Parmalat. Responsabilitа intermediario. Commento avv. Sangiovanni (Le Societа - nа 5 - 2006 - Ipsoa)

in Articoli e studi
Intermediari finanziari La responsabilita` dell’intermediario nel caso Parmalat e la recentissima legge per la tutela del risparmio TRIBUNALE DI MILANO 9 novembre 2005, n. 12704 Pres.Vanoni-Rel. Raineri-S.C.,S.C., V.C. eN.P.c.C.R.P.P.s.p.a. Intermediazione finanziaria -Disciplina degli intermediari -Servizi di investimento -Svolgimento dei servizi -Criteri generali -Annullamento del contratto -Risoluzione del contratto -Nullita` del contratto -Risarcimento del danno (Artt. 21, 23, D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58; artt. 26-29, Reg. Consob 1 luglio 1998, n. 11522) I. Non puo` sanzionarsi con la nullita` il consenso prestato al singolo investimento ove risulti inosservato l’obbligo informativo, perche´ l’informazione non assurge a requisito dell’atto a pena di nullita`. Il Tribunale (omissis). Passando ora all’esame del merito della controver¬sia va in limine osservato che gli attori deducono di aver manifestato l’intenzione di acquisire ob¬bligazioni Parmalat s.p.a. ovvero Parmalat Finanziaria s.p.a., essendo tali azioni in linea con il loro portafoglio «formato da obbligazioni corporate di primarie societa` in¬dustriali o di societa` finanziarie direttamente emanazione delle prime» (cfr., da ultimo, note conclusive, pag. 3). In effetti risulta per tabulas chel’ordineconferito in data 17 dicembre 2001 reca la dicitura «Parmalat 18 gennaio 2007 5,875» e cosý` pure il fissato bollato (allegato 3 di parte attrice). Purtuttavia risulta incontestato come la banca abbia in realta` venduto agli attori un titolo denominato «Parma¬lat Finance Corporate BV» emesso sul mercato olande¬se (cfr. allegato 4 di parte attrice). Al di la` della simile denominazione, non puo` sottacersi che trattasi di un titolo diverso da quello reso oggetto dell’ordine conferito dagli attori e risultante dal successi¬vo fissato bollato. Ma proprio in ragione di tali condivisibili premesse, che costituiscono la preliminare doglianza degli attori, risulta inconferente il richiamo all’art. 1440 c.c. e alle norme in tema di vizi del consenso. Tali rimedi presuppongono infatti che il consenso ci sia stato, seppur viziato da dolo incidente o da errore, con riferimento alla compravendita di cui si chiede l’annul¬lamento. Nella fattispecie in esame, al contrario, risulta dedotto dalla difesa attrice -e comprovato dalla documentazio¬ne versata in atti -che il consenso all’acquisto venne dato da entrambe le parti per un titolo diverso da quel¬lo in realta` negoziato. E l’incontro della volonta` puo` dirsi certamente avvenu¬to, attesa la corrispondenza fra quanto indicato nell’or¬dine e quanto contenuto nel successivo fissato bollato inviato alla banca. Solo la esecuzione del contratto e` stata difforme dal contenuto dell’accordo, con conseguente inapplicabilita` delle norme invocate dalla difesa attrice in tema di vizi del consenso. Cio` premesso occorre ora domandarsi quid juris in tale ipotesi. La difesa attrice ha invero dedotto l’aliud pro alio (tale prospettazione puo` stimarsi contenuta, rectius desumibi¬le, nelle argomentazioni dell’atto introduttivo), ma ha collegato a tale causa petendi le domande di annulla¬mento per dolo incidente ed errore, del tutto inconfe¬renti come sopra evidenziato. Non ha invece mai proposto la domanda di risoluzione del contratto (quale corretta conseguenza di tale causa petendi): non nell’atto introduttivo, non nelle successive conclusioni. Dunque in ossequio all’indefettibile principio della corri¬spondenza fra il chiesto e il pronunciato, che trova quale unica mitigazione la possibilita` d’interpretare la doman¬da, ma non certo d’integrarla oltre i limiti del dedotto, la pronuncia di risoluzione non puo` essere accordata. Restano da esaminare le ulteriori doglianze in relazione alle azioni di nullita`/risarcimento parimenti proposte. Ritiene il collegio che plurimi ed incontestabili siano gli