LINCIAGGIO MEDIATICO DI UN PUBBLICO MINISTERO

in Consigli e guide

RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO LA RICHIESTA DI RETTIFICA DEL DOTT. SERGIO DEL GROSSO, SOSTITUTO PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI LECCO, DI UN PEZZO DI STEFANO ZURLO APPARSO SU "IL GIORNALE" DI VENERDI' 17 A PAG. 17 E INSULSAMENTE IGNORATA DAL DIRETTORE  ALESSANDRO SALLUSTI...

 

Al dott. Alessandro Sallusti n.q. di Direttore responsabile de “IL GIORNALE” e “IL GIORNALE ON LINE S.R.L. VIA G. NEGRI 4 20123 MILANO PEC [email protected]

P.c. Al Sig. Presidente della Repubblica On.le Sergio Mattarella anche n.q. di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura Palazzo del Quirinale Roma PEC [email protected]

Al Sig. Ministro della Giustizia On.le Andrea Orlando Via Arenula 70 – Roma PEC [email protected]

Al Vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura On.le Giovanni Legnini Palazzo dei Marescialli - Roma PEC [email protected]

Istanza di rettifica ex art. 8 della legge n°48/1947 recante “Disposizioni sulla stampa” del pezzo di Stefano Zurlo “Buffetto della Cassazione al pm che ha dimenticato due detenuti in carcere” (sottotitolo “Solo la sanzione della censura per averli lasciati dietro le sbarre per oltre 200 giorni”) apparso su Il Giornale del 17/07/2015 a pagina 17 e all'URL  http://www.ilgiornale.it/news/politica/buffetto-cassazione-pm-che-ha-dimenticato-due-detenuti-carce-1152680.html di cui si chiede pubblicazione integrale entro due giorni come per legge

Gentile Direttore,

le scrivo in nome e per conto dell'innominato protagonista del pezzo di Stefano Zurlo “Buffetto della Cassazione al pm che ha dimenticato due detenuti in carcere” (sottotitolo “Solo la sanzione della censura per averli lasciati dietro le sbarre per oltre 200 giorni”) apparso su Il Giornale del 17/07/2015 a pagina 17 e all'URL  http://www.ilgiornale.it/news/politica/buffetto-cassazione-pm-che-ha-dimenticato-due-detenuti-carce-1152680.html che contiene affermazioni lesive della sua dignità e contrarie a verità e di cui si chiede rettifica a mente dell'art. 8 della legge sulla stampa.

Il noto fondista riferisce dell'incredibile storia del PM di Lecco che si sarebbe “dimenticato in cella” due detenuti - uno per 208 giorni, l'altro per 116 – e per questo, nonostante la gravissima negligenza, sarebbe stato incredibilmente sanzionato dalla Sezione Disciplinare del CSM con appena la “censura” (sentenza confermata dalle Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione); ed, ancora incredibilmente, forse vittime di un'epidemia d'Alzheimer, non solo il PM, ma anche il GIP e gli avvocati difensori si sarebbero tutti dimenticati questi due poveri cristi!

Tutto veramente incredibile! Proprio non credibile! Ed infatti non vero!

Trattavasi, in un caso, di indagato che aveva abusato sessualmente di un minorenne minorato psisico già pluripregiudicato per reati specifici, non in carcere ma agli arresti domiciliari, che, sarà condannato a pena detentiva di durata ben superiore al tempo sofferto in custodia cautelare. A seguito della periodica ispezione ministeriale alla procura di Lecco, al magistrato veniva contestata la ritardata liberazione ben oltre i limiti previsti dal codice di procedura penale (208 giorni appunto). Il magistrato si difendeva deducendo che in ragione del capo d'imputazione, nel caso di specie, il termine massimo di custodia previsto per legge (art. 303 c.p.p.) non era di 180, ma di 360 giorni. Quindi al più non di 208, ma la contestazione poteva vertere sui residui 28 giorni di ritardo che comunque non potevano essere contestati al PM giacché 5 mesi prima di questo tempo, lo stesso aveva depositato al GIP l'istanza di rinvio a giudizio trasferendogli il relativo fascicolo. Quindi se ritardo c'era stato non era certamente imputabile a lui avendo perso il possesso del fascicolo e la materiale possibilità di controllare la scadenza dei termini.

