Da Dagospia. ROSSI, UN TAPPO SULLE VOCI CIRCA INQUIETANTI RISVOLTI GIUDIZIARI SU TELECOM?

in Rassegna Stampa
ROSSI, UN TAPPO SULLE VOCI CIRCA INQUIETANTI RISVOLTI GIUDIZIARI SU TELECOM? PERCHE’ “LA REPUBBLICA” NON FA UNA BELLA INTERVISTA A DE BENEDETTI-CARLYLE? I FRANCESI SEGANO ABETE - RCS PUNTA ALLA SPAGNA – LAPO VOLA IN “CINQUECENTO” 1 – IL SILENZO DELLA GOLDMAN SACHS Angelone se ne è andato. Il consigliere economico-politico di Prodi si è chiuso questa notte nella sua stanza d'albergo di Pechino e con il groppo in gola ha scritto una letterina di 20 righe al Professore per annunciargli le sue dimissioni. Il 61enne ex-campione di basket dell'Oransoda Cantù e della Fortitudo Bologna, si offre come agnello sacrificale e scrive: "Caro Romano, ritengo doveroso, per sgombrare ulteriormente il campo da ogni strumentalizzazione, rinunciare all'incarico di consigliere politico-economico presso Palazzo Chigi appena arrivato in Italia. Resta il rammarico perchè la mia iniziativa presa esclusivamente a fini costruttivi e sicuramente condotta con un eccesso di fiducia sia stata travisata per danneggiare te e il suo Governo. Con immutato affetto, Angelo". L'italiano è un po' stentato, ma resta il gesto che pare sia stato sollecitato da una dura telefonata di D'Alema a Prodi che in queste ore vola verso New York privo del suo "fund raiser", l'uomo che ha procacciato i quattrini per le elezioni, e di cui appena una settimana fa era stato testimone di nozze. A New York Prodi dovrà fare in modo di non passeggiare in Broad Street, la strada di Manhattan dove si trova il grattacielo di Goldman Sachs. Qui lavora una parte dei 24mila dipendenti della merchant bank più grande del mondo, fondata nel 1869 da due immigrati tedeschi, Marcus Goldman e Samuel Sachs. L'imbarazzo dei top manager della banca è grande perchè sui giornali italiani e stranieri questo tempio della finanza, dove hanno lavorato Mario Draghi, Massimo Tononi e dove lo stesso Prodi e Mario Monti sono di casa, è stato chiamato in causa ripetutamente per la vicenda Telecom. Da più parti si è attribuita la paternità del Progetto "artigianale" a Claudio Costamagna, l'ex-vicepresident di Goldman Sachs a Londra che ha rappresentato l'anello tra Murdoch e Prodi. Dal palazzo di Manhattan dove ogni dipendente guadagna in media 520mila dollari l'anno, non è arrivata alcuna smentita. E lo stesso Costamagna, chiamato in causa per la possibile presidenza della Cassa Depositi e Prestiti che nel progetto di 28 cartelle trasmesso da Rovati avrebbe dovuto acquistare la rete da Tronchetti Provera, non ha sentito il bisogno di prendere le distanze e di fare alcuna smentita. Il silenzio viene interpretato con la preoccupazione di non compromettere il ruolo della merchant bank americana sul mercato italiano e nella grande spartizione di Telecom che rappresenta un boccone prelibato per gli advisor "professionali". 2 – ROSSI: UN TAPPO SULLE VOCI CIRCA INQUIETANTI RISVOLTI GIUDIZIARI E INIZIATIVE DELLE PROCURE? Dopo aver visto le partite in televisione, Guido Rossi si è alzato dalla poltrona del suo studio di via Deiva, si è tolto la vestaglia di seta cinese e con una giacca blu e le scarpe da tennis ha raggiunto gli uffici della direzione di Telecom a Piazza Affari. Mentre lo sguardo ruotava intorno alle pandette e alle parcelle appese alle pareti di casa, SuperGuido ha tenuto d'occhio gli schemi utilizzati dagli allenatori nel triste campionato di Serie A, e si è convinto che il "modulo" ideale per risolvere la vicenda Telecom è quello delle "tre punte" suggeritogli negli spogliatoi di Berlino da Marcello Lippi e dal suo idolo, Fabio Cannavaro. Nella complessa partita che dovrà giocare per salvare TelecomItalia dall'orlo del precipizio, il professore di Milano che ama le sciarpe azzurre e le opere d'arte, eserciterà il suo ruolo in tre direzioni. La prima è quella più congeniale alla sua esperienza giuridica