GOVERNO: TREMONTI REO DI CIRCONVENZIONE DI INCAPACE ! SOLO A FABIO FAZIO PUO' RACCONTAR BALLE....

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tratto da www.dagospia.it TREMONTI REO DI ‘CIRCONVENZIONE DI INCAPACE": SOLO A FABIOLO FAZIO Può RACCONTARE LE BALLE Giulietto Tremonti non finisce di stupire con la sua supponenza che rovescia sulle tavole degli italiani dosi massicce di cultura. Ieri ha riempito un'intera pagina del "Corriere della Sera" con un'intervista in cui ha citato Lincoln, Marx e la Bibbia, poi in serata è apparso nella trasmissione di Fabiolo Fazio dove si è spinto al limite dell'impossibile con un apprezzamento alla visione di Romano Prodi sulla crisi dell'economia globale. Gli esercizi del genietto di Sondrio sono mirabolanti e a spingerlo è un afflato ecumenico per il quale destra e sinistra non hanno più alcun senso di fronte all'obiettivo di passare da "economista" a "statista" di rango. Il suo linguaggio tocca vette eccelse e anche il look con il pullover dolcevita (con effetto dolcepanza), fa capire che vuole rompere i cristalli nell'armadio della politica. È questa la ragione per cui si permette di alzare il tiro fino al punto di sfottere il Governatore di Bankitalia e di dire alcune solenni bugie. Una di queste riguarda l'AirFrance sulla quale davanti a Fabiolo Fazio (totalmente digiuno di economia, come di conduzione di un talk) ha avuto il coraggio di dire che il salvataggio proposto da Prodi era un'autentica "balla". Con altrettanta improntitudine Giulietto ha negato che la social card sia un flop e ha detto che mezzo milione di carte distribuite nel mese è un successo. In realtà non è così, e a fare i conti esatti arriva oggi "Repubblica" che dimostra come l'elemosina annunciata da Giulietto il 26 novembre, sia in grave ritardo e penalizzi i poveri della Padania dove solo il 16,7% delle tessere è distribuito (con gran dispetto della Lega di Tremonti che considera l'operazione un pasticcio). Su questa polemica c'è da aggiungere qualcosa di più che Dagospia è in grado di raccontare. Al ministero del Tesoro c'è molta irritazione per il ritardo con cui viene distribuita la carta elettronica. Risulta infatti che Vittorio Grilli, il pallido direttore generale e braccio destro di Tremonti, sia sotto tiro e cerchi di arginare in tutti i modi l'irrequietezza del ministro cercando il colpevole dell'incerta distribuzione. La partita si gioca tra l'Inps, che il 15 gennaio ha dichiarato di aver attivato 423mila tessere, le Poste di Massimo Sarmi che declinano ogni responsabilità e incassano l'apprezzamento di Tremonti, e l'azienda che ha prodotto le carte elettroniche. Questa azienda è Ibm Italia, la branch della multinazionale americana che dall'ottobre 2007 è guidata da Luciano Martucci, un laureato in matematica che ha mosso i suoi passi nell'Ibm di Parigi fin dal 1986. Nello scaricabarile sui ritardi della social card il ministero, l'Inps e le Poste, vorrebbero mettere sotto accusa l'Ibm, ma questa si difende dicendo che un'operazione così complessa non si improvvisa dalla mattina alla sera. Il pasticcio continua e brucia sulla pelle di Tremonti che si difende con le parole di Jean Cocteau: "il talento fa ciò che vuole, il genio ciò che può". 