GOVERNO: IL METODO CERTO PER CADERE DALLA PADELLA NELLA BRACE.

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MIELI APPARECCHIA IL TICKET DELL’OBAMA BIANCO: VELTRONI & MONTEZEMOLO CONTRO IL BERLUSCA TRAPIANTATO, DOPO IL NO DI DRAGHI, TOCCA A PASSERA IL CAV HA CAPITO LA LEZIONE: LA PROSSIMA LEGISLATURA SARÀ ‘COSTITUENTE’ “Un mezzo incarico, con una finta esplorazione, per una semiriforma in un clima pre-elettorale per un governo di inverno balneare”. Questa sintesi efficace che appare oggi sul “Foglio” di Giuliano Ferrara, accompagna l’impresa disperata di Franco Marini, l’alpino marsicano, ex-sindacalista e Presidente del Senato, che cerca di allontanare lo spettro delle elezioni. La maggior parte degli osservatori parla di “mission impossibile”, ma la vecchia volpe democristiana è riuscita nel passato a creare dolori a personaggi come De Mita, Andreotti e D’Alema. Non ha il fisico di Tom Cruise, ma non è privo di astuzia, parla un pessimo italiano e ha la bella età di 75 anni, un dato anagrafico che pesa come un macigno nella politica e nell’antipolitica vogliose di giovanilismo e di rinnovamento. Ieri sera davanti alle telecamere la coppia Marini-Napolitano (83 anni) ricordava le fotografie ingiallite che si trovano nei cassetti delle nonne, e anche se qualcuno comincia a fare il giochetto ingenuo dei candidati ministri, per l’uomo della Cisl non sembra esserci futuro.Lo sanno bene i partiti del centrodestra che considerano i movimenti del ricco Tabacci e dell’ex-bagnino di Ostia, Mario Baccini, qualcosa di insignificante. Lo sa bene anche Pierfurby Casini che dopo i cannoli di Totò Cuffaro, rischia di trovare vuoto il piatto elettorale della Sicilia, e preferisce rimettersi alla tavola di Berlusconi dove le pietanze di qualsiasi genere non mancano mai. Lo sa bene anche la Confindustria che ieri ha riunito a Bologna la Consulta dei presidenti per discutere su una relazione del vicepresidente, Marino Vago, ma ha cercato di scrutare nello sguardo di Luca di Montezemolo il destino dell’Italia sulla quale sta per abbattersi la recessione americana. Se c’è un uomo in difficoltà in questo momento è proprio Luchino che dopo aver menato botte da orbi nella relazione svolta il 30 maggio dell’anno scorso all’Assemblea di Confindustria, adesso deve compiere una scelta fondamentale per la sua vita. Nell’aria c’è la nube densa delle elezioni che potrebbero coincidere proprio con la prossima Assemblea confindustriale, e c’è soprattutto il dilemma di una scelta che dovrà compiere per non restare a piedi. Il fronte compatto del centrodestra sta già stilando l’elenco delle poltrone. Appagatoa la vanità di Pierfurby con la prima poltrona della Farnesina, al Tg1 di ieri sera Giulietto Tremonti si è candidato a ministro del Tesoro, mentre risulta a Dagospia che Gianfranco Fini abbia messo una seria ipoteca per la Presidenza della Camera. Il governo del Cavaliere cercherà di avere un profilo alto e Gianni Letta, maestro di cerimonie e prossimo vicepresidente del Consiglio, cercherà di inserire nella ristretta lista dei ministri qualche personalità diversa. Luca Cordero di Montezemolo (60 anni compiuti a Cortina nell’estate scorsa) è una di queste, ma qui nasce il dilemma angoscioso del presidente di Confindustria, Fiat, Ferrari, Poltrona Frau, Luiss (e chi più ne ha più ne metta) perché da sinistra suona la sirena di un uomo come Veltroni che con il suo Ego vuole affrontare la sfida elettorale insieme all’Ego smisurato di Montezemolone. VeltronJohn sa benissimo che le possibilità di successo sono minime e che l’unica strada da battere è quella di costituire un tandem fortemente mediatico, relativamente giovane, in grado di arginare il “populismo” berlusconiano con una forte suggestione “popolare”. Da qui ha recepito l’idea dell’ideologo della sera Paolino Mieli di costituire il ticket con Montezemolo e di fare un’operazione di rottura rispetto agli schemi tradizionali. Nel suo ragionamento c’è spazio anche per la sconfitta, ma dovrà essere comunque una resa dignitosa, talmente dignitosa e innovatrice da costringere lo stesso Berlusconi-trionfante a cercare un accordo