate per lo svolgimento di attività connesse all’utilizzo di energia, ed opera solo nel campo della distribuzione di energia elettrica e di vendita ai clienti, mentre le attività di trasmissione e dispacciamento sono riservate allo Stato ed attribuite in concessione al Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (G.R.T.N.). Giova all’uopo premettere che con legge 6 dicembre 1962 n. 1643 sulla nazionalizzazione dell’energia elettrica fu istituito l’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica (ENEL), cui fu riservato il compito di esercitare nel territorio nazionale le attività di produzione, importazione ed esportazione, trasporto, trasformazione, distribuzione e vendita dell’energia elettrica da qualsiasi fonte prodotta (art. 1, primo comma). Con la medesima legge fu disposto il trasferimento in proprietà dell’E.N.E.L. delle imprese esercenti le attività summenzionate (art. 1, quarto comma). L’art. 4 n° 6 della citata legge n. 1643/1962 escluse, però, dal trasferimento le imprese autoproduttrici di energia elettrica, che si trovavano in determinate condizioni. Con Decreto legge 11/07/1992 n° 333 l’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica veniva trasformato in s.p.a.. Con l’avvento del D. L.vo 16/03/1999 n° 79, veniva soppresso il Monopolio delle attività del settore elettrico a suo tempo attribuito all’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica. L’Enel s.p.a. quindi, pur mantenendo la proprietà delle reti, ha istituito si sensi dell’art. 3, punto 4, e dall’art. 13 del D. Lvo. 16/03/1999 n° 79, separate società per azioni, per lo svolgimento delle attività di produzione, di distribuzione, e di vendita ai clienti a cui ha conferito tutti i beni. Dal 01/04/2000 per effetto del D. M. 21/01/2000, l’Enel s.p.a. ha assunto la titolarità e le funzioni di Gestore della rete di trasmissione nazionale, istituendo l’Enel Distribuzione s.p.a. incaricata di stipulare contratti con i clienti finali ai quali distribuisce energia, l’Enel Produzione s.p.a., ed altre società per azioni, tutte controllate dall’Enel s.p.a.. Da tale data le azioni della società Gestore della rete di trasmissione nazionale s.p.a. sono state assegnate a titolo gratuito al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. A decorrere dal 01/01/2004, l’Enel s.p.a. ha cessato di espletare le funzioni di garante della fornitura di energia elettrica destinata a clienti del mercato vincolato, le cui funzioni sono state assunte dalla società “Acquirente unico s.p.a.”, Cfr. art. 1 del Decreto del Ministero delle Attività Produttive del 19/12/2003 (in Gazz. Uff. 30/12 n° 301). Orbene ritiene questo giudice che ciò non basta, tuttavia ad affermare che l’attività di autoproduzione dell’energia elettrica si sia svincolata totalmente dalle funzioni riservate all’E.N.E.L. s.p.a., la quale mantiene, invece, un preciso interesse al corretto esercizio di tale attività ai sensi dell’art 13 del D. L.vo del 16/03/1999 n° 79, parte prima, poichè assume le funzioni di indirizzo strategico e di coordinamento dell’assetto industriale e delle attività esercitate dalle società da esse controllate, ivi incluse le attività gestite da Enel Distribuzione s.p.a.. Pertanto la trasformazione dell’Enel in s.p.a., anche se sottoposta ad influenza pubblica, non influisce sulla qualità dell’ente medesimo di concessionario perpetuo della generazione poiché trattasi di società costituita per il principale fine di gestire, ai sensi degli artt. 1 e 3 punto 4, del D. Lvo 1999 n° 79, anche attraverso le società controllate le attività di produzione e di distribuzione di energia Cfr. Consiglio Stato sez. IV, 17/09/2002 n° 4711. Né a conclusioni diverse può portare il recente d. lgs. 16 marzo 1999, n. 79, invocato dalla difesa della convenuta a conferma della propria linea interpretativa. Al riguardo la magistratura amministrativa ritiene che anche successivamente all’entrata in vigore del d.lg. 16 marzo 1999 n. 79, l’ente nazionale energia elettrica ai sensi dell’art. 4 n. 6, l. 6 dicembre 1962 n. 1643, mantiene una posizione centrale in materia di circolazione di energia elettrica, pur dopo la