Anatocismo. In 7 giorni 100 mila richieste di rimborso.

in Comunicati stampa
INTERESSI ILLEGALI: IN 7 GIORNI CIRCA 100.000 RICHIESTE DI RESTITUZIONE ALLE BANCHE SU 300.000 MODULI SCARICATI DAI SITI DELLE ASSOCIAZIONI, NONOSTANTE L’OSTRUZIONISMO DEGLI ISTITUTI DI CREDITO E LE VELATE MINACCE DI RITORSIONE DI REVOCA FIDO O CHIUSURA DEL CONTO QUALORA I CONSUMATORI DOVESSERO ESERCITARE I LORO DIRITTI SANCITI DALLE SENTENZE INAPPELLABILI DELL SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE. SUL SITO ADUSBEF IL MODULO DI RICORSO AL GIUDICE DI PACE PER LE CAUSE SOTTO I 2.500 EURO, CHE NON NECESSITANO DI ASSISTENZA LEGALE. In 7 giorni (Adusbef ha pubblicato la sentenza n.21095 delle sezioni unite di Cassazione lo scorso lunedì 8 novembre), nonostante l’ostruzionismo e le velate minacce di chiudere il fido o il conto corrente bancario,oltre 100.000 cittadini,su 300.000 che hanno scaricato i moduli dai siti delle associazioni dell’Intesaconsumatori,hanno effettuato la richiesta degli interessi illegali alla propria banca e di questo passo,Adusbef conta di superare il record del 1999 quando 1 milione di consumatori inviò le richieste alle banche, interrompendo i termini prescrizionali. Adusbef ricorda alle banche e soprattutto ai dirigenti della Banca Monte dei Paschi di Siena,che in maniera arrogante hanno lasciato trapelare l’ostruzionismo perfino nel fornire gli estratti conto, che una delibera del garante della Privacy,impone di fornire gli estratti conto richiesti, a titolo gratuito entro 45 giorni. Dice infatti il garante che:” le banche non possono chiedere ai loro clienti compensi per la consegna di documenti contenenti informazioni personali che li riguardano.Il principio sulla gratuità dell’accesso ai dati personali, detenuti dal titolare o responsabile del trattamento, è stato ribadito dall’Autorità che ha accolto il ricorso di un cittadino al quale il suo istituto di credito aveva chiesto un compenso per ricercare e produrre i documenti da essa detenuti contenenti le informazioni personali che lo riguardavano. La vicenda prende avvio con una prima richiesta indirizzata dal correntista al suo istituto di credito, formulata ai sensi dell’art. 119 del d. lg. n. 385/1993 (T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia), con la quale chiedeva il rilascio di copia della documentazione di ogni operazione da lui effettuata dal 1997 in poi su due conti correnti a lui intestati. La banca ai sensi del citato art. 119 rispondeva invitando il ricorrente, in base alle disposizioni emanante dalla Banca d’Italia in attuazione del decreto del Ministero del tesoro del 24 aprile 1992, a precostituire presso una propria filiale “i fondi occorrenti per la ricerca e la produzione dei documenti richiesti”, per un importo complessivo di 2.400 euro”. Il ricorrente con una nuova istanza, formulata questa volta ai sensi dell’art. 13 della legge n. 675/1996, ribadiva la richiesta di accesso gratuito a tutte le informazioni personali detenute dall’istituto. La banca, pur fornendo all’interessato alcuni dati personali da essa posseduti (dati anagrafici, codice fiscale, estremi della carta d’identità) confermava però che per fornire copia della documentazione relativa alle singole operazioni bancarie, il correntista avrebbe dovuto procedere alla costituzione del fondo richiesto.Nel provvedimento il Garante ha riconosciuto legittima la richiesta dell’interessato.L’art. 13 della legge 675/1996 e l’art. 17 del d.P.R. n. 501/1998 obbligano il titolare o il responsabile del trattamento ad estrapolare dai propri archivi e documenti tutti i dati personali oggetto di richiesta, detenuti sia su supporto cartaceo o informatico, che riguardano l’interessato, e a comunicarli a quest’ultimo con modalità idonee a renderli agevolmente comprensibili.In particolare, l’esercizio del diritto di accesso vantato dal ricorrente, contrariamente a quanto sostenuto dalla banca, deve essere garantito gratuitamente