LA MALASANITA DI ROTELLI,IL RE DELLE CLINICHE. MALINCONICO E TESTA DI CHICCO

in Articoli e studi
Giuseppe Rotelli 2 – LA MALASANITÀ MILANESE CHIAMA IN CAUSA PEZZI DA 90 COME IL SOCIO RCS ROTELLI Era tutto scritto fin da settembre. Bastava leggere l’inchiesta che in quel mese aveva fatto l’“Espresso” sulla malasanità di Milano, per capire come sarebbe andata a finire. Le attività criminali delle cliniche ambrosiane erano sulla bocca di tutti e le vicende del San Raffaele e della Santa Rita hanno riempito per mesi il supplemento “Salute” della “Repubblica” del mercoledì, diretto dal’ottimo Guglielmo Pepe. Decine di lettere e di denunce circostanziate lamentavano fatti allarmanti, ai quali la direzione della Santa Rita ha sempre cercato con scarsissima fortuna e credibilità di replicare. Adesso ci vorrebbe la penna di Roberto Saviano e dei suoi indispensabili editor per squarciare il velo sugli orrori che i tre magistrati milanesi hanno sollevato dopo aver letto 8 milioni di cartelle cliniche emesse dal 2003 al 2006 da tutti gli ospedali pubblici e privati convenzionati della Lombardia. A settembre l’“Espresso” spiegava che il colonnello della Guardia di Finanza, Cesare Maragoni, aveva nel suo computer milioni di dati incrociati, e almeno 80mila cartelle sarebbero state truccate, gonfiate e falsificate. L’inchiesta chiamava in causa pezzi da 90 come il notaio siciliano Francesco Paolo Pipitone, titolare della Casa di cura Santa Rita, e Giuseppe Rotelli, il re della sanità lombarda, proprietario di 17 case di cura private con un fatturato annuo di 650 milioni. E qui si accende un faro davvero curioso perché Rotelli è quel signore che oggi possiede quasi l’11% di Rcs Mediagroup, che pubblica il “Corriere della Sera” ed è il primo editore italiano. Quest’uomo negli anni ’80 ha collaborato in maniera importante all’estensione del piano sanitario, firmato dal socialista Sergio Moroni. Nell’ultimo mese il direttore del “Sole 24 Ore”, Flebuccio De Bortoli, gli ha spalancato le porte del suo giornale dove sono apparsi a firma di Rotelli due enormi articoli. Nessuno ha capito bene la ragione per cui il prudente De Bortoli abbia ospitato le articolesse del re della sanità, azionista del Gruppo avversario Rcs. Qualcuno si è spinto addirittura a immaginare che tanta grazia fosse ispirata dall’intenzione di De Bortoli di puntare attraverso Rotelli alla poltrona del “Corriere della Sera”. È una malignità assoluta, ma ben più maligno è il cancro della malasanità milanese che il “Corriere della Sera” di proprietà anche di Rotelli non nasconde, ma che i giornali di Carletto De Benedetti avevano denunciato dieci mesi fa. 3 – FIEG: DOPO BORIS, ARRIVA MALINCONICO? L’Ambasciatore Boris Biancheri sta gongolando perché non si riesce a trovare il suo successore alla presidenza della Fieg, la Federazione italiana degli editori giornali. Il diplomatico ha 78 anni, ma non ha alcuna intenzione di perdere l’ebbrezza delle poltrone. Insieme a quella dell’Ansa (una carica che gli è arrivata nel settembre del ’97) Biancheri guida dal 2004 la Fieg nella quale è scaduto il suo secondo mandato. I tre saggi designati per cercare il nuovo candidato hanno le mani nei capelli. Antonello Perricone, Ciancio Sanfilippo e Pietro Boroli non riescono infatti a trovare l’uomo giusto per questa carica dalla quale si governa la politica dei padroni dei giornali. Per un attimo hanno pensato di reclutare l’antico Antonio Maccanico, l’ex-ministro avellinese, amico di Ugo La Malfa e già presidente di Mediobanca nel 1987, che è stato accanto a Pertini come segretario generale della presidenza della Repubblica. Maccanico è una vecchia conoscenza delle lobby romane e dei Democratici perché nel ’99 ha partecipato con Romano Prodi alla fondazione di quel partito. A giocargli contro è la candidatura di Carlo Malinconico, un professore esperto di diritto dell’Unione Europea, che è stato Segretario generale della Presidenza del Consiglio nel governo Prodi, molto gettonato dalle voci di palazzo. 4 – MALAGROTTA, LA MONNEZZA DI ROMA E TESTA DI CHICCO L’avete visto il sito personale di Chicco Testa, il manager romano che gli amici chiamano affettuosamente Testa di Chicco? È bellissimo, in doppia lingua, con tanto di biografia in cui si legge che ha due figli e ha preso la maturità classica al liceo Sarpi di Bergamo oltre a una laurea in filosofia presso la Statale di Milano. Nel sito non si vede quel tic nervoso che lo accompagna da tutta la vita e che nasce dallo stress a cui il 56enne manager è sottoposto. E nemmeno si capisce quali siano i suoi hobby e le letture preferite. Sicuramente Testa di Chicco è un uomo colto che dopo essersi nutrito sui testi di Lenin e di Gramsci, ha scoperto la cultura americana perché parla e legge in inglese perfetto. Oltre a “Vanity Fair” e a “Il Tirreno” dell’amico Bruno Manfellotto (con cui divide l’ombrellone a Capalbio), c’è da giurare che il bergamasco Testa sappia tutto di Zygmunt Bauman, il sociologo britannico di origine ebreo-polacca che ha teorizzato il “partito liquido” all’americana. Questo pensatore ha scritto nel 2005 un’opera fondamentale dal titolo “Liquid Life”, e Testa di Chicco ne ha imparato a memoria interi capitoli. Del liquido sa tutto, anche di quello che scorre nelle centrali nucleari, ma sui rifiuti solidi Testa di Chicco sembra essere digiuno. Non gli piacciono e non gli piace soprattutto la rivolta dei “pezzenti” napoletani che strillano per gli inceneritori. Allo stesso modo nega – come ha fatto giovedì scorso da Santoro - che a Roma esista il rischio di una bomba ecologica. Purtroppo sulla “Stampa” di oggi appare un’intera pagina dedicata all’assedio dei rifiuti nella capitale. La discarica di Malagrotta di proprietà del “signore della spazzatura”, Manlio Cerroni, può far diventare Roma “un’altra Napoli”. Così scrive oggi “La Stampa”, e così si leggeva ieri su quel sito disgraziato di Dagospia, che non ha la bellezza estetica del “liquido” Testa di Chicco, stupendo alfiere del partito nucleare.

10/06/2008

Documento n.7341

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