inadempimenti posti in essere dalla banca convenuta. In primoluogoe` inequivocabilmente emerso che e` sta-ta data difforme esecuzione all’ordine impartito dal cliente. Inoltre non puo` dirsi assolto l’obbligo di informazione previsto dagli artt. 21 D.Lgs. n. 58/1998 e 28 reg. Con¬sob n. 11522/1998. Sul punto basti considerare che il titolo e` stato negozia¬to nel periodo del cd. «grey market» e prima ancora che venisse pubblicata la «offering circular». Appare dunque poco credibile sostenere che si potesse¬ro dare informazioni adeguate sul prodotto finanziario quando tali informazioni, contenute nella «offering cir¬cular» destinata agli investitori istituzionali, non erano state ancora pubblicate e dunque non erano divenute ancora conoscibili dagli operatori finanziari. In ogni caso la assoluta insufficienza, o peggio la incon¬sistenza, delle informazioni rese all’atto dell’acquisto e` confermata dal contenuto della deposizione della teste escussa nel corso dell’istruttoria. Infine non e` stato segnalato il conflitto d’interessi per vendita in contropartita diretta che compare per la pri¬ma volta nel tabulato stampato oltre due anni dopo l’avvenuta negoziazione (cfr. allegato 4). Ma seppure gli inadempimenti sopra esposti possono sti¬marsi accertati, le residue domande proposte (restituto¬rie e risarcitorie) non possono essere accolte. Giova in proposito premettere che questo Tribunale si e` gia` in precedenza espresso sulla ritenuta inapplicabilita` del regime delle nullita` nelle ipotesi di violazione delle regole di condotta contenute nel D.Lgs. n. 58/1998 e nei regolamenti attuativi (segnatamente il reg. Consob n. 11528/1998). ` E stato infatti osservato come «la voluta distinzione tra adempimenti prescritti a pena di nullita` ed altri obblighi di comportamento pure posti a carico dell’intermediario impedisce una generalizzata qualificazione di tutta la di¬sciplina dell’intermediazione mobiliare come di ordine pubblico e, ultimamente, presidiata dalla cd. nullita` vir¬tuale di cui all’art. 1418 c.c.» (cosý` sentenza n. 555/ 2005 Pres. Est. Vanoni) e come «al diverso inquadra¬mento della fattispecie soccorra anche l’argomento let¬terale desumibile dal comma 6 dell’art. 23 D.Lgs. n. 58/ 1998 laddove l’inversione dell’onere probatorio viene ri¬ferito ai «giudizi di risarcimento dei danni cagionati ai clienti nello svolgimento dei servizi»: rimedio risarcito-rio che «non appartiene alla categoria delle nullita` che prevedono, invero, effetti restitutori» (cosý` Trib. Mila¬no, sentenza n. 8671/2005 Rel. Raineri). ` E stato poi osservato come in ossequio all’indefettibile principio di legalita` (e, non di meno, di certezza del di¬ritto) non appaia lecito il ricorso indiscriminato alla san¬zione della nullita` -che costituisce, invero, il piu` severo rimedio civilistico -nei casidiviolazionedinorme com¬portamentali generali che, in quanto prive di specificita`, non risultano idonee ad individuare precise regole di comportamento cui uniformare la condotta dell’agente. Ed anche la migliore dottrina ha recentemente osserva¬to sull’argomento che non si fa buon governo della ca¬tegorie allorquando si confondono regole che riguarda¬no il comportamento dei consociati, la cui violazione e` senza dubbio fonte di responsabilita`, e regole che atten¬gono invece ai requisiti degli atti giuridici posti nell’in¬teresse generale, ove la conseguenza, in caso di inosser¬vanza, e` la invalidita` degli stessi. Giudizio «di fatto sui comportamenti» in un caso, «giu¬ridico su atti» nell’altro. Con la conseguenza che non puo` «fulminarsi» di nullita` il consenso prestato al singolo investimento ove risulti inosservato l’obbligo informativo perche´ l’informazione non assurge (o almeno cosý` non sembra desumibile dal¬l’impianto della normativa speciale) a requisito dell’atto a pena di nullita`. Dunque occorrera` accertare in fatto in che cosa e` consi¬stito il deficit informativo nella singola fattispecie e, so¬prattutto, indagare l’incidenza casuale che ha