UNICREDIT: SONO PROFUMO,HO PROBLEMI !

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Sono Profumo, ho problemi ( Milano Finanza (milano finanza) del 12/01/2008 ) Milano Finanza Sono Profumo, ho problemi BANCHE/1 Lo scontro sul Banco di Sicilia vede il ceo di Unicredit vincitore sul piano del diritto ma indebolito su quello politico. E nel 2008 dovrà affrontare altre grandi partite, da Generali a Parmalat alla mina derivati. Ma il mercato crede ancora in lui. Sarà un incontro di cortesia, quello con il governatore della Regione Siciliana, Salvatore Cuffaro. Il ceo di Unicredit, Alessandro Profumo, riceverà con tutti i riguardi un suo importante azionista (0,6% circa), ma non intende arretrare di un millimetro dalla linea dura contro i "ribelli" del Banco di Sicilia. Certo, le diplomazie sotterranee e la mediazione che Gianni Puglisi, numero uno della Fondazione Bds (altro 0,6%), sta cercando di avviare, potranno avere l'effetto di sopire la contesa scatenata dal presidente del Banco di Sicilia, Salvatore Mancuso, attorno al tema della mancata valorizzazione delle professionalità dell'istituto siciliano da parte degli uomini Unicredit. Ma la strategia di Profumo non sarà toccata: l'integrazione della banca (e del gruppo Capitalia, a cui apparteneva) sta procedendo spedita e dovrebbe concludersi entro l'anno; i consiglieri del Banco che hanno nominato come direttore generale Giuseppe Lopes al posto di Roberto Bertola saranno rimossi, e forse verrà avviata anche un'azione di responsabilità. Insomma, secondo le previsioni di diversi osservatori, la partita è già virtualmente chiusa. Ma gli effetti mediatici, e in senso lato politici, stanno lì a dimostrare che Profumo non ne esce pieno vincitore. "La questione Bds poteva essere gestita in maniera più diplomatica da parte di Profumo", è la lettura che viene data negli ambienti delle fondazioni socie storiche di Piazza Cordusio. "Ha creato tensioni che si potevano evitare e che di conseguenza rallenteranno, anche se di poco, il processo di integrazione. In ogni caso si tratta di un errore tattico da parte di Profumo all'interno di una strategia complessiva che rimane valida. Alla fine l'incidente si chiuderà nel migliore dei modi". Già si parla infatti di un nuovo cda costituito da importanti esponenti dell'isola (si fa tra gli altri il nome del presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello), magari meno direttamente riconducibili a logiche di partito rispetto ad ora. Ma i critici, sia pure sottovoce, si chiedono: essendosi scontrato con un socio pubblico, quale prezzo Profumo potrebbe pagare per questa vittoria? E questo scontro non rischia di indebolirlo nei vari fronti che un gruppo così grande inevitabilmente si trova a dover gestire? La ostentata presunta lontananza di Unicredit dalle logiche di potere ha portato Profumo a disfarsi in breve tempo delle più delicate partecipazioni portate in dote da Capitalia, come Pirelli, Fiat e Rcs, oltre al 9,39% di Mediobanca (rimanendo comunque il primo azionista di Piazzetta Cuccia). Il rischio, suggerisce qualche critico, è di iniziare a contare di meno nella galassia del Nord, specie ora che l'equilibrio dei poteri si è spostato verso i due grandi vecchi della finanza, cioè Cesare Geronzi e Giovanni Bazoli, come ha mostrato per esempio il caso delle nomine in Telecom. Il peso di Profumo nelle partite che contano si vedrà ora nella battaglia in corso sulla governance delle Generali. Il ceo ha già fatto sapere come la pensa: Generali deve essere "un'impresa con una capitalizzazione da 60 a 70 miliardi, un azionariato frammentato e dei comportamenti esclusivamente ispirati dal mercato". La sua influenza sul Leone non verrà dunque meno, almeno per ora: "Alcuni dicono che Generali deve essere indipendente per esercitare loro un'influenza. Questo mi indispettisce", ha detto a fine ottobre a Les Echos. Resta il fatto che di problemi Profumo ne avrà da risolvere parecchi nel 2008: dalla stretta creditizia ai sub-prime, dalle cause Parmalat al rischio-derivati, al compimento dell'integrazione con Capitalia alla cura dell'espansione verso Est con i recenti acquisti di Ukrsotsbank in Ucraina e di Atf in Kazakhstan, alla debolezza del settore dell'investment banking di Mib. "Ma quale banca con la struttura di Unicredit, presente in 23 paesi, non ha problemi da risolvere?", si chiede retoricamente uno dei manager più vicini a Profumo. Vero, ma a fronte dei crolli del titolo sul mercato registrati a novembre, quando Unicredit arrivò a toccare 75 miliardi di capitalizzazione bruciando come valore i 20 miliardi della neoacquisita Capitalia, alla presentazione dei conti trimestrali (superiori alle stime degli analisti) è