e non può essere condizionato, per quanto attiene alle modalità di esercizio, a quanto statuito, ad altri fini, dal citato Testo Unico in materia bancaria.Alla banca è stato quindi ordinato di estrarre dagli atti e dai documenti da essa detenuti tutte le informazioni personali richieste in relazione alle movimentazioni effettuate e di comunicarle all’interessato in modo intellegibile entro quarantacinque giorni dalla data di ricezione del provvedimento. All’Istituto sono state inoltre imputate le spese del procedimento”. Il Presidente Elio Lannutti Roma,15.11.2004 Garante Privacy NEWS LETTER N. 190 del 3 - 9 novembre 2003 Banche: l’accesso ai dati personali è gratuito Le banche non possono chiedere ai loro clienti compensi per la consegna di documenti contenenti informazioni personali che li riguardano. Il principio sulla gratuità dell’accesso ai dati personali, detenuti dal titolare o responsabile del trattamento, è stato ribadito dall’Autorità che ha accolto il ricorso di un cittadino al quale il suo istituto di credito aveva chiesto un compenso per ricercare e produrre i documenti da essa detenuti contenenti le informazioni personali che lo riguardavano. La vicenda prende avvio con una prima richiesta indirizzata dal correntista al suo istituto di credito, formulata ai sensi dell’art. 119 del d. lg. n. 385/1993 (T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia), con la quale chiedeva il rilascio di copia della documentazione di ogni operazione da lui effettuata dal 1997 in poi su due conti correnti a lui intestati. La banca ai sensi del citato art. 119 rispondeva invitando il ricorrente, in base alle disposizioni emanante dalla Banca d’Italia in attuazione del decreto del Ministero del tesoro del 24 aprile 1992, a precostituire presso una propria filiale “i fondi occorrenti per la ricerca e la produzione dei documenti richiesti”, per un importo complessivo di 2.400 euro. Il ricorrente con una nuova istanza, formulata questa volta ai sensi dell’art. 13 della legge n. 675/1996, ribadiva la richiesta di accesso gratuito a tutte le informazioni personali detenute dall’istituto. La banca, pur fornendo all’interessato alcuni dati personali da essa posseduti (dati anagrafici, codice fiscale, estremi della carta d’identità) confermava però che per fornire copia della documentazione relativa alle singole operazioni bancarie, il correntista avrebbe dovuto procedere alla costituzione del fondo richiesto. Nel ricorso al Garante il correntista rinnovava le proprie richieste di accesso agli atti chiedendo di porre a carico della controparte le spese sostenute per il procedimento. L’Istituto bancario, invitato dall’Autorità ad aderire alle richieste, ribadiva invece quanto già dichiarato nei precedenti riscontri specificando di aver fornito all’interessato i dati personali da essa detenuti e affermando, nel contempo, che la consegna di copia della documentazione bancaria inerente le operazioni compiute risulterebbe del tutto estranea alle norme che tutelano la privacy. Nel provvedimento il Garante ha riconosciuto legittima la richiesta dell’interessato. L’art. 13 della legge 675/1996 e l’art. 17 del d.P.R. n. 501/1998 obbligano il titolare o il responsabile del trattamento ad estrapolare dai propri archivi e documenti tutti i dati personali oggetto di richiesta, detenuti sia su supporto cartaceo o informatico, che riguardano l’interessato, e a comunicarli a quest’ultimo con modalità idonee a renderli agevolmente comprensibili. In particolare, l’esercizio del diritto di accesso vantato dal ricorrente, contrariamente a quanto sostenuto dalla banca, deve essere garantito gratuitamente e non può essere condizionato, per quanto attiene alle modalità di esercizio, a quanto statuito, ad altri fini, dal citato Testo Unico in materia bancaria. Alla banca è stato quindi ordinato di estrarre dagli atti e dai documenti da essa detenuti tutte le informazioni personali richieste in relazione alle