P.D.: GIAMPAOLO PANSA METTE UNA LAPIDE SUL CARNEVALE POLITICO DI SU-DARIO FRANCESCHINI..

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UNA LAPIDE SUL Carnevale politico di SU-DARIO - Certo, DF aveva ricevuto in eredità da Walter un cumulo di macerie. Tuttavia ha fatto di quello sfacelo lo sfondo per una serie infinita di trovate da cazzaro politico - Gli elettori del Pd lo hanno punito, mandandolo a casa. Un atto di legittima difesa...www.dagospia.it Giampaolo Pansa per "Libero" Per una volta, la sinistra italiana ha dimostrato di essere saggia. Domenica gli elettori del Partito Democratico hanno scelto come nuovo segretario Pierluigi Bersani e non Dario Franceschini. Potevano fare il contrario. Le primarie avevano lo scopo nascosto di ribaltare il voto degli iscritti e confermare DF, il leader uscente. Non è un mistero che lui ci contasse molto. Ma il trucco non gli è riuscito. Ed è stato un bene per tutti. Anch'io, sia pure non votante e molto dubbioso sul conto del Pd, ho provato un gran sollievo. Non so come si condurrà Bersani. Ma mi sembra un politico con la testa sul collo. Si troverà di fronte a un compito tra i più difficili. Però non credo che farà pazzie. Soprattutto immagino, e spero, non vorrà imitare il signor No che l'ha preceduto. DF diceva sempre no a tutto quel che proveniva dal centro-destra. Strillava che dietro ogni proposta c'era l'intenzione malvagia di Silvio il Caimano. E dunque andava respinta a priori, con sdegno, con rabbia, con schifo. L'ultimo no DF l'aveva urlato qualche giorno fa. Il governo si era offerto di discutere con l'opposizione la riforma della giustizia. Ma DF aveva replicato: se verrò rieletto segretario del Pd, mi rifiuterò di incontrare la maggioranza di qui all'eternità. Grazie agli elettori delle primarie, adesso DF verrà messo in un angolo e, forse, non farà più danni. Un ben strana meteora la sua. Un vero caso per politologi, ma anche per psicanalisti. Perché ha origine in un altro caso patologico: quello della segreteria di Walter Veltroni. Oggi molti si domandano perché mai DF sia arrivato al vertice del Pd. Ma chi ha memoria una risposta può darla. Quando Walter si stava candidando alla guida del partito, DF era soltanto un qualsiasi deputato della Margherita, avviato a una carriera di romanziere. Poi gli capitò di fare una dichiarazione che, lì per lì, sembrò cosa da nulla: «Se davvero Veltroni si propone come leader dei democratici, io lo voterò». Nessuno lo aveva ancora detto. Fu lui ad aprire bocca per primo. A quel punto, Veltroni, un altro esperto in fiction, lo chiamò e gli disse: «Visto che mi hai incastrato, adesso non puoi lasciarmi solo. Se vinco le primarie, diventerai tu il mio vice». DF era adatto al ruolo? Aveva le qualità giuste? Era una scelta opportuna o insensata? Naturalmente, il magico Walter non si pose nessuna di queste domande. Dopo la facile vittoria di Veltroni, DF divenne il comandante in seconda del partito. Nominato sul campo dal Generalissimo democratico. A pensarci bene, Walter si mosse come di solito si muove il malfamato Cavaliere: mi piaci, mi sei fedele e dunque ti promuovo. Insomma, un disastro annunciato, tra la noncuranza generale. L'addio di Walter Il disastro divenne una catastrofe nel febbraio di quest'anno. Dopo la sconfitta alle regionali in Sardegna, Walter chiese a una primaria società di sondaggi, la Swg, una previsione sulle fortune elettorali del Pd. L'esito fu terrificante. Il partito veniva dato in caduta libera, sino al 22 per cento. Mentre la parrocchia del diabolico Di Pietro saliva a una quota mai raggiunta, il 14 per cento. In preda al terrore, Veltroni si comportò come un segretario di carta velina: diede le dimissioni e fuggì. Lasciando il Pd in mutande. Vale a dire affidato a DF, una comparsa schiacciata da un peso immane. I democratici più seri si misero le mani nei capelli. E persino un giornale amico come "Repubblica" paragonò DF al maresciallo Badoglio. Scrivendo che, dopo di lui, sarebbe arrivato l'8 settembre del Pd. L'unico a considerarsi assunto in cielo, nel Paradiso dei leader, fu proprio DF. Sin dal suo primo discorso all'assemblea democratica, diede mostra di sentirsi nato per stupire. Nell'ascoltarlo in diretta tivù mi venne in mente un vecchio detto cinese: quando il sole è al tramonto, l'ombra del nano si allunga. Accidenti, era proprio così. Il sole democratico stava svanendo all'orizzonte e il piccolo DF si comportava da gigante. Un gigante, per di più, pronto a qualunque sceneggiata. Come la mossa retorica di giurare sulla Costituzione, insieme al vecchio papà partigiano bianco, davanti al castello di Ferrara. Con alle spalle la lapide in ricordo dei martiri del novembre 1943, uccisi dai fascisti. Provai vergogna per lui e pietà per quei poveri fucilati. Con il sangue versato, da una parte o dall'altra, non bisogna mai scherzare. E soprattutto è indegno servirsene per festeggiare un incarico ricevuto senza merito. Le trovate di DF Berlusconi SilvioDa quel giorno ebbe inizio una farsa che merita una definizione sola: il Carnevale politico di DF, un fumetto grottesco. Che aveva per colonna sonora l'accento ferrarese del protagonista, con le elle che slittano e le esse infinite. Nelle signore questo accento diventa dolce e accattivante. Ma sulle labbra di DF acquistava un suono stridulo. Aggravato dal tono: rozzo, sbrigativo, sprezzante. Quello di certi portinai che si atteggiano a padroni del condominio. Certo, DF aveva ricevuto in eredità da Walter un cumulo di macerie. Tuttavia il segretario post-veltroniano ha fatto di quello sfacelo lo sfondo per una serie infinita di trovate da cazzaro politico. Ricordarle tutte, impegnerebbe un numero intero di "Libero". Ma una devo rammentarla: quella su Berlusconi che vuole fare dell'Italia un paese come il Turkmenistan, una delle ex repubbliche sovietiche dell'Asia centrale. Anche nello scontro per le primarie di domenica, DF non si è smentito. Prima ha issato un nuovo stendardo: i calzini turchesi. Poi ha nominato come vice un deputato nero, spiegando che l'aveva scelto per il colore della pelle. Infine ha garantito che il suo secondo vice sarebbe stata una donna, «ma il nome lo saprete dopo la mia vittoria». Gli elettori del Pd lo hanno punito, mandandolo a casa. Un atto di legittima difesa. Speriamo che Pierluigi Bersani confermi le speranze che molti ripongono in lui. Compresi i tanti sinora rimasti estranei al Pd del signor DF, un nano politico ritornato nano.

27/10/2009

Documento n.8258

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