Da Repubblica.it (8-2-06) Consob.Fiat. Nessun obbligo di Opa, ma l’Authority avvia l’iter delle sanzioni per l’equity swap

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Nessun obbligo di Opa, ma l’Authority avvia l’iter delle sanzioni per l’equity swap con cui gli Agnelli sono tornati sopra il 30% Ifil-Fiat, Consob manda gli atti ai pm di WALTER GALBIATI Ifil-Fiat, Consob
manda gli atti ai pm
MILANO - Nessun obbligo di Opa. Ma gli atti dell’inchiesta della Consob sulla discussa operazione finanziaria che ha consentito alla famiglia Agnelli di risalire oltre la soglia di sicurezza del 30% nel capitale della Fiat, dopo la chiusura del "convertendo", finiscono in Procura. Anzi, in due Procure: quelle di Milano e Torino, che già avevano chiesto all’Authority di Borsa notizie e approfondimenti. Gravi le ipotesi avanzate dagli 007 della Commissione presieduta da Lamberto Cardia: ostacolo all’attività di vigilanza e false comunicazioni al mercato. Ipotesi che giustificano l’avvio dell’iter della sanzione amministrativa da parte della Consob e soprattutto la segnalazione ai magistrati, che apre uno scenario tutt’altro che rassicurante per le finanziarie della famiglia Agnelli. Per ben due volte la Consob aveva chiesto a luglio e ad agosto 2005 se Ifil avesse in atto manovre sui titoli Fiat. E per due volte da Torino avevano smentito. Eppure, a metà settembre si materializza improvvisamente una complessa operazione che permette alla famiglia Agnelli, attraverso la controllata Exor, di "blindare" sopra il 30% il controllo della casa automobilistica. Vediamo i dettagli: la stessa Exor, ad aprile, aveva stipulato un contratto di "equity swap" con Merrill Lynch. Allora, le Fiat viaggiavano ai minimi. La banca d’affari si impegnava con Exor, scatola lussemburghese controllata dalla Giovanni Agnelli Sapa, ad acquistare 90 milioni di titoli a un prezzo di 5,5 euro. Successivamente, nel dicembre 2006, si sarebbero potuti verificare due eventi: se le Fiat fossero salite al di sopra del valore di carico, Merrill Lynch avrebbe dovuto versare la differenza a Exor. Viceversa, se il titolo fosse sceso sotto i 5,5 euro, sarebbe toccato a Exor rimborsare Merrill Lynch. Insomma, una scommessa come tante sul mercato, da regolare in contanti. Niente più di questo. Il 15 settembre 2005, il giorno dell’aumento di capitale della Fiat riservato alla conversione dei debiti verso le banche in azioni, la scommessa si trasforma però in tutt’altro. Quel giorno Exor decide non di incassare l’eventuale plusvalenza sui titoli Fiat, ma di rilevare direttamente le azioni al prezzo di carico di Merrill Lynch (5,5 euro). Contemporaneamente Exor rivende a 6,5 euro i titoli Fiat alla Ifil, finanziaria della famiglia Agnelli che possiede il pacchetto di controllo del Lingotto. Quella che sembrava una scommessa in contanti sul titolo Fiat, un puro e semplice investimento finanziario, si rivela nella sua vera essenza: un portage di Merrill Lynch a favore di Ifil, tenuto nascosto al mercato. A convincere la Consob di questo, sarebbero stati la bozza di contratto del 29 luglio e altri documenti recuperati nell’indagine. Inizialmente, infatti, le operazioni con Merrill Lynch, tanto quelle di Exor (acquisto dei titoli) quanto quelle di Ifil (la vendita dei diritti dell’aumento di capitale) erano contenute in un’unica bozza di contratto, preparata da Franzo Grande Stevens. Ma allora, perché per ben due volte Ifil smentisce operazioni sul capitale Fiat? Si trattava di operazioni distinte, è la replica delle finanziarie torinesi. Eppure, il superconsulente Grande Stevens è anche consigliere di Ifil. E ai vertici delle holding degli Agnelli, l’accomandita, Exor e Ifil, siedono sempre le stesse persone, John Elkann e Gianluigi Gabetti. Poteva Ifil non sapere quello che stava facendo Exor, al piano di sopra? (8 febbraio 2006)

08/02/2006

Documento n.5655

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