sua trasformazione in s.p.a., e quindi ha un preciso interesse al corretto esercizio di tale attività. T.A.R. Valle d’Aosta, 16 settembre 1999, n. 126. Dopo un iniziale contrasto trai fautori della tesi privatistica delle società per azioni a partecipazione pubblica (Cfr Cass. Civ. Sez. Unite n° 4989/95 e quelli della tesi pubblicistica (Cfr, Cons. Stato sez. VI 498/95), dottrina e giurisprudenza (Cfr Consiglio Stato 18/09/2002 n° 4711 (vedasi motivazione); 02/03/2001 n° 1206 (vedasi motivazione); 28/10/1998 n° 1478; T.A.R. Lazio n° 917 del 2002; T.A.R. Toscana n° 24 del 2001) si sono orientati nel senso di escludere che la semplice veste formale di s.p.a. sia idonea a trasformare la natura pubblicistica di soggetti che, in mano al controllo maggioritario dell’azionista pubblico, continuano ad essere affidatari di rilevanti interessi pubblici. E’ stato poi sottolineato che le società derivate dalla trasformazione degli Enti pubblici conservano connotazioni proprie della loro originaria natura pubblicistica e continuano ad essere affidatarie della cura di rilevanti interessi pubblici la cui tutela non può risultare soppressa solo in conseguenza del mutamento della veste formale del soggetto giuridico che per il resto mantiene inalterate le proprie funzioni e quindi la propria connotazione pubblicistica. Seppur al diverso fine di giustificare la permanenza del controllo della Corte dei Conti sulle società per azioni, soggette a privatizzazione solo formale ed al controllo maggioritario da parte dello Stato, anche la Corte Costituzionale (sentenza n° 466/93) ha sottolineato la neutralizzazione della veste societaria rispetto alla natura sostanzialmente pubblicistica dei soggetti in questione. Affermata la neutralità della veste formale di s.p.a., appare evidente che la gestione del servizio di produzione e distribuzione di energia, tramite le società controllate, costituisce un servizio pubblico inteso al soddisfacimento dei bisogni generali della collettività, trattasi quindi di società costituita per il principale fine di gestire (anche attraverso le controllate) le attività di produzione e di distribuzione dell’energia elettrica. Le società controllate quindi svolgono attività prevalentemente in favore della controllante Enel s.p.a.. Fino a quando l’Enel Produzione e l’Enel Distribuzione s.p.a., società controllate, rimarranno principalmente orientate nel fornire beni e servizi alla controllante Enel s.p.a., si tratterà nella sostanza del mero scorporo della produzione e distribuzione di Enel s.p.a. attraverso la costituzione di soggetti, formalmente distinti, ma che sono guidati chiaramente dagli stessi criteri, che guidano il soggetto controllante e che, nel caso di specie, come già visto, sono influenzati dal legame con il potere e le finalità pubbliche. Nella fattispecie, l’Enel Distribuzione è stata costituita dall’Enel s.p.a. allo specifico scopo di distribuire l’energia elettrica ed opera principalmente a favore di Enel s.p.a. di cui nella sostanza costituisce lo scorporo della distribuzione energetica. L’affermazione di tale principio dimostra che la costituzione di soggetti con autonoma personalità giuridica non è di per se sufficiente ad escludere l’appartenenza di quei soggetti all’apparato che li controlla. Del resto, la stessa Corte di Giustizia, al diverso fine di verificare l’applicabilità della direttiva sugli appalti pubblici di forniture (Dir. Consiglio 14-6-93, 93/36/CEE), ha affermato tale principio (Corte Giust. CE, 18-11-99, C - 107/98, Teckal, punti 50 e 51). Dunque, anche alla luce della giurisprudenza comunitaria, le società controllate devono essere considerate un organismo di diritto pubblico, svolgente attività strettamente funzionalizzata ai bisogni della società controllante, di cui nella sostanza costituiscono una divisione, solo formalmente costituita in soggetti distinti con la conseguenza che si tratta di soggetti che "partecipano" alle stesse finalità della controllante anche sotto il profilo dello scopo del soddisfacimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale. La identità fra società trasformata e società risultante