L'altro caso era relativo ad un soggetto che in pieno centro storico si divertiva a colpire con pugni in faccia diverse e inermi madri di famiglia. Pluripregiudicato, sarà riconosciuto folle e pericoloso socialmente e perciò ristretto in ospedale psichiatrico giudiziario per un tempo ben superiore alla carcerazione preventiva. L'ispettore ministeriale contestava un ritardo di 116 giorni in ragione che per lui il termine massimo era di 90 giorni mentre per il “cattivissimo” PM di Lecco era di 180. Il PM si difendeva adducendo che se il ritardo c'era stato, non era certo di 116 giorni, ma al più di 26 (116 -90) in forza dell'interpretazione sulle norme sulla recidiva. Ma certamente la responsabilità non era la sua giacché questo fascicolo era uno dei 900 lasciati in eredità da ben due colleghi che avevano esaurito il periodo di applicazione in quella procura ed erano tornati nelle rispettive sedi di appartenenza senza informare il collega dei loro profili problematici. Invero, elementari regole di efficienza organizzativa imporrebbero che il magistrato che rimette il fascicolo al capo dell'ufficio giudiziario segnali le scadenze dello stesso (custodia cautelare, prescrizione ecc.), e non quello che si vede scaricare minacciosamente una pila di fascicoli sulla scrivania a doverseli rapidamente andare a cercare, esaminandone uno ad uno, senza ovviamente distrarre l'attenzione da quelli di cui era già assegnatario giacché non può dedicarsi contemporaneamente a controllare i fascicoli riassegnati ed andare in udienza, decidere se convalidare o meno gli arresti della polizia giudiziaria, ecc.

La Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Uniti Civili, accogliendo l'interpretazione fornita dal PM, ha comunque riconosciuto che i ritardi imputati non erano di 208 e 116 ma di 28 e 26 giorni, mantenendo tuttavia la sanzione della censura comminata dal CSM. Risponde notoriamente a canoni di somma ingiustizia riservare lo stesso trattamento a situazioni radicalmente diverse. E senza considerare che per il Sommo Giudicante a nulla rilevano le condizioni oggettive di operatività come la mancata disponibilità del fascicolo per aver tempestivamente esercitato l'azione penale, la mancata consapevolezza dell'esistenza del procedimento con misura cautelare in quanto ereditato da altro collega senza essere segnalato, la gravissima scopertura di organico del 25%, il gravissimo ed eccessivo carico di lavoro (superiore in proporzione a qualsiasi altra procura della Repubblica del Nord), la massima operosità e correttezza del magistrato riconosciuta in ogni sede (anche dallo stesso Csm).

Neanche a dirlo poi, ovviamente, lo stesso Csm in casi del tutto analoghi aveva bellamente assolto altri PM incolpati degli stessi pretesi illeciti. Se ne deduce allora che a sezioni unite s'introduce una vera e propria responsabilità oggettiva del magistrato, svincolata da ogni profilo di colpa, che deve essere una sorta di veggente di scadenze di misure cautelari che non può conoscere.

Di tanto pare essersi tempestivamente avveduto solo il PM. d'udienza, l'avvocato generale della Cassazione Umberto Apice che ha richiesto alla Corte l'accoglimento parziale del ricorso con la comminazione della più tenue sanzione dell'ammonimento, sebbene ben conscio dell'imperante il dogma dell'intangibilità delle sentenze della sezione disciplinare della Cassazione.

Leggendo e scavando nella sanzione della sezione disciplinare del CSM l'impressione forte é che la negligenza sia un mero pretesto per colpire un magistrato. Un PM di provincia fuori dalle dinamiche di potere. Serve al ministero ed al CSM per mostrarlo, come immediatamente avvenuto, al ludibrio della folla che lamenta che i magistrati non vengono mai toccati dalla casta. Ed invece no. Anche i magistrati pagano per i loro imperdonabili errori. Ma quali magistrati pagano? E per quali errori?

Ormai la giustizia è votata al perseguimento degli illeciti bagatellari: richiedono poco impegno, fanno numero e soprattutto colpiscono gli ultimi, senza voce, senza potere e che non danno fastidio. Perché non sono in grado di dare fastidio. E che non hanno avvocati rompiballe che ti trascinano alla prescrizione. Stessa logica per i giudici. C'è un malcontento tra i magistrati che vogliono fare la propria missione senza essere succubi delle correnti che è visibile e palpabile. Correnti che trovano la propria agorà nel CSM in cui i c.d. membri laici dovrebbero parare le asperità e gli eccessi correntizi e ne sembrano invece sovente travolti.

Un'ultima nota: il caso non va affatto in archivio. Il PM di Lecco andrà in EUROPA, alla Corte di Giustizia e al CEDU. E vedremo se lì reggerà la tesi del giudice veggente.

Con osservanza

Roma 21 luglio 2015

Avv. Lucio Golino

Si allegano alla presente:

1 – Il pezzo di Stefano Zurlo;

2 - la sentenza della sezione disciplinare del CSM;

3 – La sentenza delle sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione

26/07/2015

Documento n.10158

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