TERREMOTO: L'ANSA NELL'OSPEDALE DELLE POLEMICHE

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» 2009-04-16 12:36 L'Aquila: l'ANSA nell'ospedale delle polemiche di Vincenzo Sinapi e Alessio Taralletto L'AQUILA - San Salvatore, l'ospedale delle polemiche. La procura dell'Aquila dice che è "uno dei punti-chiave" dell'inchiesta sui crolli del terremoto e ne ha sequestrato alcune aree per preservarle da "contaminazioni". C'é chi dice (l'ingegnere dell'Enea Alessandro Martelli) che è stato costruito utilizzando cemento "annacquato", che non ha retto alla compressione del sisma sgretolandosi come fosse "borotalco". Uno dei progettisti (Cesare Squadrilli) sostiene invece che "é stato costruito secondo tutti i crismi della legge in vigore allora, quando la città era ancora zona sismica di seconda categoria" e quindi "é stato fatto in piena regola". Ma come stanno davvero le cose? Sarà la magistratura, naturalmente, a stabilirlo. La sola cosa che si può fare, ora, è andare a vedere di persona e, con l'aiuto di chi di se ne intende, cercare di capire qualcosa. Per tutta la mattina l'ingegner Mario Pompei, dirigente dell'area rischio sismico della Regione Marche, che all'Aquila coordina un team di esperti incaricati di verificare l'agibilità degli edifici colpiti dal sisma, ispeziona tutti i reparti accompagnato dall'ANSA. Alla fine dice: "L'ospedale dell'Aquila certamente non è agibile nella funzionalità. Strutturalmente, però, sono poche le zone che devono essere recuperate da zero. Molte di più quelle che invece possono essere ripristinate con interventi di minore portata". L'ospedale San Salvatore, inaugurato nove anni fa, in realtà non è distrutto, come spesso si dice. Non c'é nessuna ala crollata: l'enorme struttura è tutta in piedi e, guardando dall'esterno, oltre alle crepe, si vede solo una grande apertura, nella parte frontale, proprio sopra l'ingresso per le auto dirette al pronto soccorso. I pilastri e i solai sono lì, al loro posto. Sono crollate le tamponature, ovvero le porzioni di muratura in cemento e mattoni che colmano i vuoti tra le travi di cemento armato. Anche le lesioni più macroscopiche, le crepe che tagliano buona parte delle pareti, secondo l'ingegner Pompei "interessano elementi non strutturali". Muri di riempimento e rivestimenti in cortina di mattoni. Il quadro non cambia di molto anche all'interno del nosocomio. Il sopralluogo effettuato ha riguardato tutti i padiglioni, ambulatori compresi. A colpire l'occhio del visitatore è la fretta con cui i locali sono stati abbandonati. Le tracce della presenza dei degenti e del personale sono ovunque. Tutto è rimasto così come è stato lasciato in fretta nella notte del sisma. I libri e le riviste ancora sui comodini delle stanze, i vestiti e gli effetti personali sui letti e sui pavimenti, le medicine ancora sui carrelli. L'occhio dell'esperto, però, guarda altrove. Alle rampe delle scale, o ai giunti antisismici, elementi indicativi per giudicare la qualità costruttiva o di progetto di un edificio. I giunti, in particolare. Ovvero le interruzioni volutamente lasciate tra gli elementi di cemento armato che, in caso di terremoto, permettono ai singoli corpi di fabbrica di muoversi e oscillare senza andare a impattare l'uno con l'altro. Al San Salvatore i giunti ci sono, e "hanno fatto il loro lavoro, anche se in alcuni casi erano troppo vicini", spiega ancora l'ingegner Pompei, che - professionalmente parlando - ha quattro terremoti alle spalle. Le lesioni all'interno dell'ospedale sono sì diffuse, ma "apparentemente non strutturali". Intonaci caduti, controsoffitti crollati e, come all'esterno, tamponature che hanno ceduto. Le carenze, però, ci sono. E sono importanti. L'area dell'ospedale che ha subito i danni maggiori è quella immediatamente alle spalle del cosiddetto "delta medicina". Ad esempio l'ingresso per le auto e la porzione di edificio che lo sovrasta. Qui due pilastri "sono stati completamente tagliati: le staffe non si vedono e gli altri ferri sono piegati e fuoriusciti. Questo non dovrebbe mai succedere, e tanto meno in un edificio strategico come un ospedale", spiega Pompei. Lesioni importanti anche nei pressi dei locali adibiti a mensa, dove sulle gettate di cemento armato sono evidenti le crepe e i tagli che passano i muri da parte a parte. Qui, a detta di Pompei, il problema è duplice. Da un lato i tondini di ferro che armano il cemento: molti sono "lisci", non hanno la caratteristica zigrinatura che permette al cemento di far presa con il metallo. Poi le "staffe", ovvero i ferri posti orizzontalmente, a legare e consolidare l'armatura. Ci sono, ma sono troppo distanti e troppo poche. Il problema maggiore, però, riguarda il calcestruzzo stesso. "Troppo friabile", spiega l'ingegnere della Protezione Civile, mentre con le mani spezza senza fatica un frammento di muro. "Sicuramente alcune zone devono essere radicalmente recuperate per carenze strutturali - dice Pompei al termine del sopralluogo -. Nella maggior parte delle strutture queste carenze non si osservano: occorrerà però certamente verificare e ripristinare la funzionalità del complesso".

16/04/2009

Documento n.7876

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