dalla trasformazione, infine, comporta che il soggetto passivo è sempre lo stesso, ancorché sia mutato il tipo di società o la denominazione, e non si è in presenza di due diversi soggetti. Dunque, non è possibile sostenere che la società, pur rimanendo identica dopo la trasformazione, sia obbligata con la vecchia denominazione e non con la nuova. L’ente trasformato, ancorché consegua la personalità giuridica di cui per l’innanzi difettava (e, v’è da aggiungere, ancorché perda quella di cui era precedentemente fornita), a norma dell’art. 2498 c.c. conserva i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione. La Suprema Corte è ferma nel ritenere che “La trasformazione della società, comporta soltanto il mutamento formale di un’organizzazione societaria già esistente, ma non la creazione di un nuovo ente che si distingua dal vecchio, sicché l’ente trasformato, quand’anche consegua la personalità giuridica di cui prima era sprovvisto, non si estingue per rinascere sotto altra forma, nè dà luogo a un nuovo centro di imputazione di rapporti giuridici, ma sopravvive alla vicenda modificativa senza soluzione di continuità e senza perdere la identità soggettiva. Cassazione civile, 12/11/2003, n. 17066; 01/09/2003 n° 12752; 13/09/2002 n° 13434; 03/01/2002 n° 26; 23/04/2001 n° 5963; 29/05/2001 n° 7285; 19/03/2001 n° 3923; 04/08/2000, n. 10254” 04/11/1998 n° 11077;13/07/1990 n° 7258; 16/04/1986 n° 2697; 03/08/1988 n° 4815. L’Enel Distribuzione s.p.a., non ha inoltre provato, che l’utente riceveva energia, generata solo ed esclusivamente dal G.R.T.N., e non anche da altre imprese autoproduttrici periferiche e non, - ad esempio le centrali idroelettriche locali - non trasferite all’Enel s.p.a. ai sensi del combinato disposto degli artt. 1 IV Co., e 4 n° 6 della legge del 06/12/1962 n° 1643, dalle quali comunque acquista e distribuisce energia. Risulta, quindi, evidente l’inadempimento, poiché l’Enel Distribuzione s.p.a. non ha fornito al fine di vincere la presunzione di colpa, gli elementi di prova e di giudizio idonei a dimostrare, oltre che il dato obiettivo della sopravvenuta impossibilità della prestazione, l’assenza di colpa, ossia di avere fatto tutto il possibile per adempiere l’obbligazione. Non risultano provate in questo giudizio le circostanze di esclusione della responsabilità invocate da controparte quale condizione di esonero dalla responsabilità, né risulta provato che per eventi come quello che ha provocato l’interruzione della erogazione di energia elettrica, la responsabilità dell’Enel sia stata convenzionalmente esclusa, ne risulta, infine, provato il caso fortuito o la forza maggiore. La Cassazione definisce il caso fortuito come “elemento imprevisto ed imprevedibile che, inserendosi nel processo causale al di fuori di ogni possibile controllo umano, rende inevitabile il verificarsi dell’evento, ponendosi come l’unica causa efficiente di esso” Cass. Civ. 13/04/1989 n° 1774. Ebbene, l’interruzione energetica, “black out” in quanto prevedibile, non può rientrare nemmeno nel caso fortuito. Nel caso de quo vertitur, ovvero, di inadempimento di contratti a prestazioni corrispettive, si verifica un inversione dell’onere della prova che di solito grava sull’attore ex art. 2697 I° Co. c.c., il quale avendo continuato e/o stipulato regolare contratto di somministrazione con l’Enel Distribuzione s.p.a., come da documentazione in atti, e fornito la prova del proprio esatto adempimento - peraltro non contestato - è legittimato a pretendere l’altrui adempimento ed in caso di inadempienza, il risarcimento dei danni. E’ consolidato orientamento giurisprudenziale che, “nell’ambito di un rapporto contrattuale scaturente da un negozio di somministrazione continuata di energia elettrica, incombe sull’ente erogatore, convenuto per il risarcimento del danno, l’onere di provare che l’interruzione della erogazione energetica lamentata dal somministrato sia dipesa da una delle cause di giustificazione previste nella specifica clausola contrattuale di esonero (forza maggiore, lavori di manutenzione, esigenze di servizio, cause accidentali, scioperi) espressamente sottoscritta