dovuto scendere in campo lo stesso Profumo, per smentire i rumors su una prossima ricapitalizzazione e fermare il crollo del titolo (che comunque si è mosso parallelamente all'indice bancario europeo). Anche gli analisti, nei report usciti a cavallo fra il 2007 e il 2008 hanno confermato la lettura del ceo di un target a fine 2007 di un tier 1 a 5,98% e l'obiettivo di un 6,5% nel 2008. A sostenere Profumo sono proprio gli analisti: le principali banche hanno inserito Unicredit fra le più raccomandate per il 2008, specialmente per la diversificazione delle sue fonti di ricavo. Così hanno fatto per esempio Ubs e Jp Morgan, mentre Ing ha attribuito al titolo spazio potenziale per una crescita del 29% con target a 7,02 euro (venerdì ha chiuso a 5,67 euro, +2,16%), e lo stesso ha fatto Kbw (target a 7,02 euro), secondo cui il titolo potrà salire anche del 23% visto che l'esposizione ai mutui sub-prime è limitata a 250 milioni e il consolidamento dei conduit (i veicoli di portafoglio fuori bilancio di Hvb) dovrebbe pesare solo 5 punti base sul Tier 1 del 2007. "Vedrete che alla fine tutti gli daranno di nuovo ragione quando presenterà i conti di fine anno e il nuovo piano industriale che terrà conto di Capitalia", continua il top manager di Unicredit. è il fronte italiano quello più evidente, fra i problemi. A cominciare dai crediti non performing di Capitalia. La pulizia avviata nel terzo trimestre (l'utile del gruppo romano è sceso a 82 milioni dai 241 del terzo trimestre del 2006) si concluderà con i conti di fine anno. I non performing loan di Capitalia, pari a 4,6 miliardi lordi, sono già stati tutti collocati in un veicolo apposito, Aspra Finance. Dentro vi si troverebbe di tutto, compresa la grana appena esplosa dei mutui irregolari concessi dal Banco di Sicilia a Roma, per circa 54 milioni di euro. Poi ci sono le incognite delle grandi cause: in Parmalat Unicredit fra le banche italiane è quella di fatto rimasta con il cerino in mano, dopo la maxitransazione di Intesa Sanpaolo. Ma da quell'orecchio Profumo non ci sente, tanto da non aver accantonato neanche 1 euro per un'eventuale sconfitta nei risarcimenti del danno. L'altra grana è la partita dei derivati: erano circa 10 mila i clienti corporate a fine settembre, con perdite potenziali per circa 1 miliardo di euro. (riproduzione riservata) Milano Finanza Numero 009, pag. 14 del 12/1/2008 Autore: Fabrizio Massaro. Milano Finanza Sono Profumo, ho problemi BANCHE/1 Lo scontro sul Banco di Sicilia vede il ceo di Unicredit vincitore sul piano del diritto ma indebolito su quello politico. E nel 2008 dovrà affrontare altre grandi partite, da Generali a Parmalat alla mina derivati. Ma il mercato crede ancora in lui. Sarà un incontro di cortesia, quello con il governatore della Regione Siciliana, Salvatore Cuffaro. Il ceo di Unicredit, Alessandro Profumo, riceverà con tutti i riguardi un suo importante azionista (0,6% circa), ma non intende arretrare di un millimetro dalla linea dura contro i "ribelli" del Banco di Sicilia. Certo, le diplomazie sotterranee e la mediazione che Gianni Puglisi, numero uno della Fondazione Bds (altro 0,6%), sta cercando di avviare, potranno avere l'effetto di sopire la contesa scatenata dal presidente del Banco di Sicilia, Salvatore Mancuso, attorno al tema della mancata valorizzazione delle professionalità dell'istituto siciliano da parte degli uomini Unicredit. Ma la strategia di Profumo non sarà toccata: l'integrazione della banca (e del gruppo Capitalia, a cui apparteneva) sta procedendo spedita e dovrebbe concludersi entro l'anno; i consiglieri del Banco che hanno nominato come direttore generale Giuseppe Lopes al posto di Roberto Bertola saranno rimossi, e forse verrà avviata anche un'azione di responsabilità. Insomma, secondo le previsioni di diversi osservatori, la partita è già virtualmente chiusa. Ma gli effetti mediatici, e in senso lato politici, stanno lì a dimostrare che Profumo non ne esce pieno vincitore. "La questione Bds poteva essere gestita in maniera più diplomatica da parte di Profumo", è la lettura che viene data negli ambienti delle fondazioni socie storiche di Piazza Cordusio. "Ha creato tensioni che si potevano evitare e che di conseguenza rallenteranno, anche se di poco, il processo di integrazione. In ogni caso si tratta di un errore tattico da parte di Profumo all'interno di una strategia complessiva che rimane valida. Alla fine l'incidente si chiuderà nel migliore dei modi". Già si parla infatti di un nuovo cda costituito da importanti esponenti dell'isola (si fa tra gli altri il nome del presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello), magari meno direttamente riconducibili a logiche di partito rispetto