CASSA DEPOSITI E PRESTITI (LA CASSAFORTE DI STATO) IN MANO A TREMONTI ED AL FEDELE VARAZZANA

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LA PRESA DI POTERE BY TREMONTI DECOLLA CON LA CASSA DEPOSITI E PRESTITI (LA CASSAFORTE DI STATO) – AL VERTICE IL FEDELE VARAZZANI, CARRIERA IN SECONDA FILA, PROIETTATO DA GIULIETTO NELL’OLIMPO DEI BOIARDI DI STATO… Adriano Bonafede per "Affari & Finanza" de "la Repubblica" Un homo novus, sconosciuto ai più, alla guida della più potente banca del paese, la Cassa Depositi e Prestiti. Si tratta di Massimo Varazzani, 57 anni, nato Parma, avvocato. E, soprattutto, amico di Tremonti. Già, perché è stato proprio il ministro dell'Economia a proiettare questo manager che aveva alle spalle una serie di buone esperienze, dalla Banca d'Italia all'Imi Sanpaolo, dall'Enav alle Ferrovie ma mai in posizione di assoluto rilievo (a parte l'Enav dove alcuni anni fa era diventato amministratore unico grazie proprio a Tremonti) nel superuranio degli executive di punta.Varazzani è infatti in procinto di diventare amministratore delegato della Cdp, di fatto la banca del Tesoro. Un colosso che eroga ogni anno 1015 miliardi di mutui agli enti locali, e ha una serie di partecipazioni chiave in Eni, Enel, Terna e Poste, e già così basterebbe. Ma il fatto è che Tremonti vuole trasformare la Cassa in qualcosa di ancora più importante, ritagliandole un ruolo nel ‘social housing' (finanziamento di case a basso costo) ma soprattutto nel campo delle grandi infrastrutture di cui l'Italia ha una cronica mancanza e che le scarse risorse dello Stato permettono sempre meno di sostenere. I circa 100 miliardi raccolti dal risparmio postale sono per Tremonti il tesoro da cui partire per sostenere la metamorfosi della Cassa. Come, per la verità, il ministro non lo ha ancora spiegato. Varazzani, comunque, diventerà d'un colpo una delle persone più influenti d'Italia. Tutto ciò grazie all'amico Giulio. La relazione con quest'ultimo affonda quasi nella notte dei tempi, agli anni Ottanta, quando Tremonti era ancora soltanto un ricco tributarista e un brillante professore autore di diversi pamphlet sulle tasse e Varazzani lavorava all'Imi Sanpaolo come responsabile della direzione centrale Affari legali e societari. Quando poi nasce il primo governo Berlusconi, nel 1994, Tremonti si ricorda di lui e lo chiama a collaborare alla stesura del piano di riforma fiscale che non vide mai la luce a causa della caduta del governo. Ma i rapporti si erano rinsaldati una volta per tutte. Nelle biografie più recenti Varazzani viene dipinto come un tecnico super partes, ben visto anche da Prodi e in particolare dell'ex consigliere di quest'ultimo Angelo Rovati. Tuttavia è indubbio che il cuore del parmense batta inequivocabilmente a destra, sebbene prevalga in lui il profilo tecnico, come si vedrà dagli eventi successivi. Negli anni seguenti Varazzani continua la sua esperienza all'Imi: dal 1997 al marzo 2000, gli anni dei governi di centro sinistra, assume la carica di amministratore delegato e direttore generale della Imi Lease spa. Dal 1999 fino all'aprile 2002 assume incarichi in società del gruppo Sanpaolo Imi: ad della Sanpaolo Immobiliare, capo dipartimento del Recupero crediti, segretario generale del Banco di Napoli. Ruoli certo importanti, ma non di primissimo piano. Insomma, al Sanpaolo Imi nessuno pensa di trovarsi di fronte a un novello Passera o a un Profumo. Con il ritorno del governo Berlusconi nel 2001 Varazzani diventa consigliere economico di Tremonti, tornato trionfalmente alla guida dell'Economia e svolge anche il ruolo di ‘superispettore' del Secit. Ma è nel marzo del 2002 che Varazzani ha la sua prima occasione di emergere. L'amico Giulio lo piazza all'Enav, reduce dal disastroso incidente di Linate, con il ruolo di amministratore unico, una sorta di commissario. È lì che si saggiano le qualità di Varazzani. E il risultato è, se non altro, sorprendente. L'amministratore unico chiamato per rimettere ordine in un ente particolarmente delicato, da cui dipende, con i controllori di volo, la sicurezza dei cieli entra in rotta di collisione via via con tutti quelli che incontra: dalle sedici sigle sindacali ai fornitori, per finire a molti