NON SOLO FAZIO, I FURBETTI DEL QUARTIERINO AVEVANO RAPPORTI ANCHE CON TREMONTI? GNUTTI SI ERA AVVALSO DELLO STUDIO TREMONTI

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NON SOLO FAZIO, I FURBETTI DEL QUARTIERINO AVEVANO RAPPORTI ANCHE CON TREMONTI? - Gnutti si era avvalsO dei servizi dello studio Tremonti - L'OPERA DI PALENZONA - DAL LIBRO-BOMBA: "Se telefonando - Le intercettazioni che non leggerete mai più" .Tratto dal libro "Se telefonando - Le intercettazioni che non leggerete mai più" di Gianni Barbacetto (Melampo editore) Giulio Tremonti è passato alla storia, o almeno alle cronache, come nemico acerrimo del governatore Antonio Fazio e dunque degli scalatori dell'estate 2005. In effetti, i rapporti tra il superministro dell'Economia e il governatore di Bankitalia erano (e sono sempre rimasti) pessimi. In disaccordo su tutto: sulla politica economica, sulla riforma delle pensioni, sul ruolo delle Fondazioni bancarie... I casi Cirio e Parmalat, poi, avevano colmato la misura: Tremonti nel 2003 aveva tenuto per mesi sulla scrivania, come portapenne, un barattolo di pelati Cirio, simbolo delle enormi responsabilità che imputava a Fazio nel crac; il governatore, pur messo in allarme dal ministero, secondo Tremonti avrebbe coperto i comportamenti di Capitalia e Popolare di Lodi a danno dei risparmiatori. Nel crac Parmalat, la Banca d'Italia è accusata da Tremonti addirittura di «aggiotaggio di Stato» per aver permesso alle banche di scaricare sui risparmiatori il peso della crisi. Fu in quella occasione che Fazio aveva reagito sibilando: «Tremonti? È un esperto di paradisi fiscali». Ma se Tremonti è un grande nemico di Fazio, lo è davvero anche degli altri protagonisti della vicenda? Di Gianpiero Fiorani, il banchiere della Popolare di Lodi, o di Chicco Gnutti, il finanziere di Brescia? Non sembra, a giudicare dall'insieme delle intercettazioni e degli interrogatori. Gianpiero Fiorani racconta al sostituto procuratore milanese Eugenio Fusco, nel corso dell'udienza preliminare sul caso Antonveneta: «Fu il dottor Gnutti che mi riferì che l'onorevole Tremonti aveva espresso a suo tempo l'appoggio al nostro progetto, anche perché, fra le altre circostanze che riguardavano i contatti frequenti col dottor Gnutti, c'era anche questa ventilata ipotesi che il ministro dell'Economia fosse ancora... L'ex ministro dell'Economia era forse ancora per certi aspetti avversario dell'atteggiamento del governatore e quindi di conserva avversario anche del nostro progetto. Mentre invece mi ricordo che Gnutti, dopo aver fatto questa verifica, questo approfondimento con il ministro Tremonti, mi disse una frase del tipo "figuriamoci se io vado contro i miei clienti". Ecco, una frase che aveva questo tenore. Perché...». «E chi sarebbero stati i suoi clienti?», incalza Fusco. «I suoi clienti, in questo caso», risponde Fiorani, «era Hopa e il circuito legato a Hopa, perché da sempre si sono avvalsi, nei confronti delle questioni che avevano, dello studio Tremonti e del ministro Tremonti». Hopa era la società di Gnutti, la sua cassaforte, e aveva tra i suoi consiglieri d'amministrazione sia Ricucci, sia Fiorani, mentre vicepresidente era Gianni Consorte. Dunque Fiorani ammette che i furbetti, già ricchi di un rapporto intensissimo con Fazio, su un altro tavolo avevano stretto rapporti anche con il suo nemico, Tremonti: attraverso il finanziere bresciano Emilio Gnutti, patron della Hopa, finanziaria che storicamente si era avvalsa dei servizi dello studio Tremonti. È Gnutti il centro del sistema. È lui a mantenere i contatti con il ministro. È sempre lui a riferire a Fiorani (almeno secondo quanto racconta quest'ultimo) che Tremonti non si era affatto tirato indietro: «Figuriamoci se io vado contro i miei clienti». Così i furbetti delle scalate, l'affiatato quartetto Fiorani-Gnutti-Ricucci-Consorte, riescono in una missione impossibile: tenere insieme gli opposti, instaurare ottimi rapporti sia con Fazio, sia con Tremonti. Il ministro diventa dunque il protettore invisibile dei furbetti. Lo conferma anche il direttore finanziario di Fiorani, Gianfranco Boni, nel suo interrogatorio del 29 dicembre 2005. I magistrati gli chiedono di spiegare le operazioni finanziarie fatte per ricompensare Fabrizio Palenzona, esponente della Margherita e vicepresidente di Unicredit, e Boni racconta: «Devo premettere che Fiorani mi aveva chiesto di effettuare tali operazioni perché dovevamo essere riconoscenti a Palenzona per le attività che lui conduceva in quanto amico di Tremonti». Ecco allora un altro intermediario tra i furbetti e il ministro: il banchiere fai-da-te Palenzona, amico di Tremonti fin dai