SE GERONZI RIUSCISSE A DIVENTARE “PADRONE” DI MEDIOBANCA – FACENDO FUORI L’ASSE DRAGHI-NAGEL-PAGLIARO – LA TELECOM BY BERNABÈ FINIREBBE NEI RICORDI

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GRANDI MANOVRE - SE GERONZI RIUSCISSE A DIVENTARE “PADRONE” DI MEDIOBANCA (E GENERALI) – FACENDO FUORI L’ASSE DRAGHI-NAGEL-PAGLIARO – LA TELECOM BY BERNABÈ FINIREBBE SUBITO NEL CESTINO DEI RICORDI… Francesco Manacorda per La Stampa Quotazioni in calo, tensioni in aumento. A due anni dalla crisi dell’estate 2006 che alla fine costrinse Marco Tronchetti Provera a mollare il timone della Telecom, nuvole assai simili si addensano oggi, anche se in forme diverse, sulla società. Nuvole giudiziarie che pure dopo la chiusura dell’inchiesta sui dossier illegali in casa Pirelli-Telecom lasciano partire spifferi velenosi; nuvole politiche, visto che all’improvviso il vecchio tema dell’«italianità» della compagnia telefonica torna nell’agenda del governo. E più in generale una nebbia che in questi giorni avvolge e minaccia di destabilizzare anche l’attuale vertice di Telecom, scelto dagli azionisti Mediobanca e Intesa appena lo scorso aprile ed oggi, ad ascoltare certe voci, già suscettibile di modifiche. Il dato di fatto sotto gli occhi di tutti è la caduta libera del titolo Telecom, che dall’inizio dell’anno ha perso il 42% e naviga adesso a livelli vicini a 1,2 euro, ossia ben meno della metà dei 2,82 euro a cui quindici mesi fa la Telco - dentro ci sono gli spagnoli di Telefonica, Intesa, Mediobanca, Generali e i Benetton - è diventata azionista di maggioranza relativa della società con il 23,6%%. Una caduta che innesca tre reazioni distinte ma in qualche caso intrecciate: ipotesi su possibili Opa, che per ora non paiono all’orizzonte ma la cui probabilità aumenta man mano che il titolo scende; insoddisfazione degli azionisti che vedono quasi dimezzato il loro investimento e nel caso di Telefonica non hanno quello spirito di sacrificio che contraddistingue normalmente il sistema bancario e assicurativo nazionale; fibrillazioni supplementari per l’amministratore delegato Franco Bernabè e per il presidente Gabriele Galateri, che devono scrollarsi di dosso l’accusa di assenza di strategie. Così proprio Bernabè, secondo alcune indiscrezioni, potrebbe essere spostato dai soci alla posizione di presidente, affiancandogli un nuovo ad. Una prospettiva che all’attuale vertice Telecom non piace di certo, tanto che da settimane ci si interroga su chi - tra i soci bancari - la stia prospettando. E il tema dell’italianità? A voler essere maliziosi si potrebbe pensare che la politica - entrata con grande scandalo in Telecom all’epoca del caso Rovati e del governo Prodi - torni allegramente a interessarsi alle sorti del gruppo telefonico. Appelli a che Telecom resti italiana sono stati attribuiti in primis a Silvio Berlusconi, poi sono stati esplicitamente ripetuti dal ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola. C’è pure chi - come Mario Valducci (Pdl), presidente della Commissione trasporti della Camera - si spinge a posizioni che ricordano quelle di Rovati, spiegando che vuole una rete Telecom sostanzialmente nazionalizzata. Evidente, che questo tema sia legato alla presenza degli spagnoli di Telefonica, principali soci di Telco. Ma qui bisogna distinguere tra la posizione del direttore generale del gruppo spagnolo Julio Linares, che mantiene un atteggiamento di sostanziale collaborazione con il vertice Telecom, e quella invece del presidente Cesar Alierta che - pressato dagli azionisti che non digeriscono l’investimento - sta cercando di fare sponda con la famiglia Fossati, socia al 4,5% di Telecom, di fare pressione sul management anche al di fuori del cda. Proprio l’arrivo dello stesso Alierta in Italia per conferire con Silvio Berlusconi ha probabilmente innescato la risposta del governo, ma dipingere gli spagnoli come barbari alle porte è sbagliato. Soprattutto perché non sono alle porte, ma sono già in casa e con il diritto di prendere tutto l’appartamento visto che sono titolari di un’opzione call che dà loro il diritto ad acquistare tutta la Telco se le azioni Telecom in pancia alla holding venissero offerte a soggetti terzi. Quello che accade dentro e attorno a Telecom, però, non si può certo considerare disgiunto da ciò che sta avvenendo, proprio in queste ore, in uno dei centri del potere finanziario italiano come Mediobanca. La mossa di Cesare Geronzi, che nel giro di pochi giorni sta cercando di riportare piazzetta Cuccia a un sistema di governance che gli consentirà di essere l’unico presidente appare inevitabilmente collegata ai destini del gruppo telefonico, non foss’altro che per la presenza della stessa Mediobanca e della sua controllata Generali in Telco. Chi avesse vocazioni da futurologo potrebbe già disegnare scenari che vedono nuovi giochi di incastri tra Mediobanca e Generali e un futuro diverso da quello attuale per la Telecom. I fatti, per ora, dicono solo che le grandi manovre sui telefoni italiani sono ripartite. Dagospia 27 Luglio

27/07/2008

Documento n.7433

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