CRACK DEIULEMAR,LA PARMALAT DEL MARE: ADUSBEF AMMESSA PARTE CIVILE NEL PROCESSO CHE SI CELEBRA A ROMA.COMUNE TORRE DEL GRECO EVITA LA COSTITUZIONE

in Comunicati stampa

COMUNICATO STAMPA

 CRACK DEIULEMAR: ADUSBEF AMMESSA PARTE CIVILE NEL PROCESSO CHE SI STA CELEBRANDO A ROMA.

    Adusbef, difesa dall’avv.Antonio Tanza,vice-presidente, ammessa oggi parte civile nel processo penale che si sta celebrando oggi a Roma (ed è ancora in corso l’udienza) per il crack della compagnia di navigazione Deiulemar, la Parmalat del mare, dichiarata fallita lo scorso anno per un buco patrimoniale di oltre 800 milioni di euro, che vede coinvolti 13mila risparmiatori, in gran parte abitanti di Torre del Greco che per decenni hanno finanziato la compagnia tramite certificati obbligazionari per una somma pari a 670 milioni di euro, finiti in un reticolo di società parallele, riconducibili ai figli e parenti dei tre armatori, le famiglie Iuliano, Della Gatta, e Lembo che dal 2005 in poi avevano architettato una complessa girandola di scissioni societarie all'estero per spogliare di fatto dei beni la compagnia.   La vicenda subito denunciata dall’Adusbef, culminata in nove arresti tra figli e parenti del trio di ex armatori con le accuse di bancarotta fraudolenta; esercizio abusivo del credito; elusione fiscale; ha spinto la Procura di Roma ad una richiesta di sequestro conservativo per un miliardo, in una vicenda inquietante, che concretizza ipotesi di truffa e un fallimento di fatto pilotato, della Deiulamar che da 30 anni raccoglieva denaro presso i cittadini di Torre del Greco e Monte Procida, con un'antica pratica marittima (i carati) con cui di fatto i Torresi facevano da banca per la società navale, emettendo certificati obbligazionari fuori da qualsiasi mercato regolamentato.   Il versamento avveniva presso gli sportelli di Torre del Greco e una semplice ricevuta attestante una raccolta ingente, oltre 670 milioni di euro, affidati alla Deiulemar che aveva obbligazioni regolari sul mercato, pari a 40 milioni, venti volte in meno dei soldi versati dai cittadini (spesso dipendenti) della Deiulemar, che distraevano i fondi in conti paralleli, saccheggiando il risparmio e spogliando dei beni la compagnia, in un gioco che, come ha ricostruito dalla magistratura, andava avanti dal 2005.Come ricostruito dai magistrati e da un quotidiano finanziario, la prima mossa dell’azione truffaldina è stata quella del conferimento delle navi alla Deiulemar shipping, controllata al 100% dalla lussemburghese Poseidon International Sa, cui nello stesso anno la Deiulemar Cn cede la propria partecipazione. A sua volta la Poseidon international è controllata da altre tre lussemburghesi: la Sbf Sa, la Azzurro Sa e la Hamburg International Sa. Non è finita: la Sbf è controllata al 100% da una società di Madeira, la Prothinny financieira Lda, a sua volta controllata da un trust che si chiama Bigei. Stessa cosa vale per Azzurro e per Hamburg: a controllarle anche qui due trust. Il primo si chiama Arcobaleno e il secondo Marco Polo. Gli inquirenti si mettono al lavoro e non faticano molto per scoprire che alle spalle di questi schermi societari plurimi figurano nell'ordine, dietro Bigei: Pasquale e Micaela Della Gatta; dietro Azzurro: Filippo e Leonardo Lembo; dietro Marco Polo: Giovanna Iuliano. Cioè la seconda generazione al completo dei fondatori della storica compagnia di navigazione. Ma l'operatività non si ferma. Nei tre anni successivi le navi vengono utilizzate per ottenere credito dal sistema bancario e investire in futures sui noli e per commesse di altre navi.Mentre la Consob dorme, viene montata un'opzione call che porta un'altra azienda, la Poseidon finance Sa a rilevare per 150 milioni il 100% di un'altra finanziaria di Madeira, la Taggia LXVII controllata a sua volta da tre trust: Giano, Capital trust e Gilda, rispettivamente riconducibili ad altri membri delle tre famiglie: Giuseppe Lembo, Lucia Boccia e Michele Iuliano. Scopo ultimo di quest'ultima operazione: ottenere il controllo di un'altra lussemburghese: la Lemain Sa che ha a propria volta il controllo della Deiulemar holding, cui risalgono le altre attività del gruppo: immobiliari, alberghiere ed energetiche. Un'architettura mostruosa che è servita a spogliare del tutto la Deiulemar, portando via le 17 navi di proprietà della società e trasferendole nelle società di fatto riconducibili agli stessi soggetti. Una sorta di saccheggio sistematico che ha portato a prosciugare l'attivo e quindi a rivelare un buco di 800 milioni. Ora buona parte delle società sono state dichiarate fallite. Resta per i 13mila creditori l'arma dell'insinuazione al passivo e soprattutto quella penale, con il fallimento delle società di comodo di chi ha architettato la grande rapina.   Peccato che il Comune di Torre del Greco, nonostante le richieste di molti cittadini truffati, abbia accuratamente evitato la costituzione di parte civile al processo, accampando banali scuse giuridiche, forse per non disturbare gli armatori, a tutela di 13.000 famiglie truffate.

                                                                                                                                                      

08/05/2013

Documento n.9393

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