POLITICA: L'AZZURRO ED IL BUZZURRO. SILVIO MESSO AL MURO DA FINI ? ROTOLA DAVVERO LA TESTA DI TREMONTI ?

in Articoli e studi
tratto da www.dagospia.it L’AZZURRO E IL BUZZURRO – 2009 COME 2003, SILVIO MESSO AL MURO DA FINI – LA RICHIESTA PER SIGLARE LA PACE PER LA TRIBOLATA NASCITA DEL PDL È SEMPRE QUELLA: VOGLIO LA TESTA DI GIULIETTO TREMONTI – E IL CAVALIERE DEL CIALIS CHINÒ LA TESTA… Claudio Tito per La Repubblica «Lo sapete che sarete voi a succedermi, che toccherà a voi guidare il centrodestra». Era il 30 settembre del 2003. Intorno ad un tavolo c´erano Silvio Berlusconi, Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini. Una cena a casa dell´allora presidente della Camera per diradare le nubi che si stavano addensando sulla Casa delle libertà. E per la prima volta il Cavaliere usò esplicitamente il termine «delfini». Per rabbonire gli alleati recalcitranti. Esausti dal movimentismo "nordista" di Umberto Bossi. Sono passati 5 anni ma la scena non cambia. Tutto sembra congelato. Ieri (venerdì, ndD) a pranzo, intorno ad un tavolo analogo non c´era più il leader centrista, ma c´erano ancora il Cavaliere, il capo di An e il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Gianni Letta. Al piano nobile di Montecitorio, nell´appartamento privato del presidente della Camera, il premier ha allora risfoderato la medesima arma: «Stai tranquillo, lo sai che dopo di me...». E se 5 anni fa i due interlocutori, Casini e Fini, risposero sventagliando solo dosi massicce di scetticismo, stavolta il commensale superstite si è indispettito e lo ha stoppato prima che completasse il discorso. Sapeva che Berlusconi avrebbe rigiocato quella carta. Ormai consumata. Lo aveva previsto nei giorni scorsi con i suoi fedelissimi: «una presa in giro». Così, aveva preparato la risposta per non farsi irretire. «Lascia stare la successione - è stato il suo ragionamento - non mi interessa. A me interessa fare un Pdl forte, strutturato. Ci sarà il tempo di parlare di quel che dovrò fare io». Come va ripetendo da giorni pure il "reggente" aennino Ignazio La Russa, «il problema di quel che farà Gianfranco si porrà tra quattro anni». Nel frattempo Fini non si fida più delle rassicurazioni berlusconiane. Si è convinto che la battaglia per la futura leadership non potrà avvenire per semplice linea ereditaria. E quindi vuole garanzie, regole. Soprattutto se il premier dovesse passare ad un altro incarico istituzionale, l´inquilino di Montecitorio intende avere la certezza che la "corsa" alla successione si possa disputare secondo norme codificate e non secondo le consuetudini del "partito leggero". Quindi «serve» uno statuto per il nuovo partito. In modo tale che nessuno possa pensare di battezzare «in autonomia» il vertice del Popolo delle libertà. Il "dopo-Berlusconi", secondo An, dovrà passare per un voto congressuale. Non a caso, se ieri c´è stato un momento di tensione questo ha riguardato proprio i criteri con cui eleggere il presidente del partito. Il premier ha provato a ipotizzare la strada della «acclamazione». Ma lo stop è stato immediato. «La scelta di un leader di partito non è uno show. È una cosa seria». Stavolta il capo del governo ha accettato. Ha accolto le richieste dell´alleato. Ma la pace, in realtà, non è stata ancora firmata. Al momento entrambi parlano di tregua. Anche perché gli uomini di An attendono che alle parole seguano i fatti. Aspettano che i forzisti mettano nero su bianco le loro istanze. Berlusconi per ora accetta. Non vuole stressare i rapporti. La tensione nella maggioranza è salita rapidamente e fa tutto pur di gettare una secchiata di acqua gelata sugli animi surriscaldati. Anche gli indici economici confermano che il 2009 non sarà facile. E il presidente del consiglio teme di mostrare agli elettori una alleanza troppo litigiosa. Soprattutto in vista delle elezioni europee. Ma i discorsi su «statuti, organi, assemblee non li capisco». E quasi a confermare che il 2009 sembra identico al 2003 al pranzo di ieri è rispuntato pure il nodo Bossi. Lo scontro nord-sud è ormai una guerra tra correnti dentro il governo. Come allora Fini ha puntato l´indice contro la Lega e contro il ministro dell´Economia, Giulio Tremonti. Ha parlato esplicitamente di «politica nordista» avvertendo del «malumore» presente tra i banchi della maggioranza: «così non si può andare avanti». Alleanza nazionale pretende dal Tesoro uno sforzo per trasferire fondi verso il Mezzogiorno. Stavolta il disco verde berlusconiano è stato esplicito. Già l´altro ieri il premier aveva provato a frenare il Carroccio. Su un punto invece l´ospite non ha accettato suggerimenti. Ossia sulle riforme. Per Berlusconi, il dialogo bipartisan non è praticabile con il Pd. «Almeno per ora». «Allo stato - ha ripetuto - dobbiamo pensare a risolvere i problemi concreti. E per farlo dobbiamo essere compatti».

18/01/2009

Documento n.7718

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