sui grandi temi del potere e delle riforme. E qui il Cavaliere lo ha già detto agli amici e Tremonti lo ripete a tutti: la prossima legislatura dovrà essere ‘costituente’. Vale a dire: tutti insieme veltruberlusconamente, così si evitano anche certi spadoni giudiziari, pronti a calare in caso di un Silvio Re. Dopo aver frettolosamente invocato la vocazione maggioritaria del Partito Democratico, WalterEgo dovrà per forza di cose fare la sua campagna elettorale guardando al centro, cioè a quella galassia indistinta di partiti e partitelli che non vogliono salire sulla carrozza di Arcore. E per far questo dovrà dialogare con la “Rosa bianca” dei vari Pezzotta-Tabacci-Baccini, ma soprattutto arruolare tra le sue fila personaggi nuovi, portatori di immagine e di successo. Luchino è uno di questi, forse il più interessante. È l’uomo che fa godere le studentesse della Luiss quando grida: “gli italiani ci sono, ora bisogna fare l’Italia”, è l’interprete degli interessi forti, è un uomo che può sfilare con disinvoltura al salone della moda di Firenze piuttosto che sulla passerella di Palazzo Chigi. Tra i due può nascere uno spartito musicale fantastico, dove le parole si intrecciano in un fraseggio vuoto di contenuti, ma ricco di note armoniose e di quegli ideali noiosi che gli italiani vogliono sentire in un’Italia “normale”. Così avremmo da una parte il Berlusconi torrentizio e roboante, penalizzato dall’anagrafe e dalla sua cultura autoritaria, mentre dall’altra si apriranno le dighe della retorica con un fiume di chiacchiere sostenuto con forza dagli organi di informazione. La tastiera dei giornali è pronta a sostenere questa impresa del ticket Veltroni-Montezemolo (un’accoppiata di cui Dagospia ha parlato un anno fa). Sul podio c’è un direttore d’orchestra che dopo aver suonato la sinfonia per Prodi nel 2006, non ha sentito il bisogno di scrivere di suo pugno il requiem per il Professore di Bologna perché il suo cinismo lo porta a nuovi scenari. Lo sforzo di Paolino Mieli è stato all’origine quello di aprire le cataratte dell’antipolitica con le polemiche sulla Casta e lo spazio smisurato a Beppe Grillo. Poi ha cercato di costituire il “Quartetto Cetra” degli anni 2000 costituito da un politico (Veltroni), un industriale (Montezemolo), un giornalista (lui stesso) e un grande banchiere (Mario Draghi). L’ultimo tassello – quello del banchiere – gli è venuto meno perché il Governatore non è così sciocco da farsi tirare nel teatrino italiano e, quando sarà il momento, se ne andrà a presiedere il Fondo Monetario di Washington. Ma per Paolino Mieli, tolto un banchiere se ne trova un altro, che potrebbe avere il nome di Mario Monti oppure quello di Corradino Passera al quale oggi dedica un’intera pagina del “Corriere della Sera”. Il braccio destro di Abramo-Bazoli ha rotto gli ormeggi e ha preso il largo. Con solennità che lascerebbe indifferenti i bambini delle elementari dice che “serve una visione della classe dirigente che attraversi gli schieramenti come nel dopoguerra o per l’euro”, e con toni da sogno veltroniano aggiunge: “dobbiamo dimostrare che il futuro può essere migliore”. Sono pensieri infantili che di per sé non ammettono la logica del contrario, ma fanno capire che Passera è pronto a fare il grande salto per salire sul nuovo carro del cambiamento. Alias, una poltrona da ministro. Anche per lui come per Montezemolo c’è un problema di posizionamento definitivo e di carrozza (sono insieme per l’avventura ferroviaria con Della Valle). Due uomini decisionisti, terribilmente furbi, sicuramente ricchi, e sottilmente ambigui. Hanno capito entrambi che per “essere” bisogna “apparire” e che l’anagrafe gioca in loro favore. Il treno delle elezioni è partito, i macchinisti Berlusconi e Veltroni stanno per lanciare fischi laceranti, sbagliare la carrozza sarebbe un dramma che personaggi come Mieli, Passera e Montezemolo non possono correre senza il rischio di compromettere fortune, ricchezze e potere.L’Obama bianco del Campidoglio li sta aspettando. Dagospia 31 Gennaio 2008

31/01/2008

Documento n.7115

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