DERIVATI AVARIATI – DOPO UNA LEGGE DI TREMONTI I PICCOLI COMUNI HANNO PROVATO L’EBBREZZA DELL’ALTA FINANZA

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DERIVATI AVARIATI – DOPO UNA LEGGE DI TREMONTI I PICCOLI COMUNI HANNO PROVATO L’EBBREZZA DELL’ALTA FINANZA – LA CORTE DEI CONTI ACCUSA: ORA SONO ESPOSTI PER 35 MILIARDI € CON RISCHI DI PERDITE PAZZESCHE… Sergio Rizzo per il "Corriere della Sera" Soltanto uno sprovveduto avrebbe cambiato un mutuo a tasso fisso con uno a tasso variabile dopo che la Bce aveva già aumentato per ben due volte il costo del denaro e si stava apprestando al terzo rialzo. Ma se questo sprovveduto fosse un privato cittadino, fatti suoi. Se invece l'autore dell'infortunio è un ammini-stratore pubblico e i soldi sono pubblici, allora la faccenda cambia un po'. Il Comune di Marsala, per esempio: il 28 febbraio del 2007, qualche mese prima dell'elezione dell'attuale sindaco Lorenzo Carini (centrodestra), stipula un'operazione di «interest rate swap con vendita di opzione digitale» per un valore di oltre 38 milioni di euro. Scadenza: 30 giugno 2034. Scattano le verifiche del Tesoro e si scopre, racconta la Corte dei conti, che la complicata operazione altro non è servita che a «sostituire un tasso fisso del 4,58%» che il Comune pagava alla Cassa depositi e prestiti, con «un tasso variabile pari all'Euribor a sei mesi oltre a uno spread variabile». Risultato: «In assenza di interventi correttivi », scrivono i magistrati contabili, si «rischia di determinare una notevole perdita per l'ente stesso, attualmente quantificabile in 2,3 milioni di euro». E pensare che l'avevano fatto per risparmiare. Ma che fosse una specie di suicidio, dice la Corte dei conti, si doveva capire subito. Anche perché «a distanza di pochissimo tempo dalla stipula del contratto e con una durata residua di 28 anni i risultati attesi hanno delineato uno scenario completamente differente ». Chi si domanda come sia stato possibile che 529 enti locali, grandi e piccolissimi, siano arrivati a 35 miliardi di euro di esposizione in derivati, con rischi di perdite pazzesche, come ha dimostrato qualche mese fa "Report" di Milena Gabanelli, e il pericolo che la tempesta abbattutasi sulle banche internazionali faccia saltare per aria i bilanci ( problema all'attenzione dell'Anci di Leonardo Domenici), dovrebbe leggere le decine di rapporti che la magistratura contabile ha prodotto nell'ultimo anno. Non senza aver fatto prima un salto indietro al dicembre 2001. Perché la norma che ha fatto accedere gli enti locali alla roulette dei derivati è nell'articolo 41 della legge 448 di quell'anno: la prima Finanziaria di Giulio Tremonti. Doveva servire a migliorare la gestione della finanza locale. Peccato soltanto che sia stata usata in un altro modo. Per esempio, per ottenere benefici contabili immediati e spostare nel tempo gli effetti negativi. Ma con ripercussioni talvolta devastanti. Scrive la Corte dei conti: «Normalmente le pubbliche amministrazioni non sono neppure in grado di monitorare costantemente i loro derivati e restano di fatto costantemente soggette ai loro consulenti bancari». Con le conseguenze del caso. Quali possono essere? Per capirlo vale la storia del Comune di Valledoria, in provincia di Sassari. Un paese di 3.713 anime che dopo aver perso una causa per un esproprio che risale a 25 anni fa, accese un mutuo con il Banco di Sardegna. Poi un bel giorno del 2004 «si presentò in Comune un funzionario della Bnl» con una proposta di ristrutturazione del debito. Commenta la Corte dei conti: «Le ragioni per cui il Comune di Valledoria abbia stipulato dei contratti swap non si riescono a comprendere». Il responsabile del servizio finanziario del piccolo municipio racconta come il funzionario della banca «dimostrò negli incontri » a cui parteciparono l'assessore alle Finanze e il sindaco «i vantaggi del contratto». E convinse tutti. Fatto sta che dopo due anni e mezzo c'era già una perdita di 114 mila euro. Così, nell'estate del 2007, il contratto è stato rinegoziato. Ma siccome sul mutuo del Banco di Sardegna il Comune pagava un tasso fisso del 3,9% e invece sulla nuova operazione l'interesse potrebbe arrivare al 7,35%, nella migliore delle circostanze il Comune conta di avere un vantaggio di 66 mila euro in vent'anni. Nella peggiore, però, la possibile perdita sarebbe di un milione di euro: 269 euro per ogni abitante. Aggiungendo «stupore» per «l'affidamento di un contratto di consulenza (gratuito) alla stessa banca con la quale sono stati stipulati i contratti di finanza derivata», la Corte dei conti ironizza: «Certamente le posizioni delle due parti sono fortemente disuguali. Il Comune può vincere 66 mila euro, ma la banca può vincerne oltre un milione!»

02/10/2008

Documento n.7515

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