perché riguarda lo scorporo di Tim e la costituzione della società in cui dovrà confluire la rete gestita da Telecom. Su questo terreno SuperGuido, ombelico dei poteri forti, darà il meglio di sé stesso. Lui non è un risanatore come Enrico Bondi, ma un esperto eccezionale di diritto societario ed è proprio in questo campo che è chiamato a disegnare in termini nuovi la fisionomia del Gruppo di Tronchetti Provera. Il grande Ripulitore dovrà rivestire di panni giuridici le nuove società di Telecom e mettere un tappo sulle voci che hanno preso a circolare con insistenza venerdì sera circa inquietanti risvolti giudiziari e iniziative delle Procure. Il colpo di scena di Tronchetti ha dato fiato a illazioni di ogni genere e su queste è ritornato ieri Cirino Pomicino con un articolo pubblicato da "Il Giornale" con lo pseudonimo "Geronimo" in cui si parla del binomio incestuoso rapporto finanza-informazione e in cui si legge testualmente: "che cosa hanno detto o fatto vedere a Tronchetti Provera perchè nel giro di poche ore si dimettesse e si affidasse alle sapienti mani di Guido Rossi?". Lo stesso interrogativo se lo è posto l'"Unità" in un articolo di Rinaldo Gianola dal titolo: "Guido Rossi torna sul luogo del delitto". L'"avvocato rosso" dovrà quindi sgombrare il campo da chi ritiene che il marito di Afef (definito dal columnist Hugo Dixon "non granché sveglio") abbia buttato la spugna come fece Colaninno a suo tempo quando si vide recapitare un avviso di garanzia. La seconda punta del "modulo" Rossi è di natura economico-finanziaria. Ieri sera l'avvocato si è intrattenuto fino alle 20,30 con Carlo Buora e Riccardo Ruggiero con i quali ha fatto una rapida ricognizione della situazione di TelecomItalia. Dietro le spalle dei due "alani" di lusso di Tronchetti c'è però l'ombra pesante delle banche che hanno chiuso i rubinetti e vogliono un piano preciso sui 41,3 miliardi di debiti. Questa è la partita davvero più difficile per il neo-commissario di Telecom. Il Gruppo è forte economicamente e tecnologicamente, si è affrettato a dire SuperGuido al termine dell'incontro, ma l'uomo non è così sciocco da non capire che a Tronchetti Provera è mancato il fiato dei quattrini per portare avanti il suo disegno. Dopo aver conquistato Telecom con appena lo 0,3% del capitale e una catena di controllo di 8 società, gli è mancata la grande alleanza con Murdoch che invece di entrare in Olimpia ha preferito prendere il largo con il suo yacht e aspettare tempi migliori. Nel "modulo" a tre punte di Guido Rossi ci sono tre centravanti sui quali può fare riferimento. Hanno magliette e storie diverse e portano i nomi di Cesare Geronzi, Mediobanca e Abramo-Bazoli, il banchiere bresciano che dalla Cina, dove ha partecipato alla celebrazione dei 20 anni della defunta Comit, ha fatto girare la voce insistente e inconsistente di una sua mediazione politica tra Tronchetti e Prodi. Sono loro i Toni, Gilardino e Totti della finanza. Con i tre istituti bancari di Roma e Milano, il grande Ripulitore cercherà di fare chiarezza sul futuro sapendo che Geronzi è un amico di Tronchetti e di D'Alema, mentre Bazoli è l'uomo che ha aiutato il risanamento della Fiat e ha buoni rapporti con Palazzo Chigi. Per Mediobanca si profila un ruolo importante di superadvisor nell'asta che scatterà per la vendita dei gioielli di famiglia. In queste ore l'esercito di advisor, avvocati e consulenti freme dalla voglia di partecipare al banchetto. Il riassetto di Telecom è stato concepito da Gerardo Braggiotti e dal top management di Mediobanca, ma dietro la porta ci sono la banca Rothshild di Franchino Bernabè, Lehman Brothers di Ruggero Magnoni e la "silenziosa" Goldman Sachs. Il banditore sarà pronto fra pochi giorni e il primo gioiello esposto potrebbe essere Tim Brasil che fa gola a Telefonica sulla quale pende però l'attenzione dell'antitrust di Rio de Janeiro perchè la società spagnola