Il Fatto Quotidiano. Addavenì l'Antitrust. 26-10-10 Di Giorgio Meletti

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Addavenì l’Antitrust di Giorgio Meletti Banche, cancellata anche la multa per i mutui. Un'authority ostaggio del Consiglio di Stato. L'ultima parola sulle azioni di Catricalà a difesa della concorrenza ce l'ha sempre un giudice Antonio Catricalà, presidente dell'autorità Antitrust Il fenomeno l’aveva già fotografato, tredici anni fa, Giuliano Amato: “Statisticamente, le dimensioni della sanzione sembrano facilitare la sospensiva”, disse pubblicamente, con un lampo di ironia, poco dopo aver lasciato la presidenza dell’Autorità Antitrust. Poi confidava agli amici che proprio quella era la ragione che lo aveva indotto a lasciare l’incarico a metà mandato: la frustrazione di vedere sentenze esemplari, decise dopo faticosissime istruttorie contro furbetti e soprattutto furboni del mercato, cancellate dal Tar del Lazio prima e dal Consiglio di Stato poi. “Anni di lavoro dell’Autorità vengono messi in gioco davanti al giudice amministrativo in una partita a flipper che dura trenta secondi”, protestava Amato. Proprio quello che si è verificato tre giorni fa con la multa che l’Antitrust di Antonio Catricalà aveva affibbiato al Gotha del sistema bancario: Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banca Nazionale del Lavoro, Monte dei Paschi di Siena, Credito Artigiano, Banca Popolare di Sondrio, Banca Carige, Banca Nuova e Banca Popolare di Vicenza. Dieci milioni di sanzione in tutto, cioè una cifra niente più che simbolica, utile però a fissare il concetto che le banche avevano fatto le furbe nell’attuazione del decreto Bersani che garantiva la portabilità dei mutui casa da una banca all’altra a costo zero. Le banche hanno fatto ricorso al Tar del Lazio, primo grado di appello per le sentenze dell’Antitrust, e l’hanno vinto. Il Consiglio di Stato, che funziona come una Cassazione della giustizia amministrativa, ha confermato l’annullamento. “Sono profondamente deluso”, si è dovuto limitare a commentare Catricalà, che adesso deve aspettare di leggere le motivazioni della sentenza per sapere quale meccanismo giuridico è servito per mandare all’aria anni di lavoro dell’Antitrust .Un copione già visto. Nel 1997 a far infuriare Amato era stato l’annullamento al Tar di una sanzione contro le compagnie d’assicurazione accusate di fare cartello sulle assicurazioni dell’auto. Nella primavera 2010 il Consiglio di Stato ha annullato un’altra sentenza dell’Antitrust sulla stessa materia. Il Consiglio di Stato è presieduto da Pasquale De Lise, che proviene dalla guida del Tar del Lazio. Di fatto è questo potente e controverso magistrato amministrativo il padrone dell’Antitrust. In pratica Catricalà propone, De Lise dispone. È un problema antico, che va al di là del merito delle cause discusse. L’Antitrust è una costosa struttura di super specialisti, che predispongono le istruttorie per un collegio di cinque “saggi” (guidati appunto da Catricalà), che esercitano la giurisdizione. Il problema è che questo è solo il primo grado del giudizio. Nel secondo (Tar) e nel terzo la palla passa a magistrati amministrativi privi di competenza specifica, che spesso trovano vizi di forma nelle sentenze sugli interessi forti. Amato proponeva a suo tempo di togliere la giurisdizione di primo grado all’Antitrust: “Seguiamo il modello americano, dove l’Antitrust non giudica ma svolge il ruolo di pubblico ministero. Avremmo il vantaggio di poter difendere in giudizio le nostre posizioni”. Infatti ancora oggi Catricalà e i suoi esperti devono farsi rappresentare nei gradi di appello dall’Avvocatura dello Stato, cosicché, come ha spiegato lo stesso Amato, “le società colpite schierano stuoli di principi del Foro, mentre l’Antitrust deve affidarsi all’Avvocatura, fatta di gente bravissima che però non ha i mezzi per combattere la battaglia”. Un po’ come affidarsi all’avvocato d’ufficio, quello che si affida alla clemenza della corte. Da il Fatto quotidiano del 26 ottobre 2010

26/10/2010

Documento n.8749

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