Il PuntO. ?Libero da canone?

in Il Punto

?Libero da canone? Di Mauro Novelli ? 16.7.2003

Vista la secolare e costante mancanza di fiducia degli Italiani nelle classi dirigenti - avvicendatesi alla guida della loro ?sorte? - e alla luce dei problemi cui tutti andranno incontro invecchiando, si è inserito nel nostro dna il gene che spinge al risparmio: la prima lira, il primo centesimo messo da parte ?per? la famiglia, servirà per l?acquisto della casa. Per noi italiani, è questa la forma archetipa della ?pensione? (cioè della base minima di protezione per la vecchiaia) Nel 1991, le famiglie italiane erano 19.736.000. Il 25,3 per cento viveva in abitazioni prese in affitto; il 74,7 per cento in abitazioni di proprietà o con altro diritto (usufrutto ecc.). Nel 2000, le famiglie hanno raggiunto il numero di 21.932.798; il 19,2 per cento viveva in affitto, mentre era in abitazioni di proprietà - o per altro diritto - l? 80,8 per cento. La tendenza è costante. Il risparmio si è quindi orientato verso il settore immobiliare, con un coinvolgimento familiare (morale e fisico) di lungo e lunghissimo periodo. Obbiettivo: avere un tetto per la vecchiaia, non gravare sulle finanze dei figli ed, anzi, lasciare loro un bene pregiato. Quanto prima ?libero da canone?. Ancora oggi, è possibile trovare tale informazione scolpita in bella forma sulla facciata principale di molti immobili della Roma del ?700 e ?800. Tale obbiettivo è generalizzato: in Italia, la vita media dei mutui è di 11 anni; nel nord Europa di oltre 20, in Giappone di mezzo secolo (hanno mutui da 75 anni): la famiglia italiana vuole liberarsi velocemente del ?canone?, perché il bene non sia soggetto né a volontà né a poteri esterni. Questa è la psicologia di fondo delle famiglie italiane e, in momenti di difficoltà, tali convincimenti tendono ad irrobustirsi: proprio perché la nostra visione non è generazionale, ma ha un orizzonte familiare coinvolgente più generazioni, i progetti di risparmio/spesa/ investimento/consumo hanno un respiro che giunge almeno ai figli e, spesso, ai nipoti. Non si comprende, quindi, come possa considerasi ricevibile il consiglio mirante a stravolgere quelle basi psicologiche: liquidare la casa per avere più soldi da spendere e per accettare, con migliore entusiasmo, gli aumenti imposti da chi oggi si lamenta per i consumi che languono. Ricapitolando. Nella maggioranza dei casi, due sono le risorse familiari certe: la pensione dei vecchi e la loro casa di proprietà. Il futuro dei figli è certamente ?elastico?, come il mercato del lavoro che si va impostando e, vista la loro situazione reddituale, le banche nostrane, con la loro cultura delle supergaranzie, non li finanzieranno neanche per l?acquisto di un frigorifero, figuriamoci per comprar casa. Se questa è la situazione nuova (è irrilevante il giudizio che se ne dà) le proposte di ampliare mutui esistenti o di vendere la nuda proprietà risolveranno i problemi di chi è in una situazione familiare prefallimentare, di chi, cioè, ha l?acqua alla gola (sperando che la banca non si accorga delle difficoltà). Tutti gli altri tireranno ulteriormente la cinghia, limando ancor di più la propensione al consumo. Occorre ridare speranza, non ampliare mutui. 16.7.2003 Palio delle contrade creative Concorso per assegnare l?esecuzione del drappellone. Venuto a conoscenza della vittoria certa di Maria Antonietta (opera presentata: " Se manca il pane, passa alle brioches "), si è ritirato l?autore dell?estempore di finanza creativa " Enfia il mutuo, se il consumo è floscio !" 17.7.2003

16/07/2003

Documento n.3357

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