Il PuntO. Marketing d?immagine e illegalità.
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Marketing d?immagine e illegalità. (di Mauro Novelli) 17.4.2003
I cultori del marketing d?immagine sanno benissimo quanto sia importante evitare - fino alla maniacalità - che il pubblico (utenti, consumatori, votanti, acquirenti che siano) abbini il loro nome o la loro immagine a situazioni, eventi o fatti negativi, ansiogeni o semplicemente scostanti. A conferma della validità di questa regola basti notare come, prima e durante la seconda guerra del Golfo, molti dei nostri governanti abbiano accuratamente evitato di esprimersi sulle vicende belliche per scongiurare qualsiasi loro presenza mediatica che accomunasse la loro immagine ed il loro nome ai bombardamenti: i talk show sull?Iraq avevano quasi esclusivamente esponenti della sinistra, esperti a parte. Insomma, meglio sentirsi accusare di latitanza dalla metà dei votanti (l?altra metà apprezza la scaltrezza)piuttosto che offrire viso e dichiarazioni contaminate da immagini di soldati che sparano, case che saltano in aria e morti in terra. Certamente nulla di scandaloso, visto che anche la pubblicità della propria immagine anima il commercio. È di gran lunga più preoccupante, invece, la pessima abitudine, invalsa in banca, di rifuggire - altrettanto maniacalmente - l?abbinamento dell?immagine dell?istituto a gravi reati commessi da impiegati infedeli. Anche a costo di non denunciarli: troppo spesso, invece di chiamare in tribunale quei dipendenti, si fa loro sottoscrivere la lettera di dimissioni e si allontanano. L?immagine della banca è salva, ma tale costume, oltre a danneggiare la società civile, crea danni agli azionisti dell?istituto di credito. E torniamo all?articolo 7 del Testo unico delle leggi in materia bancaria.17/04/2003
Documento n.3148