I CAPOLAVORI DELL'EX MINISTRO VISCO

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I REDDITI ON LINE SONO SOLO L’ULTIMO DEI TROPPI PASSI FALSI DEL DISCOLO VISCO SU “PANORAMA” UN VIOLENTISSIMO PEZZO DI PERNA SULL’UOMO CHE AMA LE TASSE LA GAFFE SUI GUADAGNI DI GIULIA CRESPI, GLI SGRAVI ENIMONT, CASO PHILIP MORRIS Giancarlo Perna per “Panorama” Con raro masochismo, il già pregiudicato Vincenzo Visco si è infilato nell’ennesimo guaio processuale. Cacciato a furor di popolo dall’incarico di viceministro delle tasse, poteva cominciare da subito a farsi dimenticare. Ma, inguaribilmente vanitoso, ha voluto in extremis attirare l’attenzione e ha diffuso per internet i redditi degli italiani. Ne è nato il pandemonio che sappiamo e la procura di Roma ha aperto un fascicolo. Adesso, dovrà stabilire se l’irrefrenabile ds ha violato la privacy, se ha capricciosamente seminato zizzania e altre cose così. Appena l’uomo soprannominato Dracula ha fatto la frittata, agli anziani del ministero è tornato in mente un lontano episodio. Erano i primi anni Ottanta e il socialista Franco Reviglio sedeva sulla poltrona di titolare delle Finanze. Tra i suoi consiglieri c’era il giovane Visco. Un giorno il ministro decise di dare in pasto i redditi dei concittadini coi famosi «Libri rossi». L’iniziativa finì però nell’ignominia per una colossale gaffe di cui fu vittima Giulia Maria Crespi, erede dei fondatori del “Corriere della Sera”. Crespi risultò il più facoltoso contribuente italiano con un reddito stratosferico. Ma era un marchiano errore del fisco. La somma sesquipedale non era infatti un reddito, ma il prezzo incassato da Giulia Maria che in quell’anno aveva venduto il giornale di famiglia agli Agnelli. Sulla faccenda fu steso un velo pietoso e a Reviglio passò per sempre la voglia di pubblicare libri rossi. Vi chiederete ora perché questo lontano pasticcio sia stato ricordato in questi giorni. Pare che a fare sbagliare Reviglio fosse stato Visco, suo imberbe consigliere. Sarebbe stato costui, incapace di distinguere tra redditi e introiti straordinari, a insistere per la pubblicazione dell’ingannevole dichiarazione della dama milanese. Questa la voce che corse allora tra i sollazzi e che oggi riemerge costernata per la cocciutaggine con cui il viceministro ripete i propri errori. Ora la vicenda dei redditi su internet è nelle mani del pm romano Franco Ionta, che ha aperto sua sponte l’inchiesta. Il difensore del viceministro, il senatore ds Guido Calvi, si è subito profuso in complimenti per Ionta, «magistrato responsabile e capace». Un inutile arruffianamento. Il pm, infatti, conosce da tempo Dracula e non ha prevenzioni verso di lui. Su sua richiesta presiedette, quando Visco era ministro delle Finanze del Prodi I alla fine degli anni Novanta, una commissione d’indagine sulle estrazioni del Lotto. Un incarico fiduciario per chiarire una storia di palline che cadevano inopinatamente dall’urna o sparivano del tutto, non ricordo bene. Tra il giudice e l’indagato c’è, insomma, il clima giusto per un sereno giudizio. Staremo a vedere. Ma chi gliel’ha comunque fatto fare a Visco di uscire di scena con una coda giudiziaria? L’uomo sembra attanagliato da una patologica nostalgia per le aule di giustizia. Da anni entra ed esce dai tribunali da incallito recidivo. A volte come privato cittadino, altre come politico. Fece il primo passo falso nel 1989 da deputato della sinistra detta indipendente, in realtà legata al Pci. Presentò un provvedimento di sgravi fiscali in favore dell’Enimont di Raul Gardini. Di lì a poco [***** *****], cognato di Gardini, confessò: «Per ricompensarlo del favore, il Pci ebbe 1 miliardo». Antonio Di Pietro, che da pm indagava sulla tangente, convocò Visco in procura. Dracula, per difendersi, attinse al fiscalese di cui è maestro nella sua qualità di docente di scienza delle finanze. Totò gli ingiunse: «Parli come mangia». Visco, accentuando per la fifa l’erre moscia, replicò: «Non pavlo come mangio, ma come un pvofessove universitario». «Ma va’ là» disse Di Pietro, e lo cacciò dalla stanza graziando di fatto lui e il Pci senza avere il coraggio di scavare a fondo. Tutti ricordano poi quello che Dracula fece due anni fa col generale della Guardia di finanza, Roberto Speciale. Prima gli ingiunse di spostare da Milano quattro ufficiali che indagavano sui traffici dell’Unipol, assicuratrice legata alle coop rosse. Poi, al rifiuto di Speciale, gli tolse il comando della Gdf. Il generale presentò querela, ma fu bocciata. Ricorse allora al tar che dichiarò «illegittima» la rimozione e lo reintegrò nell’incarico. Uno schiaffone da sprofondare. Ma il viceministro rimase indifferente. Dieci anni prima, da ministro delle Finanze del Prodi I, aveva calpestato il diritto allo stesso modo. A farne le spese quella volta, il direttore dei Monopoli, Ernesto Del Gizzo, altra testa dura. Visco aveva ordinato a Del Gizzo di rinnovare alla Philip Morris la licenza di fabbricazione delle sigarette. Del Gizzo sosteneva però che la multinazionale Usa aveva evaso 60 mila miliardi di imposte e che, stando così le cose, non avrebbe rinnovato un bel niente. Visco, su due piedi, destituì il dirigente, che fece ricorso. Esattamente come con Speciale, il tar dette ragione al ricorrente e lo reintegrò nell’incarico. Visco ne uscì nero ma, dotato com’è di una solida faccia di bronzo, fece finta di nulla. Si seppe anni dopo che la Philip Morris era tra i finanziatori di una fondazione di Massimo D’Alema. Alla stampa non sfuggì il nesso e i fatti furono messi maliziosamente in relazione. Voi direte, da uomini di mondo, che per amore di partito si inciampa talvolta in eccessi. Ma Visco lo fa anche per i suoi privatissimi affari come nell’arcinota faccenda dell’abuso edilizio a Pantelleria. Tutto nacque con la dannata idea dei coniugi Visco di acquistare un dammuso, casolare mediterraneo, nell’isola. Dracula e consorte ricavarono da una cisterna due stanze senza permesso e il comune li denunciò. Visco cercò prima di approfittare del condono edilizio varato dal Cav nel ’94 e da lui virtuosamente criticato. Ma il sindaco lo rifiutò e passò le carte al pretore. Il giudice condannò la coppia a 20 giorni di arresto e 25 milioni di lire di multa. Sentenza resa definitiva dalla Cassazione che, applicando la condizionale, fece loro grazia dei piombi. Ora, sembra incredibile, ma Dracula ci è ricascato ed è nuovamente sotto processo per quel dannato dammuso. Stavolta l’abuso è un’assoluta idiozia: due buchi per infilare l’ombrellone e un masso trasformato in sedile. La solidarietà con Visco è d’obbligo. Ma anche se la giustizia nella sua cecità lo condannasse, ci avrebbe visto meglio delle tante volte in cui non gli ha presentato il conto. Dagospia 09 Maggio 2008

11/05/2008

Documento n.7169

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