movimentazioni effettuate e di comunicarle all’interessato in modo intellegibile entro quarantacinque giorni dalla data di ricezione del provvedimento. All’Istituto sono state inoltre imputate le spese del procedimento”. La presente bozza di atto di citazione per la restituzione degli interessi anatocistici trimestrali applicati alle apercredito con scoperto di conto corrente è stata realizzata a cura dell’Avv. Antonio TANZA, Vicepresidente ADUSBEF – www.studiotanza.it - [email protected] ) Giudice di Pace di _____ Atto di citazione Il sig. __________, associato ADUSBEF Onlus [1], nato a __________ il __/___/____ ( C.F. ___________________) residente in __________ ed ivi elettivamente domiciliato in Via __________ n. ___, presso lo studio dell’avv. __________ che lo rappresenta e difende in virtù di procura rilasciata in calce al presente atto, espone premesso che 1. __________ __________, intrattiene con BANCA _____ S.p.A. – Filiale di _____, un rapporto bancario consistente in apertura di credito con affidamento mediante scopertura su c/c n. _____________, originariamente finalizzata, secondo la natura tipica del contratto, a soddisfare le temporanee esigenze di elasticità di cassa; 2. detto rapporto bancario di affidamento, ha avuto inizio nel _____ (cfr. contratto consegnato al cliente), ed è ancora in corso: l’ultimo estratto conto pervenuto espone un presunto saldo passivo al __/__/_____ di lire __.___.___; 3. l’odierno esponente, pur avendo sempre contestato l’eccessivo lievitarsi delle pretese della banca, ha cercato di comporre bonariamente la vertenza, attivandosi per ridurre gli importi pretesi entro i limiti della legalità, ma tali intenti venivano frustrati dalla banca che, facendo leva sulla sua posizione dominante, imponeva rientri a breve scadenza, sottoscrizioni di documentazioni prestampate e non meglio identificate ed ulteriori garanzie per il rientro dalla propria presunta esposizione creditoria. & & & Nel contratto di cui è causa, risulta prevista la chiusura delle partite debitorie ad ogni trimestre ed è, altresì, fissato che gli interessi dovuti dal correntista all’azienda di credito, come sopra specificato, producano a loro volta interessi nella stessa misura (art. 7 delle condizioni generali di contratto). Ora, la chiusura trimestrale con la corresponsione di interessi su interessi, costituisce una palese violazione del divieto di anatocismo secondo la disciplina codicistica, ex art. 1283 cod. civ., che espressamente statuisce che gli interessi scaduti possono produrre, a loro volta, interessi, soltanto: a) dal giorno della domanda giudiziale; b) per l’effetto di convenzione posteriore alla scadenza purché si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi. Orbene, la Banca ha sempre richiesto all’odierno attore, nel corso del lungo rapporto intrattenuto, il pagamento degli interessi di mora non semestralmente, bensì trimestralmente, applicando un vero e proprio anatocismo. Nè, può essere accettato l’eventuale richiamo ad una applicazione, nella fattispecie dei c.d. "usi bancari" che derogano al disposto di cui all’art. 1283 cod. civ.- La dottrina maggioritaria, infatti, da sempre sostiene che il divieto di anatocismo previsto nel codice civile non può considerarsi derogabile in quanto tale norma rientra nel novero di quelle imperative. Pertanto, gli "usi bancari" non sarebbero ammissibili per la formazione di una consuetudine legittimante un anatocismo proveniente dalla ripetuta adozione di clausole generali predisposte dal cartello bancario in aperto contrasto con la previsione di cui all’art. 1283 cod. civ. e perciò stesso nulle ai sensi degli art. 1418 e 1419 cod. civ.. D’altronde, qualsivoglia atto, sia pur reiterato nel tempo che al momento della relativa attuazione sia in contrasto con quanto previsto da una legge non potrà mai essere considerato "uso" in senso giuridico. L’anatocismo, in definitiva, risulterebbe ammissibile soltanto per