dall’utente all’atto della stipula del negozio.”Cfr Cassazione civile, 09.06.1997, n. 5144; 18.11.1991 n° 12346; 16.02.1994 n° 1500 ed altre. Ancora “Nel caso d’interruzione nell’erogazione dell’energia elettrica l’E.N.E.L. è tenuto a risarcire il danno subito dall’utente, qualora non provi che l’interruzione è stata determinata da causa non imputabile o che per eventi come quello che ha provocato l’interruzione la responsabilità era stata convenzionalmente esclusa.” Tribunale Roma, 20 dicembre 1978. L’interruzione non giustificata costituisce invero atto di inadempimento da parte dell’ente somministratore, onde l’onere dell’ente di rispondere di tale inadempimento. L’assunto del convenuto pertanto, non influisce sul diritto al risarcimento del danno così come richiesto dell’attore, il quale, ha continuato e/o stipulato il contratto esclusivamente con l’Enel Distribuzione s.p.a., - che derivato dalla trasformazione dell’Enel s.p.a., continua ad essere affidatario della cura di rilevanti interessi pubblici la cui tutela non può risultare soppressa solo in conseguenza del mutamento della veste formale del soggetto giuridico che per il resto mantiene inalterate le proprie funzioni e quindi la propria connotazione pubblicistica, rispondendo come il dante causa (Enel s.p.a.) - e da questi, correttamente ne pretende l’adempimento. Diritto prescrivibile in cinque anni ai sensi dell’art. 2948 n° 4 c.c. Cfr. Cass. Civ. 21.06.1999 n° 6209; 12.03.1994 n° 7658; 01.08.1990 n° 7658; 18.12.1985 n° 6458; Tribunale Pescara 05.03.1999; Tribunale sup.re acque 23.09.1989 n° 76 ecc.. Correttamente dunque, autorevole magistratura amministrativa, T.A.R. Basilicata 23/05/2002 n° 446, (vedasi motivazione) ha ritenuto che ai sensi dell’art. 3, commi 2 e 4, D. L.vo. 16/03/1999 n° 79, l’Enel Distribuzione s.p.a. a partire dal 01/04/2000 deve essere individuato ex D.M. 21/01/2000, come il “gestore” della rete di trasmissione nazionale, avendo assunto le competenze che prima erano dell’Enel s.p.a. Premessa questa sommaria ma indispensabile enunciazione dei principi di diritto regolante la materia, ed accertata la responsabilità esclusiva dell’Enel Distribuzione s.p.a., il giudice è chiamato, a qualificare e quantificare i tipi di danni sofferti. Nel contratto di somministrazione di energia elettrica il cosiddetto impegno di potenza, che si sostanzia nell’obbligo del somministrante di predisporre e mantenere l’impianto in guisa di tenere a disposizione dell’utente una determinata quantità di energia, configura, al pari di quello inerente alla somministrazione di energia, prestazione continuata, accessoria e strumentale a quella principale di somministrare l’energia cui corrisponde un corrispettivo fisso da pagarsi periodicamente maturando coevamente al consumo dell’energia. Ebbene, l’attore ha subito non soltanto il danno da mancata fornitura di energia – obbligo principale del somministrante- ma anche il danno da mancata messa a disposizione di una determinata quota di potenza prevista per contratto da intendersi prestazione accessoria a quella principale di fornitura di energia. Cass. Pen. 09/10/1996 n° 10495 e Cass. Civ. 05.02.1988 n° 1259. Occorre poi, stabilire se all’utente spetta l’indennizzo forfettario previsto dalla Carta del servizio Enel. La Carta del servizio Enel, “nei livelli specifici di qualità” fissa, per i clienti finali con fornitura in bassa tensione per usi domestici, un indennizzo forfettario di euro 25,82 solo nell’ipotesi di disservizi o brevi ritardi (superiori ai 90 minuti), da parte dell’Enel, nell’esecuzione delle prestazioni di attivazione della fornitura a seguito della domanda, di riattivazione della fornitura in seguito a sospensione per morosità, e di altre prestazioni. Inoltre l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas - deliberazione n° 220/02 (riportata altresì nel prospetto allegato alle fatture Enel) - riconosce, in caso di mancato rispetto, per colpa dell’Enel, dei suddetti “livelli specifici di qualità” indennizzi automatici (applicabili fino al 30/06/2004) di euro 25,82 per i clienti finali in bassa tensione per usi domestici; di euro 