“ITALIAN BANKSTER” - INDAGINE SU 5 SUPER-MANAGER ITALIANI. AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO ?

in Articoli e studi
“ITALIAN BANKSTER” - INDAGINE SU 5 SUPER-MANAGER ITALIANI AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO E DIFETTO, SALITI AI VERTICI DELLE BANCHE USA – MAGNONI (EX LEHMAN, ORA NOMURA) E IL BLITZ SU TELECOM – LA REGIA DI BRAGGIOTTI (BANCA LEONARDO) PER INTESA-AGRICOLE…www.dagospia.it Pubblichiamo due stralci del libro «Italian Bankster» di Laura Serafini (Fazi editore, pagine 229, 18 euro) in libreria da oggi. Il volume ripercorre le storie di cinque banchieri d'affari italiani saliti ai vertici delle maggiori banche americane: Claudio Costamagna, Ruggero Magnoni, Federico Imbert, Gerardo Braggiotti e Panfilo Tarantelli. Protagonisti della finanza in Italia dalla quotazione di Enel alla scalata di Olivetti su Telecom, dal crack Parmalat alle fusioni bancarie. Gli stralci rivelano un retroscena inedito sulla vendita di Telecom al gruppo Pirelli e la regia di Braggiotti nell'accordo tra Intesa e Credit Agricole per avere via libera, nel 2006, alla fusione con il San Paolo.L'accordo è oggi al centro di una procedura di infrazione da parte dell'Antitrust. Laura Serafini per "Il Sole 24 Ore" 1 - MAGNONI E IL BLITZ SU TELECOM... Gnutti decide di muoversi in autonomia, senza rispettare l'intesa. Come molti soci della holding, è preoccupato per la flessione che i titoli del gruppo Telecom stanno subendo in Borsa anche a causa delle inchieste giudiziarie. Sa, inoltre, che assieme agli altri azionisti dovrà probabilmente sostenere un nuovo aumento di capitale per Bell (nei tre anni ne vengono fatti diversi), mentre Antonveneta comincia a ventilare la prospettiva di chiedergli il rientro delle linee di credito. Il suo sponsor nella banca, Silvano Pontello, si è ammalato (morirà l'anno seguente) e inizia a raccomandargli prudenza. Antonveneta è tra i principali promotori della ricerca di un compratore cui vendere la quota Olivetti controllata da Bell. Colaninno capisce che è meglio darsi da fare per trovare nuovi soci con cui sostituire Gnutti e i suoi compagni di ventura. È ancora una volta Lehman a essere incaricata della delicata operazione. Magnoni individua anche i possibili investitori: imprenditori di rilievo internazionale con i quali aveva già lavorato nel salvataggio di Mediaset. Nei piani di Colaninno, l'uscita di Gnutti dal capitale di Bell deve essere gestita con un aumento di capitale, un innesto di risorse fresche portato da nuovi soci e di cui il finanziere bresciano non può disporre, motivo per cui la sua partecipazione sarebbe stata diluita. Ma a Gnutti questa mossa non piace, perché non ci avrebbe guadagnato nulla, mentre deve ancora restituire i soldi alle banche che lo avevano finanziato. Ecco perché, in gran segreto, si muove alla ricerca di qualcuno che offra di più. Verso la fine di giugno (2001, ndr) si tiene una colazione nella foresteria della Pirelli a Milano cui partecipano il ragioniere mantovano, Magnoni, Tronchetti Provera e Carlo Buora, suo braccio destro e futuro amministratore delegato di Telecom Italia. L'incontro viene fortemente voluto da Colaninno perché nel frattempo stanno circolando voci sui nuovi acquirenti in movimento per entrare in Bell: le indiscrezioni parlano di Pirelli, E.Biscom, Mediaset e Benetton. In quell'incontro, i cui contenuti trovano riscontro da parte di alcune fonti vicine a Pirelli, il clima all'inizio è molto teso: Tronchetti e Colaninno si danno ancora del lei. Il ragioniere gli chiede se, visto l'interesse per Telecom, è disposto a entrare nell'azionariato di Bell. Ma Tronchetti declina l'invito con fermezza: «Dottor Colaninno», replica, «sono un industriale, per cui o prendo il controllo del gruppo oppure l'investimento non mi interessa». Questi replica che nel patto di Bell esistono precisi accordi che impediscono che se ne possa cedere il controllo; in ogni caso si possono studiare con Pirelli ipotesi di business in settori contigui oppure nell'immobiliare: «Non c'è ragione alcuna», aggiunge, «perché i rapporti siano tesi». I due si lasciano cordialmente, ma senza calore: l'accordo prevede che ognuno resterà padrone a casa propria. gerardo braggiotti e moglie Colaninno se ne va in vacanza in Argentina, dove può dedicarsi alla caccia, una delle sue passioni. Ma c'è chi è rimasto a Milano, in allerta. Qualcuno avverte Magnoni che Tronchetti sta per fare a Gnutti un'offerta per comprare le azioni Olivetti controllate da Bell. Il banchiere si precipita dal