l’uso avente carattere normativo, che andrebbe accertato e dimostrato come già esistente quantomeno in un momento antecedente alla promulgazione del codice del 1942, sempre che risulti attualmente esistente. Si aggiunga che la giurisprudenza, ribaltando il granitico e precedente orientamento, ha ritenuto di condividere i principi esposti. Dal 1999 la giurisprudenza di legittimità prendendo spunto dalle novità normative in tema di usura (L. n. 108/96) e di tutela del consumatore (L. n. 52/96, che ha introdotto l’art. 1469 bis e ss. cod. civ.), ha stabilito che sono rilevanti solo ed esclusivamente gli "usi normativi" e non certo gli "usi negoziali". I principi affermati nelle motivazioni delle decisioni citate possono così sintetizzarsi: a. gli usi cui fa riferimento l’art. 1283 c.c. in materia di anatocismo sono quelli normativi di cui agli artt. 1, 4 e 8 delle disp. Prel. al cod. civ.. Solo tali usi contrari possono derogare al divieto di capitalizzazione anatocistica; b. le norme bancarie uniformi predisposte dall’ABI non hanno natura normativa ma pattizia e rilevano solo se richiamate dal contratto ai sensi dell’art. 1340 c.c.; c. non esiste prima del 1942 un uso normativo che autorizza la capitalizzazione trimestrale degli interessi a carico del cliente di un istituto di credito; d. le norme bancarie uniformi (N.U.B.) che consentono tale capitalizzazione sono state predisposte per la prima volta in data 1/01/1952; e. gli usi bancari difettano, in ogni caso, del presupposto psicologico della spontanea adesione da parte di entrambi i contraenti, che caratterizza l’uso normativo, laddove l’uso della Camera di Commercio difetta, comunque, del carattere nazionale della prassi, trattandosi sempre di usi locali. Il Vs. Istituto, da quando il conto in questione ha presentato saldi passivi, ha capitalizzato, tra l’altro, interessi (ultralegali, commissioni e competenze varie) in aperta violazione della norma imperativa di cui all’art. 1283 c.c. (ma anche gli artt, 1346 e 14182 c.c.) , nonostante che le indicate sentenze della Corte di Cassazione del marzo del 1999 e susseguenti, nonchè la sentenza della Corte Costituzionale n. 425 del 17 ottobre 2000 (che ha visto ADUSBEF coinvolta in prima fila con il proprio associato Miglietta P., rappresentato dal Vicepresidente Avv. Antonio Tanza, per approfondimenti consulta il sito www.studiotanza.it) avessero sancito la nullità della occulta pratica della moltiplicazione esponenziale geometrica dell’interesse. Infine la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n° 21095 del 4 novembre 2004, ponendo fine alle infondate aspettative degli Istituti bancarie, ha definitivamente sancito che la trimestralizzazione degli interessi, imposta fin dall’emanazione delle prime norme bancarie uniformi (1952) dal sistema bancario sui conti affidati è illegittima fin dalla sua prima applicazione (cfr. www.altalex.it per testo e commenti). Quanto sopra ritenuto e considerato, il sig. __________, come in epigrafe rappresentato difeso e domiciliato Cita la Banca __________, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede in __________, via __________n. ___, a comparire avanti al Giudice di Pace di __________ all’udienza del __________, luogo ed ore di rito, con espresso invito a costituirsi nelle forme stabilite dall’art. 166 c.p.c., nel termine di venti giorni prima della suddetta udienza, nonchè con espresso avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implicherà la decadenza di cui all’art. 167 c.p.c. e che, in mancanza, si procederà in loro legale contumacia, per ivi senti accogliere le seguenti Conclusioni Voglia l’Ill.mo Giudice di Pace adito, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa: 1) ACCERTARE e DICHIARARE la nullità ed inefficacia, per violazione degli artt. 1283, 2697 e 14182 c.c., delle condizioni generali del contratto apertura di credito e di conto corrente n. _______________ intestato a oggetto del rapporto