DEBITO PUBBLICO: LA GERMANIA, I BTP ITALIANI ED I RISPARMIATORI

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La Germania, i Btp italiani e i risparmiatori ( Arena, L' del 18/01/2009 ) Domenica 18 Gennaio 2009 ECONOMIA Pagina 38 La Germania, i Btp italiani e i risparmiatori Siamo in un periodo che vede gli investitori acquistare titoli pubblici anche se i rendimenti reali sono sottozero. Strano? Non troppo. Perché anche i conti in banca sono insicuri e perché l'inflazione potrebbe presto crollare, magari perfino tanto da arrivare a variazioni negative dei prezzi. Però all'interno di questa corsa ai titoli di Stato ci sono situazioni differenziate e campanelli d'allarme che suonano. Uno dei più antipatici è l'ampliarsi dei divari di rendimento fra obbligazioni di Stato di diversi Paesi: fra questi, l'Italia, visto che il "bund" tedesco oggi rende sensibilmente meno rispetto al Btp italiano. Due anni fa, la differenza di rendimento era insignificante. Il rendimento di un'obbligazione è tanto più alto quanto meno concupita è l'obbligazione (e quindi quanto più basso è il suo prezzo). Esso dipende dal livello generale dei tassi d'interesse e dal merito di credito dell'emittente, cioè, in soldoni, dalla probabilità che il pubblico attribuisce ad eventi come la cessazione del pagamento degli interessi o il default. Gli Stati sono considerati gli emittenti più solidi, ma il caso dell'Argentina è lì a mostrare che Cesare non è mai del tutto alieno dal prendersi quel che non è di Cesare. Quando è arrivato l'euro, l'effetto sul debito pubblico italiano è stato balsamico. Per anni il nostro Paese, con un debito pubblico superiore al pil, è stato in grado di pagare interessi praticamente uguali a quelli pagati dalla Germania, la cui economia è più solida e funge da riferimento. Ma, come dice Thomas Kressin, fund manager di Monaco, «quando fu messa in piedi l'unione monetaria, gli spread tra i Paesi si schiacciarono entro il limite dei 20 punti base. Oggi invece la gente bada ai rischi di liquidità e di credito». I differenziali o "spread" sui tassi sono riferiti di solito ai titoli con durata decennale. Su questi l'Italia paga 159 punti base (1,59%) in più della Germania con i suoi "bund". Anche altri sono in difficoltà: la Grecia con 243 punti base di spread, l'Irlanda con 179, il Portogallo con 109 e la Spagna con 100 tondi. In questa turbolenza, come si vede, sono entrati anche i Paesi che nel recente passato erani quelli economicamente più dinamici, perché erano comunque molto indebitati. La Germania, che ha un basso disavanzo pubblico, è il Paese che meglio può permettersi di spendere per rilanciare l'economia. L'aumento degli spread significa che l'Italia non può fare altrettanto, anzi, dal momento che lo Stato pagherà di più sullo stock di debito in essere, dovrà togliere risorse alla spesa discrezionale per coprire i maggiori interessi. Altri faranno una politica espansiva, noi saremo obbligati alla deflazione. Perché abbiamo le mani legate dal "bundage" in cui ci hanno avviluppato, nei decenni, i nostri incapaci governanti. Domenica 18 Gennaio 2009 ECONOMIA Pagina 38 La Germania, i Btp italiani e i risparmiatori Siamo in un periodo che vede gli investitori acquistare titoli pubblici anche se i rendimenti reali sono sottozero. Strano? Non troppo. Perché anche i conti in banca sono insicuri e perché l'inflazione potrebbe presto crollare, magari perfino tanto da arrivare a variazioni negative dei prezzi. Però all'interno di questa corsa ai titoli di Stato ci sono situazioni differenziate e campanelli d'allarme che suonano. Uno dei più antipatici è l'ampliarsi dei divari di rendimento fra obbligazioni di Stato di diversi Paesi: fra questi, l'Italia, visto che il "bund" tedesco oggi rende sensibilmente meno rispetto al Btp italiano. Due anni fa, la differenza di rendimento era insignificante. Il rendimento di un'obbligazione è tanto più alto quanto meno concupita è l'obbligazione (e quindi quanto più basso è il suo prezzo). Esso dipende dal livello generale dei tassi d'interesse e dal merito di credito dell'emittente, cioè, in soldoni, dalla probabilità che il pubblico attribuisce ad eventi come la cessazione del pagamento degli interessi o il default. Gli Stati sono considerati gli emittenti più solidi, ma il caso dell'Argentina è lì a mostrare che Cesare non è mai del tutto alieno dal prendersi quel che non è di Cesare. Quando è arrivato l'euro, l'effetto sul debito pubblico italiano è stato balsamico. Per anni il nostro Paese, con un debito pubblico superiore al pil, è stato in grado di pagare interessi praticamente uguali a quelli pagati dalla Germania, la cui economia è più solida e funge da riferimento. Ma, come dice Thomas Kressin, fund manager di Monaco, «quando fu messa in piedi l'unione monetaria, gli spread tra i Paesi si schiacciarono entro il limite dei 20 punti base. Oggi invece la gente bada ai rischi di liquidità e di credito». I differenziali o "spread" sui tassi sono riferiti di solito ai titoli con durata decennale. Su questi l'Italia paga 159 punti base (1,59%) in più della Germania con i suoi "bund". Anche altri sono in difficoltà: la Grecia con 243 punti base di spread, l'Irlanda con 179, il Portogallo con 109 e la Spagna con 100 tondi. In questa turbolenza, come si vede, sono entrati anche i Paesi che nel recente passato erani quelli economicamente più dinamici, perché erano comunque molto indebitati. La Germania, che ha un basso disavanzo pubblico, è il Paese che meglio può permettersi di spendere per rilanciare l'economia. L'aumento degli spread significa che l'Italia non può fare altrettanto, anzi, dal momento che lo Stato pagherà di più sullo stock di debito in essere, dovrà togliere risorse alla spesa discrezionale per coprire i maggiori interessi. Altri faranno una politica espansiva, noi saremo obbligati alla deflazione. Perché abbiamo le mani legate dal "bundage" in cui ci hanno avviluppato, nei decenni, i nostri incapaci governanti. ( Arena, L' del 18/01/2009 )

18/01/2009

Documento n.7715

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