Il PuntO. Contro gli abusi di mercato, accorciare la filiera: “individuazione -……- rimozione/punizione"

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Il PuntO. Contro gli abusi di mercato, accorciare la filiera: “individuazione-……-rimozione/punizione” Di Mauro Novelli (25-2-2005)

MERCATO: C’È UNA CARATTERISTICA CHE NESSUNO VUOL VEDERE. La globalizzazione ha imposto una visione più corretta ed unitaria del “mercato”. Di questo, fino a qualche anno fa, si privilegiava il solo aspetto produttivo, come se l’attività di governo (di tutti i governi) dovesse ricondursi alla buona salute del solo mondo industriale e commerciale. Ma tutti abbiamo ormai compreso che quella visione era orba esattamente di mezza realtà mercantile: quella del consumo. E’ perfettamente inutile favorire i momenti produttivi se poi i cittadini, cioè i consumatori, non consumano (per le ragioni più diverse) quanto prodotto. Per un secolo e mezzo, il mondo delle ideologie si è combattuto con miopia, inneggiando alla propria visione “orba” dell’altra metà: la destra, privilegiando esclusivamente il versante della produzione; la sinistra, tentando di recuperare sul versante della distribuzione del reddito e della redistribuzione ad opera dello stato. Gli ultimi cinque anni, hanno dimostrato che tali visioni miopi, se prese a supporto del governo di un paese non possono che condurre alla rovina economica. Ancora oggi, le due metà del mercato tendono a non ricomporsi nell’attività delle classi dirigenti. Si guardi alle vicende italiane: governo e Confindustria si dicono fortemente preoccupate a causa dell’euro forte. Le imprese italiane soffrono per via della buona salute della moneta unica, poiché questa ostacola le esportazioni e favorisce l’invasione di prodotti esteri (si veda la polemica sulla politica monetaria cinese). Tale visione è perdente perché monca, esattamente come perdente perché monca è l’altra, che inneggia ai bassi prezzi dei prodotti esteri che ne favoriscono l’importazione ed il consumo di beni e servizi a danno della produzione nazionale. Nei fatti, da una ventina d’anni, la concorrenza sui mercati internazionali si è fatta più seria. Per le imprese italiane, tale maggiore incisività delle leggi di mercato rasenta la spietatezza. Obbligata a misurarsi in mercati senza rete (senza cioè gli aiutini di stato) la nostra imprenditoria ha visto soccombere la grande chimica, l’informatica (Olivetti), un buon numero di grandi aziende alimentari, la grande distribuzione, l’aviazione civile. E speriamo che non siano intaccati altri settori vitali per la nostra economia (auto, telecomunicazioni, energia, ecc). Sarebbe il fallimento della nostra borghesia imprenditrice, incapace di andare oltre la fabrichètta di famiglia senza aiutini istituzionali. Urge una ricomposizione organica delle due metà del mercato per poterlo governare a favore di tutti, cioè per salvare questo nostro paese anche dai “liberisti alla vaccinara”. I quali si sono affannati a dimostrare la superiorità del “privato” sul “pubblico”, ma non sono in grado di sopravvivere senza l’intervento di supporto (più o meno corretto) della pubblica amministrazione, senza l’aiutino di quel “pubblico” tanto disprezzato in salotto, quanto sollecitato in azienda. LE CONSEGUENZE DELLA VISIONE PARZIALE DEL MERCATO. In Italia, ci si ostina ancora, con una miopia ormai colpevole, ad assumere decisioni di politica economica senza una visione armonica delle due componenti. Ne consegue, oggi, una mortificazione del versante inerente il consumo, con proposte fuori luogo (l’ampliamento dei mutui di Tremonti, o la recente proposta mirante a promuovere la cessione del quinto dello stipendio) che hanno avuto, come diretta conseguenza, quella di preoccupare ancor di più i consumatori italiani. I quali da secoli si sono adattati a “campare” senza riporre grande fiducia nei governi. Anche oggi, gli italiani si autogovernano: saccheggiati nei loro risparmi, restringono i consumi di tutti i giorni (azione di breve periodo) e non fanno figli (azione di lungo periodo). Finché l’orizzonte non torna ad essere meno plumbeo questa è la soluzione di autogoverno dei nostri concittadini. E non valgono le rassicurazioni di facciata circa le magnifiche sorti e progressive della nostra economia. Ad aggravare la situazione, cioè a tingere ancor più di fosco l’orizzonte di tutti, sembra particolarmente votato l’attuale governo, non in grado di supportare né l’offerta (la produzione) con la stessa Confindustria su posizioni critiche, né la domanda (il consumo), con i consumatori che, ad ogni iniziativa estemporanea, riducono ancor più la loro propensione al consumo. Sembra una trovata mediatica, ma la sindrome della quarta settimana è cosa riscontrabile presso ogni esercizio commerciale. INTUISCONO LE SOLUZIONI MA NON HANNO LA FORZA DI CONCRETIZZARLE. In effetti, i governanti più accorti hanno chiara questa situazione di stallo. Si dirà: “…ma allora perché non operano di conseguenza?”. La risposta è semplice: “Perché nella attuale situazione alcuni potentati si trovano a loro perfetto agio, anche finanziario, e non tutti se la sentono di mettersi di traverso.”. Prendiamo le banche. Hanno in pugno le due metà del mercato. La metà-offerta (aziende industriali, di servizi, di distribuzione) e la metà-domanda (consumo finale). Ogni cambiamento vedrebbe tali potentati in remissione secca rispetto alle attuali rendite di posizione. Hanno, quindi, in mano i cordoni della borsa, disgraziatamente anche quella che permette la vita ( o la sopravvivenza) delle organizzazioni politiche (partiti indebitati con le banche; organizzazioni sociali, magari in grado di sopravvivere solo con la benevolenza delle fondazioni bancarie, organismi datoriali e/o sindacali ecc.). Negli ultimi anni, il movimento dei consumatori ha raggiunto risultati impensabili solo dieci anni fa, proprio contro le banche. Ma ogni iniziativa mirante ad imporre sostanziali modifiche per rendere trasparente e serio il mercato, anzitutto sul fronte legislativo, si è arenata nelle secche di un Parlamento e di un governo entrambi particolarmente sensibili ai gestori dei cordoni della borsa. UNA DECISIONE INELUDIBILE: ACCORCIARE LA FILIERA DELLE SOLUZIONI. Invece di attendere le iniziative di legislatori e di governo forse è il caso di porre mano direttamente alla rimozione dell’ultimo ostacolo offerto dalla filiera del mercato attuale: passare da “abusi-battaglie-vittorie-proposte-soluzioni mancate”, a: “abusi-battaglie-vittorie-soluzioni dirette”, accorciando la prima, troppo allungata e sfilacciata, con l’eliminazione di ogni delega a politici dalle mani legate e/o in pasta, sia avventizi che di professione.

25/02/2005

Documento n.4484

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