Repubblica. Obamna: "Non ridiamo l'America ai bancarottieri"

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22/10/2010 - MARATONA ELETTORALE DEL PRESIDENTE PER RIMONTARE IL VANTAGGIO REPUBBLICANO. IL GURU AXELROD: "LA CORSA È ANCORA LUNGA" "Non ridiamo l'America ai bancarottieri" Obama riparte dall'Oregon: "Abbiamo aggiustato l'auto, ora loro vogliono le chiavi" INVIATO A CHICAGO Barack Obama inizia dall’Oregon la maratona di comizi che punta a scongiurare la sconfitta dei democratici nelle elezioni per il Congresso ma Portland lo accoglie con scarso entusiasmo. Se due anni fa sul Waterfront Park si ammassarono in 75 mila per ascoltarlo, in quella che fu la più grande folla della campagna, dentro il Convention Center questa volta sono appena in ottomila, con gli organizzatori a vantare un «successo dei numeri» perché alla vigilia i biglietti venduti non arrivavano a cinquemila. Salendo sul palco, il presidente affronta il nodo dell’apatia dei democratici fiaccati dalla crisi economica. «Non dubito che sono elezioni difficili - ammette - a volte le speranze possono svanire». E subito dopo si lancia in un duro attacco ai repubblicani, spiegando che se dovessero vincere «torneremmo indietro, verso un’America dove i ricchi non pagano le tasse, i poveri non ricevono aiuti e le assicurazioni private hanno il monopolio della salute». Per Obama i repubblicani - che i sondaggi danno per favoriti alla Camera, con un testa a testa per il Senato - sono «il partito che ha ereditato il surplus di Clinton e lo ha sostituito con una voragine di debiti che ci ha lasciato in eredità, imputando poi a noi di averla creata». Al fine di illustrare la scelta da fare nelle urne del 2 novembre, il presidente ricorre a una metafora: «È come se i repubblicani avessero buttato un’auto nel fosso, noi l’abbiamo recuperata e messa a nuovo, e ora ci chiedono di dar loro le chiavi per tornare alla guida». Toni e termini descrivono un presidente tutto all’attacco in un blitz di quattro giorni in cinque Stati - ieri sera ha parlato a Seattle - che il capo della campagna della Camera Chris van Hollen accompagna con strigliate pubbliche ai candidati troppo remissivi: «Avrebbero dovuto mobilitarsi da tempo per portare la gente alle urne». A dare qualche speranza di recupero sono i dati sulle votazioni in corso in alcuni Stati, dove un totale di tre milioni di elettori ha già espresso la preferenza, con un’affluenza di democratici superiore alle attese. A crederci è il guru David Axelrod: «La notte elettorale finirà all’alba, non andate a dormire troppo presto». Ma le difficoltà sono evidenti anche in roccaforti liberal come l’Oregon, dove il governatore uscente è impegnato in una lotta all’ultimo voto con lo sfidante repubblicano in un’atmosfera che ha spinto il deputato democratico Kurt Schrader a disertare il comizio di Obama nel timore che la foto potesse nuocergli. Le difficoltà dei democratici sono state al centro di una riunione elettorale a River Forest, nei sobborghi di Chicago, dove è intervenuto Ralph Martire, direttore del Center for Tax and Budget Accountability del cui cda Obama ha fatto parte per anni. «Barack è un altruista e pensa al prossimo, di slancio, ma come presidente proprio non funziona - ha detto Martire, tradendo palese amarezza - perché per governare a Washington bisogna essere capaci di non rispettare nessuno».

22/10/2010

Documento n.8744

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