Da Famiglia Cristiana n° 12/2006. GLI EFFETTI DEGLI AUMENTI SUI PRESTITI CONCESSI DALLE BANCHE

in Articoli e studi
di Francesco Anfossi ECONOMIA GLI EFFETTI DEGLI AUMENTI SUI PRESTITI CONCESSI DALLE BANCHE E CON I MUTUI "VARIABILI" CI RIMETTONO I DEBOLI Le associazioni dei consumatori accusano gli istituti di credito. Resta da vedere di quanto lieviteranno le rate. Le associazioni dei consumatori accusano le banche. Le banche rimandano le accuse al mittente, affermando di aver svolto solo un ruolo di consulenza. Un copione già visto tante volte (per esempio con il collocamento dei bond argentini), che ora si ripete a proposito dei mutui a tasso variabile. Dopo la decisione della Banca centrale europea di aumentare il costo del denaro, sono in molti a chiedersi fino a che punto lieviteranno le rate. Sono proprio i tassi di interesse "incognita" che può trasformare un buon mutuo in un pessimo mutuo. Una situazione difficile, soprattutto per le fasce più deboli. Secondo un’indagine del Centro Studi Toscano, infatti, la percentuale di chi accede a un mutuo a tasso variabile sale decisamente per le categorie più deboli e più esposte ai rischi: in particolare coloro che hanno meno di 35 anni (80 per cento) e i lavoratori che guadagnano meno di 2.000 euro al mese (fino al 90 per cento). In Italia il mutuo a tasso variabile va decisamente per la maggiore. Il 70 per cento di chi si fa prestare soldi per comprarsi una casa ha optato per questa formula, spesso su pressione del consulente, percentuale piuttosto sospetta. Perché una cosa è certa: il variabile alla banca conviene sempre. In caso di rialzo dell’Euribor, che è il tasso di riferimento per i mutui variabili (l’Eurirs è per il tasso fisso), la banca non rischia nulla e può tranquillamente rifarsi aumentando le rate. Il presidente dell’associazione di tutela dei consumatori Adusbef, Elio Lannutti, parla di scelte «indotte dai cattivi consigli delle banche». Per Lannutti, la decisione della Bce «produrrà l’ennesima stangatina sui mutuatari a tasso variabile, indotti dai cattivi, forse interessati consigli delle banche, a contrarre al 90 per cento del monte richieste degli ultimi due anni tassi indicizzati, invece degli irripetibili tassi fissi con rate costanti fino alle scadenze». Ma la colpa non è solo delle banche. Altri fattori entrano in gioco: la relativa stabilità dell’euro, ad esempio, che permette di dormire sonni relativamente tranquilli e a scommettere sulla stabilità del costo del denaro (tenuto conto che i livelli erano storicamente bassissimi e ci sarebbe stato un minimo di rialzo), e soprattutto i prezzi delle case, che sono lievitati a cifre impossibili, per cui il mutuo variabile era molto spesso l’unica soluzione praticabile. Rompicapo sempre più complicato Finché i tassi rimanevano stabili, il variabile sembrava un buon affare: la differenza con il fisso in qualche caso poteva arrivare anche a due punti percentuali, un risparmio davvero significativo. Ma queste considerazioni probabilmente appartengono al passato. Oggi la differenza è molto meno rilevante: la distanza, infatti, si è molto accorciata e in alcuni casi non va oltre lo 0,75 per cento. Accendendo un mutuo a tasso fisso, insomma, ormai non si andrebbe a spendere molto di più rispetto al variabile, con il vantaggio di dormire sonni tranquilli per la certezza delle rate. Naturalmente le banche si adeguano alle nuove esigenze, e propongono formule quanto mai svariate come quelle miste (nelle quali il tasso del mutuo viene ricontrattato a determinate scadenze), oppure soluzioni in cui, anziché aumentare la spesa della rata, aumenta il loro numero. Il cliente, tanto per fare un esempio, invece di chiudere un mutuo dopo 10 anni, continua a pagare rate anche all’undicesimo anno. Ma quanto è salita una rata media di un mutuo a tasso variabile dopo il rialzo di 25 punti base deciso dalla Banca centrale europea due settimane fa? Secondo l’associazione Adusbef, la rata è cresciuta di 155 euro l’anno, considerando un mutuo di 100.000 euro. Secondo l’Uppi, l’Unione dei piccoli proprietari, l’aumento in percentuale è in media del 10 per cento per un mutuo a 10 anni, e del 20 per cento per uno a 20 anni. Considerando i due aumenti di mezzo punto effettuati dalla Bce (quello di dicembre e quello di marzo), una rata di 457 euro di un mutuo da 100.000 euro è salita a 483 euro mensili, dunque è aumentata di circa 25 euro. Aumenti certo non rilevantissimi, ma che si faranno sentire sulle fasce meno abbienti. Gli addetti ai lavori prevedono un calo degli acquisti degli immobili in Italia, complice la vertiginosa corsa all’aumento dei prezzi che non accenna a diminuire. L’osservatorio Scenari immobiliari prevede un calo del cinque per cento delle compravendite. Chissà se quest’anno assisteremo al tanto ventilato scoppio della bolla immobiliare atteso ormai da anni. Francesco Anfossi I CONSIGLI PER NON SBAGLIARE Come addentrarsi nella selva dei mutui offerti dalle varie banche? Con una grande cognizione di causa. Prima di accendere un mutuo sarà necessario confrontare le varie offerte informandosi su convenzioni, tassi, rate e spese accessorie. Le associazioni per la tutela dei diritti dei consumatori offrono consulenza per orientarsi nel ginepraio. Si può partire dai siti Internet (ne consigliamo uno per tutti: il link "Casa 24" del sito del Sole 24 Ore, che permette di confrontare i mutui a seconda delle esigenze e le risorse del cliente). Il tasso variabile è adatto a chi vuole una rata leggera iniziale, che segua tendenzialmente il proprio stipendio o la propria entrata mensile. Il tasso fisso è invece adatto alle "formichine" che preferiscono fare sacrifici oggi per un avvenire sereno domani, poiché la voce della rata all’interno dello stipendio è destinata a divenire proporzionalmente sempre più piccola. Ancora, è bene informarsi sempre se il tasso proposto è un tasso di ingresso o un tasso di regime, perché molte banche propongono mutui con un tasso d’ingresso interessante per attirare la clientela ma che, dopo un breve periodo di tempo, aumenterà almeno di un punto. Il contratto deve sempre offrire a chi ha richiesto il finanziamento la possibilità di rimborsare il capitale residuo prima della scadenza naturale. Le banche di solito non incoraggiano mai i rimborsi anticipati, poiché si traducono in una perdita di interessi sugli anni che vengono cancellati. A tal fine provvedono a inserire nel contratto una "penale per estinzione anticipata" in punti percentuali sul debito residuo. È opportuno quindi chiarire l’entità di questa penale, che di prassi può andare da un minimo dell’1 per cento a un massimo del 4. In genere le banche non concedono mutui la cui rata sia superiore a un terzo del reddito totale familiare. F.AN.

20/03/2006

Documento n.5823

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