tempi dell'università, a Pavia. A questo punto i magistrati che lo interrogano devono aver fatto una strana faccia, perché Boni continua: «Prendo atto della perplessità dell'ufficio, dal momento che appare difficile credere che un rapporto d'amicizia possa essere riconosciuto in termini economici. Ma questo mi ha detto Fiorani». Secondo Boni, Palenzona garantisce il rapporto con Tremonti, e per questo viene addirittura "ringraziato" dalla Popolare di Lodi con dei bei soldi provenienti da operazioni finanziarie senza rischi. C'è una terza conferma. È di Giovanni Consorte, il furbetto rosso, l'allora padre padrone di Unipol impegnato nella scalata per conquistare Bnl, parallela a quella di Fiorani. Conferma involontaria: Consorte si guarda bene dal parlarne ai magistrati, ma non sfugge alle intercettazioni telefoniche della Guardia di finanza che lo ascolta quando il 21 luglio 2005, ormai sicuro di avere la Bnl in tasca, e ignaro di essere ascoltato, parla liberamente con Claudio Zulli. Chi è Zulli? Di mestiere fa il commercialista presso lo studio Vitali-Romagnoli-Piccardi: in pratica lo studio Tremonti, che ha cambiato nome (ma non clienti) quando il titolare è entrato al governo. È Zulli a continuare i lavori iniziati dal ministro, per esempio con Gnutti. Siccome poi gli amici degli amici sono miei amici, il rapporto Gnutti-Tremonti contagia anche Consorte, che con Gnutti è tutto un affare. Nel brogliaccio della Guardia di finanza sulla telefonata, lungo due pagine, si legge che «Consorte dice che la settimana successiva andrà a Milano e gli chiede di mettersi d'accordo per incontrare il professor Tremonti per ringraziarlo e spiegargli due o tre cosette». Consorte poi chiede a Zulli «che cosa il professore avesse detto della loro operazione». Il commercialista risponde che il professore «gli ha tirato la giacca dicendo: prendiamo qualcosa». Giura che Tremonti «è contento». Consorte dice che si sentiranno il giorno dopo per fissare l'appuntamento, ma precisa di volerlo incontrare «come professore, non come ministro». E poi aggiunge: «Gli devo spiegare un po' di roba perché mi deve dare una mano, ma su cose importanti». Zulli chiede a Consorte che, a operazione conclusa, «il professore dia l'imprimatur e poi lui stesso si potrebbe occupare della parte operativa». Consorte acconsente e dice: «Tu sai che il governo ci ha dato una mano e sai come ragiono io, la riconoscenza va data al punto giusto...». Il commercialista «dice che il professore si è mosso e ha seguito questa vicenda con molta ammirazione. Consorte risponde che il professore faceva il tifo per loro e Zulli conferma». Poi aggiunge: «Se comunque avevano suonato il campanello anche gli spagnoli, li aveva maltrattati». Consorte concorda: «Bisogna che sia chiaro, gli spagnoli avevano deciso di vuotarla, la banca. Il buon Tremonti è uno che capisce, non è mica cretino...». A questo punto il presidente di Unipol dice di voler raccontare a Tremonti come è nata l'operazione. I due scherzano: «Tremonti capisce tutto». E poi Zulli aggiunge: «L'importante è che ci siano i ricavi». Consorte risponde che con loro i ricavi ci sono: «È con Gnutti che dovrò intervenire pesantemente». Zulli afferma che anche su «quell'altra roba è stato fatto un gran lavoro»: «probabilmente si riferiscono ad Antonveneta», conclude il brogliaccio. Ci sono dunque tre piste che confermano che i rapporti di Tremonti con gli scalatori sono buoni, a dispetto dei dissidi con Fazio: il contatto Gnutti (raccontato da Fiorani), il contatto Palenzona (raccontato da Boni), il contatto Zilli (sperimentato da Consorte). Se a sinistra c'era chi faceva apertamente il tifo per i furbetti, anche a destra c'erano molti sostegni, pur se condotti in maniera più accorta. Per capire il senso (e i sottintesi) dell'intercettazione che qui di seguito presentiamo è necessario ricordare che l'operazione che ha fatto la fortuna di Gnutti è la scalata Telecom, realizzata con un gruppo di amici che nel 2001 ha conquistato l'azienda telefonica, poi rivenduta a caro prezzo, nel 2003, a Marco Tronchetti Provera. La plusvalenza ottenuta - un profitto netto di 1,5 miliardi di euro, cioè ben 3 mila miliardi di lire - era stata parcheggiata in una società lussemburghese di nome Bell. Gli scalatori avevano "vestito" l'operazione con questa società lussemburghese, ottenendo il bel risultato di non pagare neppure un soldo di tasse allo Stato italiano. L'Agenzia delle entrate, delegata a raccogliere le tasse dei cittadini, durante gli anni del governo Berlusconi 2001-2006, con Giulio Tremonti superministro dell'Economia, ha sempre sostenuto - tra le proteste dei magistrati milanesi - che