Da Dagospia 20-5-2007 COME PRODI, ANCHE D’ALEMA HA FINALMENTE UNA BANCA (PER AVERE UN MUTUO)

in Rassegna Stampa
VINCITORI & VINTI COME PRODI, ANCHE D’ALEMA HA FINALMENTE UNA BANCA (PER AVERE UN MUTUO) PERDE BAZOLI MA IL GRANDE SCONFITTO SI CHIAMA VELTRONI (ROMA DE-CAPITALIA) ROMANO PAREGGIA “OBBLIGANDO” GERONZI A IMBARCARE IL PRODIANO COSTAMAGNA Orazio Carabini per il Sole 24 Ore Bisogna insistere un po' ma alla fine il banchiere si sbottona: «Mah, chi dice che la politica non c'entra ha un bel coraggio. Esiste un fil rouge che attraversa l'operazione UniCredit-Capitalia. Parte da Massimo D'Alema e tocca altri punti importanti nella mappa del potere: Franco Marini, Francesco Cossiga, Fabrizio Palenzona, Gianni Letta». «Il filo — ricapitola il banchiere — parte da D'Alema, raggiunge Marini, che nella Margherita guida l'ala non prodiana, e tocca Cossiga. Poi c'è Palenzona, instancabile cementatore di alleanze, che è più un politico che non un manager o un banchiere. Infine a benedire il tutto è arrivato anche Letta, a garanzia che il centrodestra non avrebbe frapposto ostacoli». Dunque il filo rosso avrebbe parecchie venature bianche, nel senso che tra i fautori dell'alleanza bancaria sull'asse Milano-Roma figurano molti ex Dc. Ma in questo caso gli schieramenti sono trasversali, assai poco ideologici. Contano più la passione per il potere e l'ansia di non subire, ma di orientare le grandi manovre della finanza. Ecco allora che si capisce perché Giovanni Bazoli, presidente di Intesa Sanpaolo, e Walter Veltroni, sindaco di Roma e antagonista di D'Alema dentro al nascente Partito democratico, non sono entusiasti dell'operazione progettata da Alessandro Profumo, amministratore delegato di UniCredit, e Cesare Geronzi, presidente di Capitalia. Bazoli e la sua Intesa Sanpaolo sono il "bersaglio" dell'alleanza che viene presentata oggi. Troppo "prodiani", lui e la sua banca, per conquistare senza combattere il primato sul mercato italiano. E con un peccato originale da scontare: la fusione tra Intesa e Sanpaolo è infatti arrivata quando sembrava cosa fatta l'alleanza tra il gruppo torinese e il Montepaschi. Uno sgarbo cui fin dall'agosto scorso si è cercato di porre rimedio. «Dopo Intesa Sanpaolo — racconta un autorevole parlamentare della maggioranza — è parso chiaro a tutti che bisognava puntare su UniCredit-Capitalia. Il problema era l'incompatibilità tra Profumo e Geronzi che, pur essendo consapevoli dell'ineluttabilità dell'alleanza, erano su posizioni molto distanti. Per carattere e per cultura. Il grosso lavoro della politica è stato quello di favorire un avvicinamento tra i due». E così Profumo, l'antipolitico, ha stretto un patto con Geronzi, il banchiere dei Palazzi della politica. Scommettendo sull'anagrafe (Geronzi ha 22 anni più di lui) ma anche consapevole che Capitalia era l'unica carta rimasta per provare a riconquistare la leadership in Italia. Profumo è stato costretto a strapagarla ma l'ha annessa al suo impero. L'alternativa era di spostare sempre più all'estero l'asse di UniCredit. Con il rischio, fra l'altro, che gli azionisti tedeschi prendessero gradualmente il sopravvento su quelli italiani. Giovedì 10 maggio è stato D'Alema in persona a portare la lieta novella a Bazoli, facendogli visita nella sua residenza milanese. Il banchiere non l'ha presa bene e ha abbozzato un tentativo in extremis di fermare una macchina ormai avviata offrendo, come contropartita,un ruolo più prestigioso in Intesa Sanpaolo per Pietro Modiano, il numero tre della banca, vicino ai ds. Inutilmente. E così Bazoli era servito. A 600 chilometri di distanza Veltroni non era di un umore migliore.Tutta l'operazione era passata sopra la sua testa.Anche perché il sindaco di Roma in questi anni aveva puntato tutte le sue carte su Matteo Arpe, l'amministratore delegato di Capitalia entrato in rotta di collisione con Geronzi, ora in procinto di lasciare il gruppo. Ufficialmente Veltroni è preoccupato solo del fatto che Roma perda la "testa" di Capitalia, solo un anno dopo aver perso quella della Bnl, conquistata dai francesi di Bnp. Ma chi l'ha sentito in questi giorni descrive un Veltroni imbronciato, infastidito dall'attivismo di D'Alema e di Marini, sorpreso dal ruolo di Palenzona. Il quale, nonostante le sue disavventure giudiziarie (Gianpiero Fiorani lo accusa di aver incassato soldi su conti esteri e i magistrati ne hanno rintracciati ben 11 a lui riconducibili), è diventato da poche settimane presidente di Aeroporti di Roma, oltre che presidente dell'Aiscat (associazione delle autostrade) e di UniCredit. Eppure anche Romano Prodi e Tommaso Padoa-Schioppa hanno avuto parole di elogio per l'operazione e i suoi artefici. E il governatore Mario Draghi aspetta il 31 maggio per dare la sua benedizione. Che non mancherà. «I Prodiboys — osserva un parlamentare dell'opposizione molto attento ai fatti della finanza e dell'economia — alla fine sono riusciti a mettere lo zampino anche in questa operazione. Il capolavoro di Geronzi è stato il coinvolgimento dell'ex Goldman Sachs Claudio Costamagna che è risultato decisivo». Ma anche Silvio Berlusconi, la cui Fininvest è azionista di Capitalia, non ha commentato. «Sa, è difficile trovare qualcuno che non sia in buoni rapporti con Geronzi», conclude il parlamentare di Forza Italia. Adesso il problema sarà decidere qual è la banca di riferimento del Partito democratico. Meglio Intesa Sanpaolo e la sua disponibilità a «farsi carico degli interessi generali del Paese», come hanno detto Bazoli e il presidente della Cariplo Giuseppe Guzzetti? O meglio superUniCredit, con l'inedita coppia Profumo-Geronzi, ovvero il banchiere che pensa solo al Roe e quello che pensa solo a gestire il potere e i rapporti con la politica? «Di sicuro — risponde scherzando un democratico ds — c'è solo che non avremo difficoltà a ottenere un mutuo». Dagospia 20 Maggio 2007

21/05/2007

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