ha già una posizione dominante in quel paese. Poi toccherà a Tim, ma qui la partita è tutta da vedere, perchè bisogna difendere l'italianità, mantenere il 51% del controllo nelle mani di Pirelli e soprattutto capire quanti debiti saranno scaricati sulla (ri)nascitura società dei telefonini. La terza punta del modulo-Rossi è politica e qui davvero l'avvocato laureato a Pavia a 22 anni dovrà fare un esercizio d'equilibrio per conciliare gli opposti. Le sue amicizie con D'Alema e la sinistra non sono un mistero, come è chiara la sua volontà di fermare il ritorno dello statalismo. Lo ha detto a chiare lettere nell'intervista concessa ieri a Federico Rampini, il giornalista di "Repubblica" che da Pechino lo ha intervistato dando corpo a un colloquio che sembra ricavato tra le pareti della bella casa milanese davanti al castello Sforzesco dove Guido Rossi raccoglie parcelle, libri antichi e "la collezione di quadri che spazia dal Rinascimento al Surrealismo". I tre centravanti della politica sono D'Alema, Berlusconi e Prodi. Il grande Ripulitore ne conosce la forza e la vanità, l'interesse per il Paese e la voglia di potere. Per vincere la Coppa della Telecomunicazioni dovrà destreggiare e sinistreggiare mettendo a frutto tutta l'esperienza che ha accumulato in cinquant'anni di strepitose avventure. 3 – PERCHE’ I RAGAZZI PONS-PONS DI “REPUBBLICA” NON CHIEDONO UN PARERE A MARCO DE BENEDETTI? Parlano tutti di Telecom. Parla Di Pietro con toni oscuri e minacciosi. Parla Luchino di Montezemolo che dentro questa vicenda trova un formidabile argomento per rilanciarsi come difensore dell'impresa privata contro lo statalismo strisciante. Parla Rutelli che rifiuta l'idea di una piccola Iri, anzi di un "Iretto" dove non si capisce se la parola "retto" ha un ambiguo significato e ne parla anche Dino Sorgonà del Tg1 che con voce stentorea legge il suo pezzo concordato con il portavoce di Telecom Massimiliano Paulucci. L'unico che non parla, perchè nessuno ha pensato di andargli a chiedere un parere, è Marco De Benedetti, il figlio dell'Ingegnere che due anni fa fu costretto a lasciare Tim. Eppure il manager 41enne di cose da dire ne avrebbe tante e potrebbe togliersi dalle scarpe dei sassolini grandi come frammenti di una statua. Curiosamente il giornale di papà chiama in causa Berlusconi e l'Unipol come possibili protagonisti del risiko telefonico. A Piazza Affari gli analisti sono convinti che tra le forze pronte a scendere in campo la più agguerrita sia il fondo Carlyle, al quale la famiglia De Benedetti è da sempre legata e che è in grado di mettere sul piatto le decine di miliardi di euro che servono per comprare la Tim resuscitata. Ma l'operazione più sottile e più indigesta per Romano Prodi potrebbe vedere in campo la società salvaimprese che Berlusconi e l'Ingegnere crearono durante un paio di cene a lume di candela in una villa della Camilluccia. 4 – I FRANCESI SEGANO ABETE Luigino Abete non è sceso in campo per dire la sua su Telecom, e ha ripreso a sudare. La colpa della sua inquietudine è provocata da Jean Laurent Bonnafè, il banchiere di Paribas che dall'aprile di quest'anno è diventato amministratore delegato di Bnl. Bonnafè ha 45 anni, sposato con due figli e dopo la laurea al Politecnico di Parigi è entrato in banca nel '94 e fino all'arrivo in Italia è stato responsabile delle attività retail in Francia. Con una decisione improvvisa che per un senso di affettuosa amicizia ha nascosto la notizia in poche righe del "Sole 24 Ore", Bonnafè ha cancellato di colpo il comitato esecutivo di Bnl di cui faceva parte anche Luigino Abete. Adesso tutti i poteri nella banca sono nelle mani dei francesi. Al direttore generale, Mario Girotti, viene delimitato in modo rigido il raggio d'azione, mentre Luigino Abete dovrà accontentarsi di deleghe rappresentative.

18/09/2006

Documento n.6314

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