avuto sul¬la scelta dell’investitore. Ed e` questo un giudizio ben diverso da quello che coin¬volge la nullita` di un atto quale esito della comparazio¬ne fra lo schema imposto dalla norma di legge e quello in concreto praticato. Ne´ varrebbe obiettare, seguendo tale prospettiva, che l’inadempimento sarebbe riferito non gia` alle prestazioni nascenti da un contratto validamente concluso, ma con riferimento agli obblighi di informazione che devono precedere l’incontro della volonta`. Nessun ostacolo si pone, infatti, a considerare l’inadem¬pimento in riferimento agli obblighi assunti dall’inter¬mediario finanziario nel contratto di negoziazione (cd. contratto quadro) quale fonte regolatrice dei successivi rapporti. In tale diversa prospettiva l’investitore dovra` provare che il danno patito e` conseguenza immediata e diretta della condotta colposa dell’intermediario (ad es. dell’ob¬bligo informativo che si assume violato) e non dell’an¬damento sfavorevole del mercato, poiche´ non puo` in¬vocarsi in proposito l’inversione dell’onere probatorio di cui all’art. 23 D.Lgs. n. 58/1998 e il giudice dovra` rigo¬rosamente valutare la concreta sussistenza di un nesso eziologico fra inadempimento dedotto e danno asserita¬mente patito (che di solito si assume essere pari alla per¬dita di valore dei titoli oggetto di negoziazione). In ogni caso il giudice, nel valutare l’importanza dell’ina¬dempimento dell’intermediario potra` addivenire anche ad una pronuncia di risoluzione del contratto quando le violazioni commesse risulteranno di gravita` tale da com¬promettere del tutto l’equilibrio del rapporto negoziale, ovvero quando, pur prescindendo dal singolo rapporto obbligatorio con l’investitore teso al soddisfacimento del suo interesse individuale, ledono il prioritario principio della integrita` del mercato: risoluzione che, quoad effectum, si risolvera`, al parti della pronuncia di nullita`,per la sua efficacia retroattiva, nell’obbligo restitutorio. La Corte di legittimita` ha significativamente rammenta¬to come l’art. 1455 c.c. riconduca la sanzione di sciogli¬mento del vincolo contrattuale ad una «regola di pro-porzionalita` in virtu` della quale la risoluzione del vincolo contrattuale e` legislativamente collegata all’inadempi¬mento di obbligazioni che abbiano notevole rilevanza nella economia del rapporto, avuto riguardo sia all’esi¬genza di mantenere l’equilibrio fra prestazioni di uguale importanza nei contratti con prestazioni corrispettive, sia nell’interesse dell’altra parte che non deve essere tanto inteso in senso subbiettivo, in relazione alla stima che il creditore abbia potuto fare del proprio interesse violato, quanto in senso obiettivo, in relazione all’attitudine del¬l’inadempimento a turbare l’equilibrio contrattuale e a reagire sulla causa del contratto e percio` sul comune in¬tento negoziale» (ex plurimis, Cass. n. 5277/1985). Tutto cio` premesso, disattesa per le ragioni sopra esposte la declaratoria di nullita` richiesta dalla difesa attrice e considerato che nessuna domanda di risoluzione e` stata proposta, il Tribunale, quanto alla residua domanda ri¬sarcitoria, ritiene che non possa ravvisarsi nella specie alcun nesso eziologico fra il danno dedotto (perdita di valore dei titoli a seguito di default) e gli inadempimenti accertati. Ed invero, l’avere di fatto acquisito un prodotto diverso da quello voluto e in presenza di un deficit informativo (sulle caratteristiche del prodotto in concreto compra-venduto e sulla esistenza di un conflitto d’interessi da vendita in contropartita diretta) puo` configurare un dan¬no solo se il pregiudizio sarebbe stato altrimenti evitabile (in presenza di corrette ed adeguate informazioni). Ma gli stessi autori deducono a piu` riprese nei loro atti, come peraltro in limine premesso con riferimento alla in-conferenza del richiamo alle ipotesi di vizio del consen¬so, che in realta` avevano dato il loro consenso all’acqui¬sizione di obbligazioni Parmalat s.p.a. o Parmalat Finan¬ziaria