avevano ragione i soci (italianissimi) della lussemburghese Bell a non pagare le tasse, perché l'operazione era stata legittimamente conclusa all'estero. Solo nel 2007, quando al governo arrivano Romano Prodi, Vincenzo Visco e Tommaso Padoa Schioppa, l'Agenzia delle entrate cambia idea e presenta il conto alla Bell. Gnutti e soci se la sono cavata chiudendo il contenzioso con il fisco con un clamoroso pagamento di ben 256 milioni di euro. Ma ciò succede solo tre anni dopo queste stranissime telefonate tra Fiorani e i suoi collaboratori, che avvengono nel dicembre 2004. Fiorani Proprio in quel dicembre, Fiorani e i suoi si stanno preparando alla scalata Antonveneta. Il banchiere di Lodi sta mettendo a punto il suo piano segreto. Il 17 dicembre 2004, Fiorani parla con due collaboratori: Giovanni Benevento, presidente della Popolare di Lodi, e Gianfranco Boni, direttore finanziario della banca. Non sono mai stati resi pubblici i testi completi dell'intercettazione, ma solo i brogliacci, cioè i riassunti delle conversazioni redatti dai marescialli della Guardia di finanza. E soprattutto non è disponibile un'importantissima conversazione tra Fiorani e Gnutti che precede quelle che riportiamo con Benevento e Boni e che è restata segreta perché c'è un'inchiesta ancora in corso. Nella prima intercettazione, registrata a Lodi alle ore 19.15 del 17 dicembre 2004, Fiorani e Benevento parlano di Gnutti e Tremonti. Fiorani. Gnutti si è visto con Tremonti. Benevento. (Incredulo) Con Tremonti? Fiorani. Sì me l'ha detto proprio Gnutti... Tremonti gli ha chiesto, qualora l'operazione andasse avanti, di prendere come studio legale quello dell'avvocato Vitale... che lavora con lo stesso Tremonti. Benevento. Ma Tremonti è veramente un figlio di puttana! Fiorani. Veramente un figlio di puttana! Allora io gli ho chiesto, a Gnutti: «Ma non ci sono problemi con Tremonti?». Lui mi ha risposto di no. Gnutti non lo dice, ma si capisce: lui deve un favore a Tremonti perché gli ha messo a posto quella faccenda là... Alle ore 19.39 dello stesso giorno, Fiorani è al telefono con il suo braccio destro Gianfranco Boni, direttore finanziario della Bpl. La telefonata si conclude con Fiorani che dice che Tremonti tiene in scacco Gnutti «per quella faccenda là...». Quale faccenda? Boni capisce subito, perché intona, in modo allusivo, la canzoncina Jingle Bells... Fiorani. Ho incontrato Gnutti, che continua a lamentarsi. Dice che sto dando credito a soci con una quota minima... Gnutti dice che per questa operazione qui bisogna rivolgersi a Tremonti... A questo punto l'ho rimproverato. Gli ho detto che Tremonti mi ha fatto del male e che io non lo voglio nemmeno sentire. A meno che, visto che ne ha l'occasione, non appoggi politicamente l'operazione che stiamo facendo, dimostrando la sua vicinanza. Boni. Ma come mai Gnutti ti viene a fare questa richiesta di prendere Tremonti? Fiorani. Beh... il fatto è che, secondo me, Tremonti tiene in scacco Gnutti... Per quella faccenda là (allusivo). Boni. Ah, ho capito... (si mette a cantare) ...Jingle Bells... Per completare la scena, ecco due testi che non provengono da un'intercettazione, ma da due interrogatori di Gianpiero Fiorani, ascoltato dal pubblico ministero nel carcere di San Vittore il 24 e il 28 marzo 2006. Ecco che cosa dichiara sui rapporti con lo studio Tremonti. Fiorani. Gnutti mi aveva riferito dell'interesse di Tremonti a essere nominato consulente nell'operazione Antonveneta, anche per un favore che gli doveva. Io ho ricollegato subito la vicenda all'operazione Bell... Gnutti mi disse che c'era stata una vertenza rilevante che riguardava le imposte dovute da Bell per l'operazione Telecom... (...). Mi fate osservare che, dal tenore della conversazione, e in particolare dalla mia espressione «Tremonti lo tiene in scacco» potrebbe desumersi che il favore che Gnutti doveva a Tremonti appaia il frutto di una condotta poco trasparente. Al riguardo tuttavia nulla so e nulla posso aggiungere. Fiorani. Tornando alla controversia tributaria di Bell, Gnutti mi aveva riferito di aver incaricato lo studio Tremonti... Non ho mai saputo alcunché di favori eventualmente fatti da Tremonti sul punto... Ho sempre interpretato il debito di Gnutti come un debito di riconoscenza per essergli stato particolarmente vicino in un momento delicato con la sua assistenza professionale (...). Ricordavo che la vicenda Bell era stata risolta, quantomeno io ritenevo fosse stata risolta, per il riferimento a una parcella pagata allo studio Tremonti per una cifra importante: 20 o 25 milioni di euro.

19/05/2009

Documento n.7929

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