UN DE BENEDETTI ISOLATO E UN PO’ RANCOROSO ADESSO HA DECISO DI PASSARE ALL’ATTACCO

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UN DE BENEDETTI ISOLATO E UN PO’ RANCOROSO ADESSO HA DECISO DI PASSARE ALL’ATTACCO - VELTRONI NON LO APPASSIONA PIÙ E IL MERCATO, NELLE MANI DEI BERLUSCONES, VECCHI (GERONZI) E NUOVI (PASSERA), LO STOPPA… Da "Il Foglio" Che cosa ha in mente Carlo De Benedetti? Chi lo ha visto o anche solo sentito telefonicamente in questi giorni lo ha trovato di pessimo umore e un po' più aspro del solito. Ma anche chi non ha rapporti con lui, ma lo segue nei suoi interventi pubblici, ha notato che da un po' di tempo dà libero sfogo al suo carattere non dolcissimo e accomodante. Apre polemiche, non risparmia critiche e punture di spillo a nessuno, dai politici ai potenti della finanza come il presidente di Mediobanca, Cesare Geronzi. Sembra sul piede di guerra. I suoi giornali si muovono in sintonia con questo mood. Prendete, per esempio, la Repubblica di mercoledì scorso. In apertura di economia un titolo strillava: "Dieci spine nel portafoglio di Intesa Sanpaolo". Una strigliata all'istituto guidato da Corrado Passera, da sempre considerato pupillo di De Benedetti che lo ebbe a suo fianco per molti anni alla Cir e all'Olivetti. D'altronde, si può comprenderlo. L'ex tessera numero uno del Pd vede il partito contare quanto il due a briscola. Il capitalista constata che la sua Management&Capitali non primeggia per attivismo. Il finanziere non è più nei giri che contano. L'imprenditore deve scontrarsi con i marosi del mercato che gli bocciano il progetto di scissione delle sue attività in due tronconi. Ma la scontrosità è nel suo dna. Nessuno ha ancora dimenticato l'intervista che rilasciò nel giugno 2005 per commentare la crisi Fiat. Usò parole che sarebbe esagerato definire sprezzanti, ma che certo non erano lusinghiere nei confronti di Giovanni Agnelli, scomparso due anni prima, trattato come la causa prima dei guai in cui era finita la casa automobilistica. Un'uscita che provocò una reazione puntuale ed educata del nipote dell'Avvocato, John Elkann, sotto forma di una lettera mandata ai giornali. Una lezione di stile del giovane erede Agnelli, di fronte alla quale probabilmente l'Ingegnere avrà fatto spallucce. Ma la vis polemica gli è connaturata. Se n'è avuta una conferma ancora un mese fa quando ha annunciato di aver chiesto e ottenuto di diventare cittadino svizzero. Ha colto l'occasione per gettare una palata di fango: "Me ne vado perché ormai l'Italia non conta più nulla". Ecco, ce n'è per tutti. Come dice un operatore di Borsa che lo conosce da molti anni, CDB "ha una naturale predisposizione allo scontro". Ora favorita e accentuata dalle circostanze. Mercoledì l'assemblea dalla sua holding, la Cir, ha dovuto rinviare (forse cancellare) un progetto al quale teneva molto. Si trattava di dividere in due la Cir stessa: da una parte tutto il business dell'energia, della sanità, della finanza, della componentistica auto; dall'altra l'editoria con l'Espresso, la Repubblica, i giornali locali, ecc. La Cir 1 avrebbe dovuto avere come capo il figlio di De Benedetti, Rodolfo, solido e schivo personaggio amante dell'oscuro lavoro quotidiano e dei risultati concreti. La Cir 2 sarebbe invece andata sotto l'Ing. in persona. Il progetto non è piaciuto al mercato, tanto che i possessori di un eurobond da 300 milioni hanno lanciato un aut aut: se il prestito fosse stato accollato alla Cir si paventava un default dell'obbligazione. Non solo: il progetto di scissione è stato bocciato da Standard & Poor's. La quale ha minacciato di abbassare il rating della società fino a trattarla come un titolo spazzatura. Nessuna banca, d'affari o meno, è andata in suo soccorso. E nessuno si era mai permesso di usare termini simili parlando dell'impero di CDB. Un impero che nel tempo si è trasformato. Una volta sì era un impero frutto di epiche imprese. Alcune avventurose toccate e fughe, quanto remunerative, come quelle nella Fiat e nell'Ambrosiano. Altre sotto forma di spedizioni più stanziali come quella in Olivetti. Per non parlare di alcuni tentati blitz come quello nella Sme o nella belga Sgb. Tutte operazioni che mettevano CDB al centro dell'attenzione mediatica quotidiana: era uno dei condottieri che partecipavano ai giochi del potere vero. Adesso è diverso. Il gruppo dell'Ing. è una realtà di tutto rispetto, ma non di primissimo piano. Insomma, i guai arrivano dal business. Così come arrivano dall'altra sua grande passione, la politica. Com'è lontano il 2002 quando animava Libertà e Giustizia in appoggio al centrosinistra e vedeva allineati nomi come Claudio Magris, Umberto Eco e Giovanni Sartori. I suoi legami con i politici di oggi si sono allentati, anche in questo campo è ai margini. Forse si è messo ai margini: il Pd non è quello che aveva sperato. Resta la terza passione: l'editoria. Vi è entrato nel 1984 e da allora gioca in prima squadra. Possiede due delle migliori testate nazionali, la Repubblica e l'Espresso. E' in sintonia con i due direttori. Insieme fanno faville. Anche se nel caso di Rep. con alcune linee ambivalenti: quella barricadera di Giuseppe D'Avanzo e quella più istituzionale di Massimo Giannini. Così questo signore di 74 anni che ha vissuto intensamente ha deciso che d'ora in poi (piaccia o no al mercato) si dedicherà ai suoi giocattoli di carta. Farà notizia.

19/10/2008

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