s.p.a. perche´ ritenute «in linea con i loro obiettivi di investimento». Poiche´ tuttavia costituisce fatto notorio, incontestato e comunque oggetto di verbalizzazione alla udienza di di¬scussione, che non diversa sorte hanno avuto i titoli al¬trimenti voluti, non si vede come l’inadempimento del¬l’intermediario abbia potuto nella specie influire nella determinazione del pregiudizio sofferto. Anche la domanda risarcitoria va conclusivamente di¬sattesa. (omissis). IL COMMENTO di Valerio Sangiovanni I recenti scandali finanziari hanno colpito molti investitori e si sta formando al riguardo una copiosa giurisprudenza di merito. La sentenza in commento ne costituisce un esempio. In questo scritto si critica l’esito del provvedimento del Tribunale di Milano secondo il quale gli investitori, pure a fronte di violazioni di diversi doveri da parte dell’intermediario, non godrebbero di alcuna tutela, nemmeno di carattere risarcitorio. I. La sentenza in commento concerne i servizi di in¬vestimento resi dai soggetti abilitati (1). Essa si occupa dei vari rimedi a disposizione dell’investitore nel caso in cui un intermediario violi gli obblighi di legge che gli fanno capo. La sentenza e` del tutto sfavorevole agli in¬vestitori. Lo schema dell’analisi condotta nel presente scritto e` il seguente: si esaminera` dapprima l’azione di annulla¬mento del contratto, poi quella di risoluzione, poi quella di nullita` e, infine, la domanda di risarcimento del dan¬no. L’azione di annullamento del contratto Gli attori chiedono, innanzitutto, al Tribunale di Milano di accertare e dichiarare che la vendita degli strumenti finanziari e` viziata quanto meno ex art. 1440 c.c. e, per l’effetto, di condannare la banca convenuta a rimborsare agli esponenti l’importo di 9.936,06 euro versato per l’acquisto. Il primo rimedio che gli attori chiedono di esercitare e` quindi l’annullamento del con¬tratto con cui hanno acquistato titoli della Parmalat Fi¬nance Corporate BV. L’istituto di riferimento e` l’annullabilita` del contratto (artt. 1425-1446 c.c.). L’annullamento del contratto puo` essere chiesto, oltre che per incapacita` delle parti (artt. 1425-1426 c.c.) (ipotesi che qui non rileva), per vizi del consenso (artt. 1427-1440 c.c.). I vizi del con¬senso sono l’errore, la violenza e il dolo. Nel caso di specie il vizio principalmente contestato dagli attori alla banca e` il dolo ed e` su di questo che ci si sofferma nel prosieguo (2). La domanda di annullamento viene ri¬gettata dal Tribunale perche´ non ne sussistono i presup¬posti. Gli attori cercano di dimostrare che la conclusio¬ne del contratto sarebbe inficiata da vizio del consenso dovuto ai raggiri dell’intermediario. La legge distingue tra «dolo» per cosý` dire semplice (art. 1439 c.c.) e «dolo incidente» (art. 1440 c.c.). «Il dolo e` causa di annulla- Note: (1) Sulle origini comunitarie della disciplina dei servizi di investimento cfr., per tutti, G. Ferrarini L’attuazione della direttiva comunitaria sui servizi di investimento. Temi e problemi,in Riv. soc., 1995, 623 ss.; G. Ferrarini, Le direttive comunitarie in tema di servizi di investimento,in Banca, borsa, tit. cred., 1994, I, 520 ss. (2) Viene contestato anche l’errore, ma di questo profilo non e` possibile occuparsi in questa sede. mento del contratto quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l’altra parte non avrebbe contrattato» (art. 1439, comma 1, c.c.). «Se i raggiri non sono stati tali da determinare il con¬senso, il contratto e` valido, benche´ senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse; ma il contraente in mala fede risponde dei danni» (dolo incidente: art. 1440 c.c.). Secondo gli attori vi sarebbe dolo incidente perche´ essi intendevano acquistare strumenti finanziari di Parma¬lat s.p.a. ovvero di Parmalat Finanziaria s.p.a. (vale a dire di societa` del gruppo Parmalat di diritto italiano), mentre l’intermediario vende titoli diversi, perche´ emessi da una societa` del gruppo Parmalat di diritto olandese. Secondo