manager di Pirelli per avere spiegazioni poiché, a suo avviso, sta violando l'accordo di giugno. Tronchetti lo porta a conoscenza del fatto che Gnutti stava già trattando con Benetton per cedere la sua quota e che proprio l'avvocato Sergio Erede stava facendo da mediatore nell'operazione. E dato che l'avvocato è al tempo stesso sia consigliere di amministrazione di Olivetti che vice presidente di Telecom, Tronchetti conclude che Colaninno non poteva non essere al corrente della trattativa. Invece il manager mantovano ne è davvero all'oscuro. Del resto, Erede aveva uno storico rapporto con i Benetton dal tempo in cui aveva assistito gli imprenditori di Ponzano Veneto, assieme a Leonardo Del Vecchio, nell'acquisizione di GS e Autogrill. In pochi giorni si consuma il blitz: Gnutti e soci, che avevano l'85 per cento del capitale di HOPA, fanno approvare una modifica dello statuto che azzera gli accordi esistenti e autorizza la cessione immediata del pacchetto del 20 per cento di Olivetti. 2 - BRAGIOTTI IN REGIA PER INTESA-AGRICOLE... Chiusa la complessa vicenda dell'universo Fiat, nel 2006 Gerardo tornerà a lavorare con Banca Intesa, per la quale gestirà un lungo negoziato per la fusione con Capitalia che non andrà mai in porto,anche per l'opposizione dell'allora amministratore delegato Matteo Arpe. L'anno seguente, invece, avrà la regia della prima grande aggregazione bancaria degli ultimi tempi: la fusione tra Intesa e Sanpaolo Imi. È proprio in questo contesto che i buoni rapporti con Passera si cementano.L'operazione non fila via liscia come l'olio: la fusione viene annunciata nel corso dell'estate, ma appare presto evidente che la banca francese Crédit Agricole, azionista con il 18 per cento del capitale d Intesa, non ne è affatto contenta perché in cuor suo sta accarezzando l'idea di potersi comprare Banca Intesa. E l'operazione annunciata con il gruppo di Torino viene fatta per fermare le aspirazioni francesi in Italia, ma anche quelle dello spagnolo Banco di Santander sul Sanpaolo. Il problema,però,è che l'ostruzionismo dell'Agricole rischia di impantanare la situazione. Braggiotti si mobilita e sfodera la sue capacità diplomatiche e di ingegnere della finanza: incontra a più riprese i vertici del Crédit Agricole, con i quali i rapporti sono ottimi dai tempi di Lazard (la banca francese era presente nel suo capitale). Talmente buoni che proprio in quei mesi conclude un accordo per l'ingresso di Eurazeo, di cui fa parte l'Agricole, nel capitale della sua nuova creatura, Banca Leonardo. Braggiotti propone un compromesso che non si può rifiutare: l'acquisto di Cariparma, Friuladria e di 193 sportelli bancari che verrebbero ceduti da Intesa. In tutto fanno ben 654 sportelli che trasformano così, dalla sera alla mattina, Agricole in un operatore bancario italiano a tutti gli effetti. La soluzione arriva in extremis a ottobre, il giorno prima che si riunisca il cda del Sanpaolo per approvare la fusione. Da allora il rapporto tra Braggiotti e Intesa diventa quasi simbiotico. Il banchiere affianca il gruppo guidato da Passera all'inizio del 2007, quando viene gestito il passaggio di consegne tra la Pirelli di Tronchetti Provera e la cordata guidata da Telefonica e alcune banche. Lo ritroveremo nel 2008 al lavoro per conto del governo, in qualità di advisor indipendente, nella cessione di Alitalia alla cordata guidata da Colaninnoe da Intesa Sanpaolo. In quell'occasione la stampa ha preso di mira la nuova creatura di Braggiotti per via del conflitto di interessi, poiché molti suoi azionisti, come vedremo, sono presenti anche nel capitale della società ( la famosa cordata italiana) chiamata a rilevare la compagnia di bandiera. In verità chi conosce il banker sa che quell'incarico gli ha creato solo problemi: ha lavorato praticamente gratis, perché il Ministero del Tesoro paga poco e tardi, e per di più è stato accusato di fare l'interesse dei suoi soci e non dello Stato, quando invece la sua perizia sul valore di Alitalia ha costretto la cordata ad alzare di 150 milioni l'offerta. Ma molti dei concorrenti di Braggiotti, in verità, puntano il dito su un altro conflitto di interessi più insidioso: il rapporto che lo lega a Banca Intesa che è tra gli azionisti che hanno comprato Alitalia.

10/07/2009

Documento n.8039

Sostieni i consumatori, sostieni ADUSBEF!

Puoi sostenere ADUSBEF anche attraverso il 5 x 1000: in fase di dichiarazione, indica il codice fiscale 03638881007

Informativa sull'uso dei Cookies

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.OK