tra le parti del presente giudizio, relativa alla capitalizzazione trimestrale di interessi, competenze, spese ed oneri applicata nel corso dell’intero rapporto e, per l’effetto, DICHIARARE la inefficacia di ogni e qualsivoglia capitalizzazione di interessi al rapporto in esame; 2) CONDANNARE, per l’effetto, la convenuta banca alla restituzione della somme illegittimamente addebitate e/o riscosse, oltre agli interessi legali creditori in favore degli odierni istanti; 3) CONDANNARE, per l’effetto, la banca al pagamento delle spese e competenze di giudizio. Si offrono in produzione i seguenti documenti: 1) Contratto di conto corrente; 2) Ultimo e/c; 3) Perizia Adusbef. °°°°° Ai fini dell’art. 9 comma 5 della L. 488/99 e successive modifiche, si dichiara che il valore della presente causa è ________ (Max 2.500,00 euro) - Contributo Unificato di euro 62,00. °°°°°° PROCURA ALLE LITI: io sottoscritto _________________ delego l’Avv. ________________________ (convenzionato ADUSBEF) con studio in Via _________________, dove eleggo domicilio, a rappresentarmi e difendermi nel presente procedimento ed in ogni sua fase e grado, conferendo ogni e più ampio potere di legge, ivi compreso quello di transigere, rinunciare agli atti ed al giudizio, chiamare altri in giudizio, farsi sostituire da altri procuratori, con espressa preventiva ratifica di ogni atto ed operato. In fede _______________________ Per autentica della firma Avv. ___________________ __________, lì __________ Avv. _________________ RELATA DI NOTIFICA Io sottoscritto Ufficiale Giudiziario, addetto presso l’Ufficio notifiche del Giudice di Pace di __________, ad istanza come in atti ho notificato il suesteso atto a: 1) Banca __________, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in __________, via __________n. ___, presso lo studio del suo procuratore costituito, avv. __________, mediante consegna di copia conforme all’originale a: -------------------------------------------------------------------------------- [1] ADUSBEF Onlus, Associazione Difesa Consumatori e Utenti Servizi Bancari Finanziari Assicurativi e Postali è iscritta, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 5, legge 30 luglio 1998 n. 281, nell’elenco delle associazioni di tutela degli interessi dei consumatori ed utenti rappresentative a livello nazionale, con decreto del Ministero dell’Industria del 27 ottobre 1999, pubb. in G.U. del 4/11/99. Adusbef Onlus, per statuto, promuove ed assicura la tutela, sul piano informativo - preventivo, contrattuale e giudiziale - risarcitorio, dei fondamentali diritti: a) di natura economico - patrimoniale, quali il diritto alla correttezza, trasparenza ed equità nella costituzione e nello svolgimento dei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi, con particolare riguardo ai servizi finanziari e creditizi, per la prevenzione e tutela dal fenomeno sociale dell’usura, in armonia con le finalità di cui alla L. 7 marzo 1996 n.108 (Disposizioni in materia di usura), e successive modificazioni ed integrazioni; b) di natura informativo - divulgativa, quali il diritto ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità, nonché il diritto alla promozione e allo sviluppo dell’associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e tra gli utenti; c) di natura sociale generale, quali il diritto alla tutela della salute, alla sicurezza e alla qualità dei prodotti dei servizi, alla erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità ed efficienza, con particolare riguardo al servizio sanitario, al servizio postale, alla funzione pubblica di vigilanza prudenziale e controllo del credito, delle assicurazioni, del mercato mobiliare, del servizio farmaceutico, dei trasporti, delle telecomunicazione e servizi, nonché in materia urbanistica ed edilizia. Lo statuto è integralmente riportato nel sito www.studiotanza.it

15/11/2004

Documento n.4256

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