ad ora. Ma i critici, sia pure sottovoce, si chiedono: essendosi scontrato con un socio pubblico, quale prezzo Profumo potrebbe pagare per questa vittoria? E questo scontro non rischia di indebolirlo nei vari fronti che un gruppo così grande inevitabilmente si trova a dover gestire? La ostentata presunta lontananza di Unicredit dalle logiche di potere ha portato Profumo a disfarsi in breve tempo delle più delicate partecipazioni portate in dote da Capitalia, come Pirelli, Fiat e Rcs, oltre al 9,39% di Mediobanca (rimanendo comunque il primo azionista di Piazzetta Cuccia). Il rischio, suggerisce qualche critico, è di iniziare a contare di meno nella galassia del Nord, specie ora che l'equilibrio dei poteri si è spostato verso i due grandi vecchi della finanza, cioè Cesare Geronzi e Giovanni Bazoli, come ha mostrato per esempio il caso delle nomine in Telecom. Il peso di Profumo nelle partite che contano si vedrà ora nella battaglia in corso sulla governance delle Generali. Il ceo ha già fatto sapere come la pensa: Generali deve essere "un'impresa con una capitalizzazione da 60 a 70 miliardi, un azionariato frammentato e dei comportamenti esclusivamente ispirati dal mercato". La sua influenza sul Leone non verrà dunque meno, almeno per ora: "Alcuni dicono che Generali deve essere indipendente per esercitare loro un'influenza. Questo mi indispettisce", ha detto a fine ottobre a Les Echos. Resta il fatto che di problemi Profumo ne avrà da risolvere parecchi nel 2008: dalla stretta creditizia ai sub-prime, dalle cause Parmalat al rischio-derivati, al compimento dell'integrazione con Capitalia alla cura dell'espansione verso Est con i recenti acquisti di Ukrsotsbank in Ucraina e di Atf in Kazakhstan, alla debolezza del settore dell'investment banking di Mib. "Ma quale banca con la struttura di Unicredit, presente in 23 paesi, non ha problemi da risolvere?", si chiede retoricamente uno dei manager più vicini a Profumo. Vero, ma a fronte dei crolli del titolo sul mercato registrati a novembre, quando Unicredit arrivò a toccare 75 miliardi di capitalizzazione bruciando come valore i 20 miliardi della neoacquisita Capitalia, alla presentazione dei conti trimestrali (superiori alle stime degli analisti) è dovuto scendere in campo lo stesso Profumo, per smentire i rumors su una prossima ricapitalizzazione e fermare il crollo del titolo (che comunque si è mosso parallelamente all'indice bancario europeo). Anche gli analisti, nei report usciti a cavallo fra il 2007 e il 2008 hanno confermato la lettura del ceo di un target a fine 2007 di un tier 1 a 5,98% e l'obiettivo di un 6,5% nel 2008. A sostenere Profumo sono proprio gli analisti: le principali banche hanno inserito Unicredit fra le più raccomandate per il 2008, specialmente per la diversificazione delle sue fonti di ricavo. Così hanno fatto per esempio Ubs e Jp Morgan, mentre Ing ha attribuito al titolo spazio potenziale per una crescita del 29% con target a 7,02 euro (venerdì ha chiuso a 5,67 euro, +2,16%), e lo stesso ha fatto Kbw (target a 7,02 euro), secondo cui il titolo potrà salire anche del 23% visto che l'esposizione ai mutui sub-prime è limitata a 250 milioni e il consolidamento dei conduit (i veicoli di portafoglio fuori bilancio di Hvb) dovrebbe pesare solo 5 punti base sul Tier 1 del 2007. "Vedrete che alla fine tutti gli daranno di nuovo ragione quando presenterà i conti di fine anno e il nuovo piano industriale che terrà conto di Capitalia", continua il top manager di Unicredit. è il fronte italiano quello più evidente, fra i problemi. A cominciare dai crediti non performing di Capitalia. La pulizia avviata nel terzo trimestre (l'utile del gruppo romano è sceso a 82 milioni dai 241 del terzo trimestre del 2006) si concluderà con i conti di fine anno. I non performing loan di Capitalia, pari a 4,6 miliardi lordi, sono già stati tutti collocati in un veicolo apposito, Aspra Finance. Dentro vi si troverebbe di tutto, compresa la grana appena esplosa dei mutui irregolari concessi dal Banco di Sicilia a Roma, per circa 54 milioni di euro. Poi ci sono le incognite delle grandi cause: in Parmalat Unicredit fra le banche italiane è quella di fatto rimasta con il cerino in mano, dopo la maxitransazione di Intesa Sanpaolo. Ma da quell'orecchio Profumo non ci sente, tanto da non aver accantonato neanche 1 euro per un'eventuale sconfitta nei risarcimenti del danno. L'altra grana è la partita dei derivati: erano circa 10 mila i clienti corporate a fine settembre, con perdite potenziali per circa 1 miliardo di euro. Milano Finanza Numero 009, pag. 14 del 12/1/2008 Autore: Fabrizio Massaro.

12/01/2008

Documento n.7071

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