STRESS TEST: FA BENE SOLO ALLE BANCHE ?

in Articoli e studi
Uno stress che fa bene alle banche? Paolo Raimondi, economista Mario Lettieri, ex sottosegretario all’Economia (governo Prodi) Roma, 12 maggio 2009 Sembrerebbe che lo “stress test” faccia bene alle banche. Nei fatti finora così non è. Quasi tutti i media hanno riportato che la simulazione di crisi fatta sulle 19 più grandi banche americane, che si pensava fossero a rischio di bancarotta, avrebbe dato dei risultati inaspettatamente rassicuranti: 9 di loro starebbero bene e per le restanti dieci basterebbero 75 miliardi di dollari di capitale fresco, che naturalmente il governo e i cittadini americani metterebbero a loro disposizione tramite il Programma di Assistenza per il Capitale del Tesoro, per affrontare eventuali future turbolenze. Se fosse veramente così, si potrebbe dire che l’emergenza finanziaria è finita, ma la realtà sembra essere un po’ differente. Si ricordi che gli autori della simulazione di controllo, la Federal Reserve, l’Office of the Comptroller of the Currency e la Federal Deposit Insurance Corporation (l’importante FDIC che garantisce i depositi sui conti bancari) nei mesi passati non erano stati capaci di prevedere la più grave crisi bancaria della storia. Il test consiste in una simulazione al computer con modelli econometrici per saggiare la tenuta delle grandi banche in situazioni di aggravamento delle crisi economica. Di fatto i dati di ogni banca vengono inseriti in un programma che simula delle situazioni alternative attraverso l’introduzione di variabili economiche matematiche. I dati vengono poi analizzati per definire gli interventi e le soluzioni ad eventuali mancanze e difficoltà di gestione. E’ un esercizio che può essere di grande aiuto se fatto bene e con l’unico scopo di individuare situazioni di difficoltà per apportare delle correzioni. Lo stress test è stato fatto su due scenari economici, uno cosiddetto “base line” che segue le previsioni correnti generalmente accettate e un secondo “more adverse” che prende in considerazione una “flessione economica più profonda e prolungata” per il 2009 e il 2010. Le variabili economiche fondamentali usate sono gli andamenti del PIL, del tasso di disoccupazione e dei prezzi medi delle case. Sono variabili utili ma assolutamente insufficienti per analizzare il possibile andamento futuro della crisi finanziaria. Se si prende in considerazione lo scenario “more adverse”, in quanto quello “base line” è veramente troppo ottimista, si hanno variabili così definite: il PIL diminuisce del 3,3% nel 2009 e aumenta dello 0,5% nel 2010, la disoccupazione è rispettivamente dell’8,8% e del 10,3% e i prezzi delle case scendono del 22% e l’anno prossimo solamente del 7%.. Nonostante che il resoconto dica che siano stati presi in considerazioni tendenze che sono peggiori di quelle che si è avuto nei momenti più bui della crisi degli Anni Trenta, purtroppo a noi pare che gli esperti controllori siano stati ancora una volta troppo benevoli. Infatti i dati ufficiali più recenti danno una contrazione del PIL americano su base annuale del 6,1% per il primo trimestre 2009 e un tasso di disoccupazione ad aprile dell’8,9%. L’indice di riferimento per i prezzi delle case, il cosiddetto indice Case-Shiller per le 10 maggiori aree metropolitane, segna a febbraio un calo annuale del 18,6%. E alcuni analisti sostengono che non si è raggiunto ancora il fondo. In ogni modo, sulla base del secondo scenario, la Fed stima che per i due anni 2009 e 2010 le 19 banche dovranno far fronte a una perdita di 600 miliardi di dollari (che salgono a 950 se si calcolano le perdite a partire dall’esplosione della crisi nel 2007). Di questi, 455 miliardi sarebbero perdite nel portafoglio-prestiti in ipoteche e crediti al consumo, ciò significa che il 9,1% dell’intero pacchetto crediti sarebbe inesigibile. Ma i risultati non sembrano essere completamente veritieri: oltre agli andamenti previsti molto più positivi di quanto lo siano realmente, il test non ha analizzato la situazione finanziaria delle banche in tutta la sua drammaticità. Anche il FMI ha recentemente descritto come le banche tendano a mantenere nascoste molte passività e che su circa 500 miliardi di perdite nel sistema bancario, solamente 200 sono iscritte a bilancio. Inoltre le simulazioni hanno quasi completamente ignorato l’enorme bolla speculativa dei derivati OTC (Over The Counter) negoziati fuori dei mercati regolamentati e mantenuti fuori bilancio. Un risultato dello stress test “more adverse” indica in circa 100 miliardi di dollari eventuali perdite di controparte per contratti OTC. Desta forti perplessità la mancanza di riferimenti espliciti alla bolla dei derivati OTC in mano alla JP Morgan Chase che da sola ne detiene per oltre 87.000 miliardi di dollari in valore nozionale. Ma la carenza più grave del modello Fed applicato nella simulazione di crisi la fa rilevare indirettamente la nostra Banca d’Italia. Infatti un recente studio di Antonella Foglia sui metodi degli stress test afferma che “la simulazione di stress test fornisce informazioni su perdite potenziali provocate da shocks di carattere eccezionale ma plausibile, aiutando così gli esperti a valutare la vulnerabilità del sistema”. E’ proprio quello che la simulazione di crisi con le banche americane non ha fatto: non ha condotto una simulazione in situazione di shock, bensì solo di un andamento negativo, ma non di un evento eccezionale. Se uno stress test, simile a quello realizzato nei giorni passati, fosse stato fatto prima del crollo dei mutui sub prime, non avrebbe dato alcun avviso di un crollo imminente, ma solamente una serie di vaghe preoccupazioni e forse qualche invito a fare maggior attenzione, ma niente più. Per queste ragioni dobbiamo purtroppo dire che il test è stato una vera occasione mancata. Non è stata fatta una simulazione che doveva ipotizzare una situazione di shock per identificare i comportamenti più rischiosi e le operazioni speculative più pericolose al fine di approntare gli aggiustamenti correttivi di emergenza. Perciò suscitano preoccupazione le recenti dichiarazioni del segretario del Tesoro americano Timothy Geithner, riportate anche su La Repubblica dell’8 maggio, che starebbero dando luogo ad un ottimismo, anche con riverberi in Italia, che potrebbe rivelarsi infondato. L’Amministrazione starebbe creando un mercato per i legacy loans e i legacy securities, che più prosaicamente sono conosciuti come parte dei titoli tossici. Inoltre, con la dichiarata emissione di nuovi “titoli sostenuti da presiti al consumo e per l’acquisto di automobili”, la scelta sarebbe una ripetizione di un meccanismo perverso che ha determinato l’esplosione del sistema finanziario. L’ottimismo non guasta mai, però i conti vanno fatti sempre con la cruda realtà dei numeri.

14/05/2009

Documento n.7921

Sostieni i consumatori, sostieni ADUSBEF!

Puoi sostenere ADUSBEF anche attraverso il 5 x 1000: in fase di dichiarazione, indica il codice fiscale 03638881007

Informativa sull'uso dei Cookies

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.OK