Da Repubblica.it (6-9-05).Il presidente Ciampi contatta il governo e scrive a Fazio

in Articoli e studi
Nel pomeriggio di ieri la telefonata di Berlusconi a Bossi per incassare l’ok alla "sfiducia" verso il governatore di Bankitalia Il pressing del Quirinale "Questo caso va chiuso" Il presidente Ciampi contatta il governo e scrive a Fazio di ROBERTO MANIA Una trasmissione tv dedicata al "caso Fazio" ROMA - Ormai è solo questione di giorni, forse di ore. Antonio Fazio deve uscire di scena: autosospendendosi o dimettendosi. La deadline è stata fissata dal ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco, e porta la data di venerdì 9 settembre, quando a Manchester si riuniranno i ministri finanziari dell’Unione europea con i governatori delle rispettive banche centrali. Lì, Siniscalco, non vuole andarci con Fazio. Ma, soprattutto, è il Quirinale che chiede di far calare - rapidamente - il sipario sull’affaire-Fazio, per i danni che sta provocando sulla credibilità delle nostra principale istituzione finanziaria, come riferivano ieri sera fonti autorevoli: "Il caso va chiuso". Quella di ieri è stata la giornata della svolta: 1) il premier Silvio Berlusconi ha compiuto un ulteriore passo in direzione della richiesta delle dimissioni del governatore, parlando di una posizione "fondata", ancorché "personale" di Siniscalco; 2) il Colle ha accentuato il suo pressing su Palazzo Chigi perché non consideri affatto chiusa la partita dopo il Consiglio dei ministri di venerdì scorso che ha approvato l’emendamento per la riforma della Banca d’Italia; 3) il leader della Lega, Umberto Bossi, ha dato carta bianca al suo alleato Berlusconi. Un trittico al quale vanno aggiunte le dichiarazioni del segretario dell’Udc Marco Follini a sostegno di Siniscalco e la proposta del ministro di An Gianni Alemanno di votare sul caso Fazio ad un prossimo Consiglio dei ministri. Dunque: tutti contro Fazio. O almeno: più nessuno con Fazio. Il Quirinale sa benissimo che questa è una partita a rischio perché non può essere violata l’autonomia della Banca centrale, ma neppure ci si può limitare ad assistere perché la riforma varata dal governo non è sufficiente. Non per nulla l’ipotesi dell’autosospensione del governatore era stato uno degli auspici che il Capo dello Stato aveva fatto presente nelle sue conversazioni con il sottosegretario Gianni Letta. Nessuna interferenza, quindi, ma un’azione forte di moral suasion assolutamente sì. E ieri dal Colle è arrivata a Palazzo Chigi quasi un ultimatum: "O vi fate sentire voi o potremmo farlo noi". Nello stesso tempo ha cominciato a circolare per l’intera giornata la voce di una lettera di Ciampi a Fazio. Senza, però, alcuna conferma. È nel primo pomeriggio che Berlusconi parla al telefono con Bossi, perché la Lega è ormai l’unico partito che difende Fazio, non per ragioni personali, ma per l’assenso che ha dato al progetto del terzo polo bancario del nord, quello della Popolare italiana. "Qual è la vostra posizione?", chiede il premier al leader del Carroccio. "Noi - risponde - stiamo con te". Era il via libera che cercava Berlusconi per potere insistere sulla sfiducia a Fazio. Era quello che chiedeva anche Siniscalco, che nel duello con Fazio sta toccando con mano come il suo essere un ministro "tecnico" si traduca in una forte debolezza politica. Ieri lo ha coperto Berlusconi, tanto da fargli osservare in serata: "Certo in tutta questa vicenda sono stato io a spingere pigliandomi dei grossi rischi. Senza l’appoggio di Berlusconi me ne sarei dovuto andare io". Ma - dietro le quinte - Siniscalco sembra aver avuto il sostegno anche del presidente della Repubblica. Con la sponda del vicepremier Giulio Tremonti. A molti non è sfuggito il sapore "ciampiano" dell’aggettivo "inadatto" utilizzato dallo stesso Tremonti a Cernobbio a proposito di Fazio. "Siniscalco ha solo ripreso a darmi retta", dice da qualche giorno Tremonti. Eppure, nonostante gli annunci, non è scontata una iniziativa formale del Tesoro. "Io sono pronto a farlo anche domani, ma spero che non ce ne sia bisogno", spiegava ieri sera il ministro. Cautela è la parola d’ordine. Ben interpretata dal ragionamento di Tremonti: "Una interferenza diretta, determinerebbe un vulnus senza precedenti tra il governo e la Banca d’Italia. Sarebbe la prima volta che l’autonomia di Via Nazionale verrebbe così intaccata". Con il rischio di un autogol da parte dell’esecutivo. Lo stesso Trattato di Maastricht, peraltro, prevede una sola fattispecie in cui il governo può rimuovere il governatore: quello di "colpa grave", accertata. E non è il caso di Fazio. C’è allora la strada di una richiesta formale sul decano del Consiglio superiore della Banca perché convochi l’organo a cui spetta il compito di revocare il governatore. Procedura complessa e altamente a rischio perché - sanno bene i ministri più avveduti su questa materia - non è affatto scontato un voto contrario da parte di chi ha condiviso quasi tutti gli ultimi tredici anni a Palazzo Koch. Non resta che la moral suasion, che è poi il richiamo alla "propria coscienza" fatto da Berlusconi. Che può tradursi nell’autosospensione di Fazio per lasciare transitoriamente le redini a Vincenzo Desario. Per Fazio sarebbe una via d’uscita dignitosa. Ma nessuno ieri ha parlato con il governatore. (6 settembre 2005)

06/09/2005

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