BANCHE: BUONA NOTIZIA RICHIESTA DI IMPUTAZIONE COATTA GUP MILANO CONTRO GLI EX VERTICI DEL MONTE PASCHI SIENA PROFUMO E VIOLA, PER REATO DI FALSO IN BILANCIO E MANIPOLAZIONE MERCATO
COMUNICATO STAMPA
BANCHE: BUONA NOTIZIA RICHIESTA DI IMPUTAZIONE COATTA GUP MILANO CONTRO GLI EX VERTICI DEL MONTE PASCHI SIENA PROFUMO E VIOLA, PER REATO DI FALSO IN BILANCIO E MANIPOLAZIONE MERCATO
Una buona notizia la richiesta di imputazione coatta del gup di Milano Livio Antonello Cristofano nei confronti degli ex manager del Monte dei Paschi, Fabrizio Viola e Alessandro Profumo, dopo che anche il pg Felice Isnardi, aveva disposto ulteriori accertamenti sulla posizione della banca, sfruttando la possibilità che gli concede l'articolo 58 della legge 231 di svolgere "gli accertamenti indispensabili e, qualora ritenga ne ricorrano le condizioni, contestare all'ente le violazioni amministrative conseguenti al reato".
Sospetta infatti , la fretta dei magistrati milanesi titolari dell'inchiesta, i pm Mauro Clerici, Stefano Civardi e Giordano Baggio, che ai primi di settembre presentarono repentina richiesta di archiviazione sia per le persone fisiche che per l'istituto di credito, mentre oggi è stato depositato il provvedimento col quale, in sostanza, è stato ordinato alla procura di chiedere il rinvio a giudizio per falso in bilancio e manipolazione del mercato in relazione ai derivati Alexandria e Santorini.
Oltre a Profumo e Viola, l’imputazione di falso in bilancio e aggiotaggio pende anche su Paolo Salvadori, ex Presidente del Collegio sindacale di Rocca Salimbeni, mentre la posizione di sette persone, tra le quali Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, è stata archiviata.
Profumo, nominato dal ministro dell’Economia Padoan ai vertici di Leonardo, ex Finmeccanica, già rinviato a giudizio con l’accusa di usura bancaria dal Tribunale di Lagonegro, aveva portato il Mef a cancellare (con un tratto di penna e con la data scritta a mano) la direttiva del 2013 in base alla quale, tra le cause di ineleggibilità e decadenza sulle nomine dei cda delle società controllate dallo Stato, vi era l’incompatibilità, sia per la condanna in primo grado che per il rinvio a giudizio per determinati reati.