51,65 per i clienti finali con fornitura in bassa tensione per usi non domestici e di euro 103,29 per i clienti finali con forniture in media tensione. Orbene, in condizioni normali di adempimento, (di cui all’art. 1 II° Co. della Carta dei servizi Enel,) - che escludono situazioni straordinarie determinate da eventi naturali eccezionali, eventi causati da terzi, scioperi, o atti dell’Autorità pubblica, - cioè di regolare erogazione di energia elettrica da parte dell’Enel, con soli disservizi o ritardi nell’esecuzione delle prestazioni previste dai suddetti livelli specifici di qualità, (es. attivazione o riattivazione della somministrazione di energia al singolo utente – consumatore) si applicano gli indennizzi forfettari previsti dalla suddetta Carta. Nella diversa e più grave ipotesi, di inadempimento e conseguente ritardo, invece, cioè di interruzione della somministrazione di energia elettrica su tutto o su parte del territorio nazionale, per causa imputabile all’Enel, con conseguente e notevole ritardo nella riattivazione della somministrazione di energia alla collettività, ipotesi non prevista dalla Delibera e dalla Carta dei servizi Enel, quest’ultima non può trovare più applicazione, come correttamente affermato dalla difesa dell’Enel Distribuzione s.p.a.. All’attore spettano quindi, non solo i danni per l’inadempimento dell’Enel Distribuzione s.p.a, ma anche i conseguenti danni per il notevole ritardo nella riattivazione energetica. Occorre infine considerare il danno inerente gli alimenti. E’ patrimonio dell’uomo medio, non postulando il ricorso a particolari cognizioni tecniche, la conoscenza del fatto che presso ogni casa di un utente E.N.E.L., anche la più disagiata, via siano elettrodomestici basilari quali un frigorifero contenente alimenti freschi e refrigerati, come yogurt, latte, carne, burro ecc., prodotti che, come noto, non possono resistere oltre 6 ore in un frigorifero spento poichè non più conservabili e di sicura ingestione. E’ poi prevedibile, che tali alimenti siano stati almeno in parte consumati. Come da consolidato orientamento giurisprudenziale, “le fonti da cui il giudice può ricavare i precetti sulle modalità di conservazione degli alimenti non vanno necessariamente circoscritte a leggi o a regolamenti o ad atti amministrativi generali, ma possono identificarsi anche nelle regole di comune esperienza produttiva e commerciale, espressione della cultura tradizionale. Omissis.”Cfr. Cassazione penale, sez. un., 19 dicembre 2001, n. 40. L’utilizzazione del fatto notorio, comportando una deroga al principio dispositivo ed al contraddittorio e dando luogo a prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati nè controllati, va inteso in senso rigoroso, id est come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile. Cass. Civ. 08.08.2002 n° 11946; 25.06. 2002, n. 9263; 07.01.2003 n° 26. Ciò premesso, si osserva che il danno ritenuto astrattamente configurabile nella fattispecie, per la sua natura del tutto peculiare, costituisce un tipico caso di pregiudizio "... che non può essere provato nel suo preciso ammontare..." ex art 1226 c.c. Una volta assodato ciò e cioè una volta assodata l’impossibilità o l’estrema (ovvero anche rilevante) difficoltà nella specie di fornire questa prova precisa il Giudicante non può, senza violare detta norma, affermare puramente e semplicemente che la domanda non può essere accolta in quanto le prove acquisite non sono sufficientemente precise. Nella fattispecie, quindi, una volta accertata l’applicabilità in astratto della norma predetta, questo giudice non può sostenere l’impossibilità in concreto di procedere a liquidazione ex art. 1226 c.c, senza una coerente motivazione sul punto, essendo i danni generici ma sussistenti, il giudice è tenuto a liquidarli in via equitativa. Nel sistema dell’art. 1226 cod. civ. il ricorso alla valutazione equitativa del danno interviene per sopperire alla difficoltà tecnica di una analitica e precisa individuazione di uno o più fattori del danno stesso, una volta che l’esistenza di questo sia stata già accertata. La valutazione equitativa può intervenire anche