il Tribunale il richiamo all’art. 1440 c.c. e` inconferente. L’applicazione delle disposizioni sul dolo, scrive l’autorita` giudiziaria milanese, presuppone che un consenso vi sia stato -per quanto viziato -con riferimento alla compra¬vendita di cui si chiede l’annullamento. Nel caso di spe¬cie, invece, non vi e` stato alcun raggiro perche´ l’incontro delle volonta` e` avvenuto. Solo l’esecuzione del contratto e` stata difforme dal contenuto dell’accordo. Non si condividono le conclusioni del Tribunale di Milano, secondo cui non vi sarebbe alcun dolo. Dolo invece vi e` stato e piu` grave del dolo incidente: si tratta di dolo vero e proprio, determinante del consenso degli investitori. L’art. 1439, comma 1, c.c. recita: «il dolo e` causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l’altra parte non avrebbe contrattato». Il contratto e` annullabile se l’intermediario ha usato raggiri che hanno determinato il consenso. Nel caso di specie la banca ha raggirato il cliente tramite una «omissione in¬formativa» (3). Un soggetto, come l’intermediario, che vende per professione strumenti finanziari deve -in for¬za di legge (cfr. l’art. 21, comma 1, lett. b, D.Lgs. n. 58/ 1998: «acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati») -informarsi sulle caratteristiche dei titoli che vende e deve comunicare queste informazioni ai clienti. Nel caso di specie gli strumenti finanziari erano stati venduti prima che venisse pubblicata la offering circular, vale a dire ancora prima che venissero messe a di¬sposizione le informazioni destinate agli investitori isti¬tuzionali. Dunque, nemmeno questi potenziali acquiren¬ti per cosý` dire «sofisticati» erano stati informati. All’at¬to dell’acquisto erano state inoltre rese pochissime infor¬mazioni agli attori, quasi nessuna. Il silenzio informati¬vo, in violazione di disposizioni di legge in senso contra¬rio, ha indotto gli investitori ad acquistare gli strumenti finanziari di una societa` in grave crisi. Il raggiro e` stato quindi totale e non parziale (o incidente, che dir si vo¬glia). Il silenzio ha indotto non tanto a comprare stru¬menti finanziari della societa` olandese piuttosto che di una societa` italiana (fatto in se´ piuttosto neutrale, atteso che tutte le societa` del gruppo Parmalat sono risultate insolventi), ma ha determinato la stessa conclusione del contratto. Se l’intermediario, in adempimento dei dove¬ri impostigli dalla legge, avesse fatto presente lo stato di crisi del gruppo Parmalat, gli attori non avrebbero ac¬quistato tali titoli. Il comportamento per cosý` dire «omertoso» della banca configura dunque un raggiro determinante del consenso. Il contratto e` annullabile. La domanda di annullamento e` stata avanzata dagli at¬tori e il Tribunale avrebbe dovuto accoglierla. E in effetti le risultanze processuali dicono che la banca convenuta ha violato diverse disposizioni di legge che regolano il suo comportamento nei confronti di un soggetto rispetto ad essa sicuramente debole. Il D.Lgs. n. 58/1998 impone all’intermediario, tra le altre cose, di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nel-l’interesse dei clienti e per l’integrita` dei mercati (art. 21, comma 1, lett. a), di acquisire le informazioni neces¬sarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati (art. 21, comma 1, lett. b) e di svolgere una gestione indipendente, sana e prudente ` (art. 21, comma 1, lett. e). E altamente probabile, quasi certo, che un intermediario che offre strumenti finanzia¬ri di una societa` in grave crisi violi questi obblighi. Scri¬vo «altamente probabile» (e non del tutto certo) per-che´ residua un’ipotesi marginale: quella in cui la banca non fosse consapevole dello stato d’insolvenza (o quasi-insolvenza) del gruppo Parmalat. Voglia il cortese letto¬re seguire il ragionamento. Delle due l’una: o l’interme¬diario non si e` informato adeguatamente sugli strumenti finanziari che propone d

10/05/2006

Documento n.6476

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