2 - DOPO ALITALIA, SU BERLUSCONI PIOMBA LA CATASTROFE FIAT Per gli ultimi operai della Fiat e per le loro famiglie è stata una domenica triste. Su Torino incombe il fantasma di una crisi reale e l'unico svago è stato la visita ai concessionari Toyota e Ford che hanno buttato sul mercato due nuovi modelli, destinati a mangiare il terreno della 500. Qualcuno di loro aveva ancora le lacrime agli occhi per le dimissioni improvvise di Luca De Meo, il manager che era indicato da tempo come il "delfino" di Marpionne e sul quale non c'è alcuna chiarezza circa la destinazione in Volkswagen. Resta il fatto che all'ombra della Mole Antoneliana sono tornati i tempi cupi. Il titolo Fiat ha perso la settimana scorsa il 16% e la riunione a Bruxelles dei 27 ministri di venerdì scorso per le sovvenzioni all'auto, è stata molto deludente. Da parte sua Marpionne cerca di fare appello al coraggio e al gioco di squadra ma sa benissimo che di questo passo non arriverà al 2012 quando è prevista la scadrà il suo mandato. Sulle sue spalle ingobbite prematuramente, il 57enne manager di Chieti sente arrivare appuntamenti difficili come i 10 miliardi di euro di finanziamenti che la Fiat dovrà restituire nei prossimi mesi. Per questa ragione gli ultimi operai della Fiat pensano che la soluzione non sia da cercare nell'alleanza internazionale con Peugeot-Citroen. E la pensano giusta perché da Parigi arrivano notizie che buttano acqua fredda sulla strada della partnership. La Francia di Sarkozy vuole salvare il suo gioiello industriale e ha garantito un appoggio concreto alla famiglia Peugeot che ha fondato l'azienda nel 1929 e controlla il 75% del gruppo. Dall'Eliseo sono arrivate precise assicurazioni a Christian Streiff, il capo di Peugeot-Cytroen, che ha iniziato la sua carriera a 25 anni in Saint-Gobain e nel febbraio 2007 ha preso le redini dell'automobile beccandosi a maggio dell'anno scorso una specie di ictus.Gli operai della Fiat non vogliono nemmeno sentir parlare di un'alleanza con Ratan Tata, l'indiano che voleva invadere il mercato europeo con l'utilitaria da 2.000 euro. Perfino a Mumbay continuano a preferire la bicicletta e gli elefanti piuttosto che mettere un piede sul catorcio inventato dal miliardario amico di Luchino di Montezemolo. Quest'ultimo appare totalmente estraneo alla grande partita sulla sopravvivenza della Fiat; il suo cuore continua a battere per la Ferrari e domani accompagnerà a Maranello il ministro Scajola (il caposcalo dell'aeroporto di Albenga) che non ha certo la statura per affrontare il dramma torinese.A questo punto la soluzione obbligata è una sola: l'intervento dello Stato che dovrà farsi carico a tempi stretti del salvataggio. Questa ipotesi fa orrore a Marpionne, ma adesso con giri di parole che richiamano la corresponsabilità dei governi europei, il manager italo-canadese si sta rendendo conto che senza i quattrini del Tesoro avrà vita breve. Dopo l'Alitalia arriva sul tavolo del Cavaliere di Arcore la questione torinese. La ricetta keynesiana è già stata usata per Colaninno e probabilmente dovrà essere applicata anche all'Unicredit di Profumo e al MontePaschi di Mussari. 3 - FURBIZIA DA PASSERA Per capire quanto è furbo Corradino Passera, basta vedere come si comporta in questi giorni. Da quando è andato in porto il Piano Fenice per Alitalia, il banchiere comasco si è chiuso nel silenzio per dedicarsi anima e corpo alla vita della banca. Domani sarà a Roma per il gran consulto indetto da Draghi in via Nazionale e probabilmente ci sarà anche Abramo-Bazoli, il presidente di BancaIntesa che soffre in silenzio per l'assenza totale di referenti politici. Sarebbe però un errore pensare che Passera stia con le mani in mano. Dopo aver liquidato Pietro Modiano adesso affonda le mani nella banca e ascolta i rumors che arrivano dalla City di Londra dove qualcuno arriva a dire che potrebbe passare a Unicredit (un'autentica sciocchezza perché il probabile successore di Profumo si chiama Giampiero Auletta Armenise). Se Passera tace, parla il suo braccio destro Gaetano