TROVARE LE COPERTURE AD AUMENTO IVA E’ COMPITO GRAVOSO ? PERCHE’ IL GOVERNO NON CERCA IN SVIZZERA?

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COMUNICATO STAMPA

TROVARE LE COPERTURE AD AUMENTO IVA E’ COMPITO GRAVOSO ? PERCHE’ IL GOVERNO NON CERCA IN SVIZZERA?CON ACCORDO FISCALE SI POTREBBERO INCASSARE  32,5 MILIARDI DI EURO SUBITO,3 A REGIME.

     Trovare le coperture per impedire l’aumento dell’Iva dal 21 al 22% dal 1 luglio 2013 ed i 4 miliardi di Imu prima casa, per un totale di 8 miliardi di euro, sarebbe –secondo il Governo ed il ministro dell’Economia Saccomanni- compito gravoso. Perché il Governo non adempie alle richieste del Governo Elvetico riaprendo  la trattativa fiscale tra Italia e Svizzera per la regolarizzazione dei depositi in nero nelle casseforti delle banche elvetiche, il cui ammontare è stimato in un range da 130 a 150 miliardi di euro ?

    Come mai "È tutto fermo", come affermato  3 giorni fa dalla Ministra delle Finanze della Confederazione, Eveline Widmer-Schlumpf, rispondendo alla precisa domanda rivoltale tramite un atto parlamentare dal deputato  ticinese, Marco Romano ? "Quello che emerge - denuncia Romano - è che, pur avendo l'Italia un nuovo Governo, il dossier è rimasto in un cassetto e io spero che a Roma, a questo punto, si diano una mossa e che Berna richiami l'Italia alle proprie responsabilità ".

  "Lo stallo - aggiunge Romano - crea in effetti tutta una ricaduta di problemi, per la Svizzera, in particolare per il Canton Ticino, visto che fino a che la Confederazione rimane sulle black list italiane, e le aziende elvetiche rimangono discriminate se vogliono lavorare oltreconfine". Eppure, per Berlusconi, prima delle ultime elezioni politiche, sembrava che l'accordo di doppia imposizione sugli averi italiani depositati nelle banche elvetiche, potesse venire concluso in quattro e quattr'otto e che, con i soldi derivanti dall'intesa, si potesse evitare, addirittura, il pagamento dell'Imu.

   Adusbef e Federconsumatori , esaminando  l’accordo quadro dell’agosto  2011 tra Svizzera e Germania,  che siglarono l’accordo fiscale bilaterale improntato sul “modello Rubik”,grazie al quale si sarebbero risolte le questioni fiscali in sospeso per quanto riguarda il passato e, nell’interesse reciproco di entrambi i Paesi e sulla base della strategia messa in campo dall’Associazione svizzera dei banchieri per il 2015, le cui condizioni oltre a regolarizzare le posizioni pendenti:, lasciavano  la possibilità ai clienti di optare:

1) per un pagamento forfettario una tantum, chiamata “imposta liberatoria retroattiva” (con aliquota massima del 34% a seconda di importo e periodo di detenzione, prelievo medio 25%) per sanare anonimamente la posizione in essere depositata nelle banche elvetiche non dichiarata  al fisco di residenza;

2)  una voluntary disclosure entro il 31 maggio 2013 alle autorità fiscali tedesche senza conseguenze penali di alcun tipo, che comporta il successivo adempimento degli obblighi fiscali direttamente con il fisco tedesco,  con effetto retroattivo, con la tutela dei clienti quanto della banca e i suoi dipendenti da qualsiasi procedimento penale;

3) Pagamento in acconto da parte delle banche svizzere, a titolo di impegno e di buona volontà, le banche elvetiche versano appena entrato in vigore l’accordo, a titolo di acconto, 2 miliardi di franchi svizzeri all’autorità fiscale tedesca; detti importi, suddivisi in base all’ammontare di depositi stimato pro quota tra le diverse banche detentrici di depositi tedeschi al 31 dicembre 20105, recupereranno tale importo al momento del pagamento una tantum da parte dei clienti che, secondo alcune stime, dovrebbe raggiungere i 4 miliardi di franchi svizzeri.

L’accordo offriva due regimi opzionali per il futuro: a) una imposta “liberatoria” - sulla falsariga dell’euroritenuta, con le banche che prelevano anonimamente una ritenuta alla fonte pari all’imposta tedesca (attualmente ad aliquota unica, pari al 26,375%, ovvero il 25% più 1,375% di contributo di solidarietà) su tutti i redditi di capitale (“interessi, dividendi, altri proventi e utili da vendite”), con carattere liberatorio da qualsiasi altro adempimento o dovere verso il fisco tedesco; la Svizzera, dal canto suo, rinuncerebbe a qualsiasi pretesa su detto prelievo, contraccambiando il mancato revenues haring con l’apertura del mercato bancario tedesco agli operatori elvetici; b) la  voluntary disclosure – simile al regime dell’”informazione”, il cliente comunica alla banca di voler comunicare i dati al proprio Paese di residenza.    

    La banca procede con la comunicazione dei dati patrimoniali all’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC), che ne dà regolare notifica all’autorità fiscale tedesca; c) Procedura di controllo del sistema, con le autorità fiscali tedesche che hanno il diritto di richiedere a campione alla Svizzera un numero stabilito di domande al fine di verificare la correttezza nell’applicazione dell’Accordo. Qualora richiedessero maggiori informazioni, le autorità tedesche sono vincolate al rispetto delle procedure di assistenza amministrativa stabilite dall’articolo 26 del Modello di Convenzione OCSE.

Con un’aliquota del 25%, lo Stato Italiano, siglando l’accordo con la Svizzera ricalcando l’intesa con la Germania, riuscirebbe ad incassare circa 32,5 miliardi di euro ipotizzando l’ammontare dei fondi depositati di 130 miliardi di euro, con un acconto cash di 3,3  miliardi di franchi svizzeri (oltre 4 miliardi di euro ai tassi di cambio attuali) ed un incasso annuo a regime stimato – a seconda delle opzioni- tra 2,7 e 3,5 miliardi di euro l’anno. Il Governo ha il dovere di riaprire il tavolo e siglare l’accordo fiscale con la Svizzera prima dell’estate, evitando in tal modo sia la stangata Iva che l’Imu prima casa.

                                                                                Elio Lannutti (Adusbef) – Rosario Trefiletti (Federconsumatori)

Roma, 15.6.2013

15/06/2013

Documento n.9428

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