quando l’esperimento dei mezzi probatori non ha potuto dimostrare sufficientemente l’ammontare del danno. Questo non significa che ad ogni insufficienza probatoria deve corrispondere una valutazione equitativa, ma vuole dire soltanto che detta liquidazione è legittima quando il giudice sia convinto dell’impossibilità o della estrema difficoltà per il danneggiato di fornire una prova dettagliata ed adeguata del preciso ammontare del danno. Ebbene, considerata l’enorme difficoltà nella quantificazione di tutti i danni, disagi ed altro, lamentati dall’utente, conseguenti all’inadempimento dell’Enel Distribuzione s.p.a ed al notevole ritardo nella riattivazione energetica, questo giudice ritiene applicabile i normali canoni di diritto, che impongono per il caso in esame, stante la difficoltà a provare l’esatto ammontare del quantum, di procedere con il criterio equitativo ex art. 1226 c.c.. Incorre in violazione dell’art. 1226 c.c. ed in vizio logico di motivazione la sentenza che dopo aver accertato, in relazione alle particolarità della fattispecie, l’impossibilità o la rilevante difficoltà di provare il danno nel suo preciso ammontare respinga la domanda sul mero rilievo che le prove fornite non sono sufficientemente precise, anziché procedere alla liquidazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 citato. Cassazione civile, sez. III, 10 marzo 2000, n. 2796. L’esercizio concreto del potere discrezionale del giudice di liquidare il danno in via equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., nonché l’accertamento del relativo presupposto costituito dall’impossibilità o dalla rilevante difficoltà di provare il danno nel suo preciso ammontare, risolvendosi tale apprezzamento in un giudizio di fatto, non sono suscettibili di sindacato in sede di legittimità, sempre che la relativa decisione sia sorretta da motivazione immune da vizi logici e da errori di diritto. Cassazione civile, sez. III, 21 giugno 1995, n. 7024; 26 giugno 1995, n. 7235; 05 marzo 1990, n. 1724; 9 giugno 1987, n. 5031; 11 febbraio 1987, n. 1489. In tema di liquidazione del quantum il potere del giudice di determinarlo equitativamente sulla base delle prove fornite dalle parti ed acquisite al processo, nonché sulla base della comune esperienza e del notorio, si distingue nettamente dal potere di emettere una decisione secondo equità previsto dall’art. 114 c.p.c., e pertanto non è condizionato alla richiesta delle parti, ma è ricompreso nei poteri generali attribuiti al giudice dall’art. 115 c.p.c.. Cass. Civ. 09.06.1990 n° 5629; 11.08.1997 n° 7459; 04.08.1995 n° 8554; 14.04.1989 n° 1801; 24.02.1986 n° 1120; 18.02.1995 n°1799; 20.06.1983, n. 4235. In tema di responsabilità contrattuale da inadempimento gli interessi legali decorrono sulla somma liquidata a titolo di risarcimento dei danni dalla data della domanda giudiziale o da altro atto idoneo a costituire in mora il debitore e non dall’evento dannoso. Cfr Cassazione civile, sez. I, 25 settembre 1997, n. 9415. Tutto quanto premesso questo giudice ritiene equo e conforme a giustizia liquidare il danno in complessivi euro 60,00, oltre gli interessi legali dalla domanda al saldo. Tenuto conto dei criteri di cui dall’art. 92 c.p.c. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza atteso l’esito totale della lite, e vengono liquidate come da dispositivo. PER QUESTI MOTIVI Il Giudice di Pace di Marcianise, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, condanna l’E.N.E.L. Distribuzione s.p.a. in persona del legale rapp.te p.t., al pagamento in favore dell’attore Maietta Maria della somma di euro 60,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, oltre alla refusione delle spese processuali del presente giudizio, liquidate in complessive euro 250,00 di cui euro 20,00 per spese, euro 100,00 per diritti, euro 130,00 per onorario, oltre spese generali 12,50%, c.p.a. ed I.V.A. con attribuzione al procuratore anticipatario. Si esegua nonostante gravame. Così deciso in Marcianise (CE) lì 29/09/2004 Il Giudice di Pace Avv. Martino Cantiello

29/09/2004

Documento n.4149

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