Senato. LANNUTTI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Sulla Banca d'Italia

in Articoli e studi
Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-03523 Atto n. 4-03523 Pubblicato il 27 luglio 2010 Seduta n. 411 LANNUTTI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che: la Banca d'Italia è un istituto di diritto pubblico, che trova la propria legittimazione nell'attuazione del principio di cui all'art. 47 della Costituzione italiana. Persegue finalità d'interesse generale nel settore monetario e finanziario, esercitando le proprie attribuzioni con autonomia e indipendenza, nel rispetto del principio di trasparenza, secondo le disposizioni della normativa comunitaria e nazionale. Coerentemente con la natura pubblica delle funzioni svolte e consapevole dell'importanza dei propri compiti e responsabilità, l'Istituto, in quanto autorità amministrativa indipendente, cura la diffusione di dati e notizie con la massima ampiezza informativa; tra le varie funzioni che svolge si richiamano l'attività di vigilanza e controllo sulle banche, sugli intermediari finanziari, di cui agli articoli 106 ("elenco generale") e 107 ("elenco speciale") del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993), che viene attuata emanando regolamenti, impartendo istruzioni e assumendo provvedimenti nei confronti degli intermediari finanziari. La Banca d'Italia, inoltre, svolge, ai sensi dell'articolo 146 del testo unico bancario, attività di sorveglianza sul sistema dei pagamenti; con l'art. 2-bis del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, il legislatore ha dichiarato la nullità delle clausole contenenti le commissioni di massimo scoperto, ossia le clausole del contratto bancario di apertura di credito (detto anche fido bancario), secondo cui agli interessi convenzionali si doveva sommare una percentuale, calcolata al tasso convenuto, sulla massima esposizione avuta sul conto corrente durante il trimestre di riferimento. Secondo la nuova norma, le commissioni di massimo scoperto sono giudicate nulle se il saldo del cliente risulti a debito per un periodo continuativo inferiore a 30 giorni, cioè se esse siano percepite a fronte di utilizzi in assenza di fido; oggetto di estirpazione dall'ordinamento sono anche le provvigioni di conto. Si tratta di quelle clausole che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma, o che, anche, prevedano una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente; se questo è l'assetto normativo, la pratica commerciale delle banche ha trovato nuove forme, ad esempio, concedendo un fido bancario correlato ad una autorizzazione ad andare in rosso per l'ammontare del fido, con il conseguente aggravio economico per il cliente che subirà una decurtazione di una percentuale su quanto è stato utilizzato, ovvero introducendo un tasso debitore annuo nominale sulle somme utilizzate; su questa pratica commerciale scorretta ed illegittima, oltre alle varie segnalazioni evidenziate già in questa sede da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCOM), si deve recepire come l'interesse leso abbia una legittimazione sociale diffusa nella collettività. In particolare, il Codacons ha avviato due class action contro due istituti bancari al fine di veder dichiarata l'illegittimità di queste clausole; proprio per l'incidenza sui diritti degli utenti, il Codacons aveva presentato due istanze di accesso, rispettivamente all'AGCOM e alla Banca d'Italia, volte ad ottenere la documentazione relativa alle strutture remunerative applicate dalle banche a seguito della entrata in vigore del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Chiedevano, altresì, di conoscere l'elenco di tutte le banche sottoposte alla indagine e quindi, per ciascuna delle predette banche, acquisire copia di tutta la documentazione esaminata dalla Banca d'Italia nello svolgimento della indagine in parola; alla suddetta istanza, da parte della Banca d'Italia è stato opposto il diniego ed il Codacons ha dovuto presentare ricorso, r.g. 3847/2010, contro la Banca d'Italia e il Ministero dell'economia e delle finanze, avente ad oggetto il rigetto dell'istanza di accesso - ricorso ex art. 22 della legge n. 241 del 1990, poiché gli atti richiesti erano inerenti sia alla problematica delle cosiddette commissioni di massimo scoperto, ma anche e soprattutto alle attività di controllo che le preposte autorità devono svolgere in materia di contratti bancari, in ottemperanza alle regole relative alla trasparenza contrattuale; non è confortante rilevare che, oggi, in un mercato finanziario il quale dovrebbe aver raggiunto, su spinte comunitarie e poi nazionali, un livello di concorrenzialità e stabilità congruo rispetto alla media europea ed internazionale, si possono ancora verificare eventi della specie di quello di cui si tratta qui, capaci cioè di effetti dirompenti in termini di alterazione delle dinamiche economiche del mercato dei capitali, nonché costituenti un indubbio vulnus alla solidità del rapporto banca-cliente; se, quindi, si pone mente all'essenzialità, come oggi viene universalmente rappresentata, della "trasparenza" dei comportamenti degli