Miccichè, capo della Divisione Corporate di IntesaSanPaolo che ha convocato in un teatro alla periferia di Torino circa 300 imprenditori per dimostrare che la banca milanese non ha il profilo massiccio di Enrico Salza, ma la grinta di un istituto che "non chiude i rubinetti del credito". Ai piani alti di BancaIntesa non perdono d'occhio il decollo della nuova Alitalia che, scioperi permettendo, rappresenta la legion d'onore di Passera. A questo proposito il banchiere McKinsey si preoccupa anche di dare una mano sottobanco alla nuova Compagnia che deve recuperare credibilità sul mercato. L'ufficio relazioni esterne della banca esercita la sua discreta influenza sui giornali in sintonia con quello della Piaggio di Colaninno, e questo spiega l'attività di Matteo Fabiani, il capo ufficio stampa 43enne di BancaIntesa che dopo aver lavorato al Senato e in altre aziende nel marzo dell'anno scorso è approdato nel quartier generale di Passera. 4 - ORDINE PARADE: FIAMME GIALLE E BENEMERITA IN GRAN SPOLVERO, PROFILO BASSO PER LA POLIZIA In questi giorni l'Arma dei Carabinieri è più Benemerita che mai. Dopo l'arresto del boss dei Casalesi, Giuseppe Setola, è arrivato ieri dall'Egitto il riconoscimento di Berlusconi sul ruolo dei Carabinieri ai confini di Gaza. Al generale Gianfranco Siazzu (il militare di 64 anni che guida l'Arma) sono arrivati i complimenti del ministro La Russa e degli altri politici. Non c'è dubbio che tra le forze di sicurezza (Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato) la leadership di immagine va oggi ai primi che stanno facendo un lavoro di comunicazione molto abile sostenuto dal consenso dei giornalisti ai quali è stato possibile ascoltare i nastri con le parole terribili dei killer di Gomorra. Anche la Guardia di Finanza spende al meglio i suoi successi. La grancassa è suonata martedì scorso con l'arresto in Calabria del re dei videopoker, e il generale D'Arrigo a fine anno ha sottolineato i successi nella lotta all'evasione fiscale. I finanzieri hanno poi un'arma di riserva nel pacioso Colonnello Repetto, il superesperto di informatica che appare in tv con la frequenza di un divo. Tra le diverse forze di polizia non c'è mai stata la possibilità di coordinare la comunicazione e ciascuna difende la propria immagine con poderosi uffici stampa che dialogano direttamente con i direttori dei giornali e delle emittenti televisive. Se i Carabinieri esultano e la Guardia di Finanza si compiace, più dimessa appare in questo momento l'immagine della Polizia di Stato che negli ultimi giorni ha dovuto reggere la botta del blog dei cattivi poliziotti di cui ha scritto Carlo Bonini su "Repubblica" e la ricostruzione al computer della morte sull'autostrada del tifoso laziale Gabriele Sandri. Al Viminale spiegano che il profilo basso della Polizia non ha ragion d'essere, e che l'unica spiegazione va cercata nell'arrivo alle relazioni esterne del vicequestore Maurizio Masciopinto, un dirigente della Questura di Napoli che sembra gestire una materia a lui sconosciuta. 5 - SILVIO & CESARE: IL PITONE NON INGOIA L'UOVO DI PASQUA Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che i poteri forti riuniti nel Patto di Sindacato di Rcs hanno fatto sapere in modo per adesso debole, che Pitone Mieli (così lo nomignolava Enzo Siciliano) non arriverà a mangiare l'uovo di Pasqua. La linea del direttore del "Corriere della Sera" appare troppo sbilanciata nei confronti di Gianfranco Fini e irrita profondamente non solo il Cavaliere dai capelli cremolati ma anche Cesarissimo Geronzi".

19/01/2009

Documento n.7722

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