esponenti del governo Berlusconi. In una rimasta memorabile intervista a Repubblica del 6 ottobre 2002, raccolta da Marco Mensurati e Luca Fazzo, Varazzani spara all'impazzata. Contro i fornitori: su Alenia e Vitrociset "c'era un eccesso di interattività. E alla fine in nome della sicurezza accadeva che qualunque oggetto raddoppiasse il suo valore reale, come se fosse griffato Gucci". Contro i partiti: "A dire il vero i partiti più che ad affiancarmi puntano a sbarazzarsi di me. Evidentemente dò fastidio, vogliono continuare a influire sulla gestione degli appalti e io sono un ostacolo". E ancora contro le clientele: "Diana Battagia (moglie dell'allora sottosegretario Baccini, NdR) me la sono trovata qui. Guadagna 250 milioni di lire all'anno, ricopre una carica che non le compete, pensa di essere super partes perché è moglie di un politico. La sua nomina è una cambiale per l'azienda. E non è l'unica. Ho trovato gente che quando gli chiedevo ‘lei qui in Enav cosa fa?' non sapeva rispondermi. Li ho licenziati". Troppi nemici, troppi fronti aperti, però, per pensare di riuscire a prevalere, nonostante la fiducia di Tremonti. E infatti, quando rilascia l'intervista, Varazzani è già sul piede di partenza. Dal luglio 2004 al marzo 2005 viene mandato alle Ferrovie alla guida di Feservizi, ma anche qui per il suo carattere diretto e senza mezzi termini, e certo pure per la sua voglia di non piegarsi alle convenienze, si mette contro l'allora ad Elio Catania. Finita questa esperienza, ripiega nel buen retiro del Sanpaolo Imi dove diventa ad del Private Equity e della Investimenti per lo sviluppo Spa. Contemporaneamente diventa membro dell'organismo di vigilanza della Cassa Depositi e Prestiti. È qui che comincia a tessere la sua trama che lo porterà alla guida della banca del Tesoro. Grazie, si dice, anche alla benevolenza delle fondazioni guidate da Giuseppe Guzzetti, con cui imposta un buon rapporto a cominciare da uno studio sull'housing sociale. Ma le Fondazioni, evidentemente, hanno già raggiunto un accordo con lo stesso Tremonti. Nel frattempo, dopo la fusione tra Intesa e Sanpaolo, Varazzani non è uno dei manager che viene scelto per far carriera. Chissà, forse lo considerano troppo orientato sul versante politico, dati i suoi trascorsi. Fatto sta che alcuni mesi fa esce definitivamente dall'orbita della banca guidata da Passera. L'approdo alla Cassa di un personaggio come Varazzani apre alcuni interrogativi di fondo. L'intransigenza mostrata nei suoi precedenti incarichi sembra un po' stridere con un ruolo fatto soprattutto di relazioni con molti e diversi soggetti. Il suo ‘capo' indiscusso resta naturalmente Tremonti, e non c'è da dubitare che farà tutto quello che quest'ultimo gli chiederà. Ma qui dovrà avere a che fare con il composito mondo delle Fondazioni, enti privati che controllano il 35 per cento della Cassa e che stanno lì anche per far fruttare i propri soldi. E poi con l'ancor più variegato mondo degli enti locali - centinaia di comuni, regioni, province e altro - che invece chiedono un intervento pubblico ancora più penetrante. C'è inoltre il nuovo fronte dell'housing sociale e soprattutto delle infrastrutture, tutto da inventare (cosa però non facile altrimenti qualcuno l'avrebbe già fatto, e lo stesso Tremonti nel precedente governo Berlusconi dovette rinunciare). Infine c'è il rapporto con la struttura interna, impersonata dal direttore generale Antonino Turicchi, al quale verranno tolte molte deleghe che verranno date proprio a Varazzani, mentre per il presidente Iozzo si profila la fuoriuscita.Bisognerà quindi vedere se e come il ‘prescelto' di Tremonti riuscirà a far fronte contemporaneamente a tutte queste esigenze evitando gli esiti fatali delle due precedenti esperienze. In prima battuta la scommessa di Tremonti è che Varazzani sia maturato, che la smetta di combattere contro i mulini a vento e trovi la strada giusta per fare qualcosa di concreto senza materializzare un fronte compatto contro di lui. Ma il vero azzardo del ministro è un altro: dimostrare di aver saputo pescare in mezzo all'affollato mondo dei manager di seconda fila un ‘cavallo

11/11/2008

Documento n.7586

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