intermediari, prima che dei loro assetti, nei confronti della clientela, è il caso di rilevare come l'azione della Banca d'Italia in campo antitrust non sia da inquadrare solo in termini repressivi, in quanto in un mercato perfettamente concorrenziale trovano tutela anche e soprattutto gli utenti finali oltre che le imprese ivi operanti; l'attività di indagine svolta dalla Banca d'Italia in ordine alle clausole relative alle commissioni di massimo scoperto ed oggetto dell'istanza di accesso di cui si tratta non può essere ad avviso dell'interrogante apoditticamente ricondotta alle ipotesi di secretazione poiché gli atti richiesti non hanno nulla a che vedere con l'attività di vigilanza (art. 51 del testo unico bancario) della Banca d'Italia, ovvero quella volta ad assicurare un'oculata e prudenziale gestione degli istituti bancari a livello patrimoniale, a tutela dei clienti, e dove la vigilanza ispettiva appare strumentale a tale attività; in particolare, l'art. 128 del testo unico bancario, rubricato "Controlli" posto nel capo III, dedicato alle regole generali e controlli, del titolo XVI rubricato "trasparenza delle condizioni contrattuali" prevede che "Al fine di verificare il rispetto delle disposizioni del presente titolo, la Banca d'Italia può acquisire informazioni, atti e documenti ed eseguire ispezioni presso le banche, gli istituti di pagamento e gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale previsto dall'art. 107" che è senz'altro identificabile in quell'attività presupposta ai documenti in relazione ai quali gli odierni ricorrenti hanno chiesto l'ostensione con l'istanza di accesso del 17 febbraio 2010; meritevoli di attenzione sono le affermazioni che nelle vicende processuali sono state avanzate a difesa della Banca d'Italia, e segnatamente a pag. 17 della memoria in possesso dell'interrogante: "la tematica delle condizioni economiche applicate dagli intermediari è oggetto della costante attenzione dell'Autorità di vigilanza, in considerazione del rilievo che tale aspetto assume tanto ai fini dell'instaurazione di relazione corrette e trasparenti con la clientela, quanto dalla sana e prudente gestione e della stabilità degli intermediari vigilati, considerati i possibili rischi legali e reputazionali connessi ad eventuali irregolarità in materia"; leggere, da un lato, l'ammissione che tali pratiche possano far scaturire danni per i clienti ed esporre la banca a dover corrispondere a onerose richieste di risarcimento (pag. 17) e, poi, a pag. 23 che, "la diffusione di informazioni (…) potrebbe pregiudicare l'efficace esercizio della vigilanza e costituire un vulnus per la stessa stabilità del sistema finanziario (…). Si pensi, ad esempio, al panico che si potrebbe generare trai depositanti, per effetto della diffusione dei dati relativi alla situazione patrimoniale di una banca o ai suoi comportamenti illegittimi prima dell'adozione delle necessarie misure di vigilanza con conseguente «corsa agli sportelli» (...)"; difese che lasciano interdetto l'interrogante laddove acclarano una scelta di sacrificare le strette regole di correttezza e trasparenza nei rapporti bancari con i clienti, a favore di un'ingiustificata ed inammissibile tutela della "serenità degli addetti allo sportello"; la pericolosità sistematica di detta risposta richiede una pronta reazione a livello governativo poiché l'attuale assetto, già chiaro nei contenuti, impone che l'attività di controllo in questione attenga ai rapporti tra singole banche e privati, senza che ciò possa avere incidenza sulla stabilità complessiva, sull'efficienza e sulla competitività del sistema finanziario di cui sopra, né tanto meno nei documenti in cui tale attività si concretizza e di cui viene chiesta l'ostensione, possono essere rinvenuti dati riferiti a singole posizioni di terzi da secretare; ad avviso dell'interrogante sarebbero opportune iniziative volte a: contrastare l'affievolimento della funzione di trasparenza propria della Banca d'Italia, tenuto conto che, a fronte delle nuove pratiche commerciali illegittime, la Banca d'Italia oppone argomentazioni anacronistiche al legittimo esercizio del diritto di accesso, in palese contrasto alla finalizzazione dell'operato di controllo della Banca all'obiettivo di facilitare le scelte degli operatori, che, essendo il più delle volte utenti privi di competenze professionali, si affidano alle banche per gestire i propri risparmi, così da consentire lo sviluppo di un'effettiva concorrenza tra le banche; a far sì che non vengano arbitrariamente ricondotte nell'alveo del segreto d'ufficio informazioni - richieste in forza di istanza d'accesso - volte alla conoscenza di dati inerenti al rispetto della normativa in materia di massimo scoperto ed intimamente connesse al rapporto negoziale fra istituti bancari ed i loro clienti, si chiede di sapere quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per favorire l'effettività della funzione di vigilanza e controllo, anche attraverso il potenziamento dell'istituto dell'accesso agli atti delle pubbliche amministrazioni.

28/07/2010

Documento n.8686

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