BORSE: I TITOLI BANCARI CROLLANO MA I BANCHIERI RESTANO IMPERTERRITI AD INCASSARE PREBENDE E STOCK OPTIO,SULLA PELLE DEI RISPARMIATORI

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OUTLET PIAZZA AFFARI – OLTRE 100 TITOLI SONO SCESI sotto QUOTA 1 €: UNICREDIT, TELECOM, TISCALI E MPS COSTANO MENO DI UN CAFFè – PEGGIO DI TUTTI HANNO FATTO I BANCARI: IN UN ANNO PERSO L’80% DELLA CAPITALIZZAZIONE… Camilla Conti per "Libero" Venghino siore e siori, a Piazza Affari apre il discount «tutto a meno di un euro». Oggi un caffè costa più di metà delle società quotate in Borsa. E per costruirsi un portafoglio di qualche centinaio di titoli azionari si spende meno che fare un pieno di benzina alla macchina. Paradossi della crisi: le cosiddette penny stock (azioni monetina), il termine utilizzato negli Usa per indicare i titoli acquistabili con una manciata di spiccioli, sono almeno un centinaio. L'elenco si è allungato ieri (venerdì, ndr) con il Mibtel in caduta libera che ha conquistato la maglia nera d'Europa (-3,87%). Non solo. A febbraio la media giornaliera dei contratti scambiati su azioni italiane è stata di 212.414, ovvero il 25% in meno rispetto a febbraio 2008. La media giornaliera del controvalore è stata di 1,8 miliardi di euro, in diminuzione del 59% se confrontata con febbraio 2008. Nello stesso periodo la perdita media dell'indice Mib è stata del 47 per cento. Una lenta emorragia insomma. Con il risultato che l'esercito delle penny stock, rispetto al passato, non affolla più solo la parte bassa del listino milanese dove si rifugiano le mini capitalizzazioni e le storie più speculative, ma comprende anche nomi eccellenti come Telecom, Unicredit, Monte dei Paschi e Tiscali. Quelle che fino a ieri erano considerate le azioni di serie A sono entrate a far parte del club dei nobili decaduti o dei gratta&vinci di Borsa. Prendiamo il caso più eclatante, quello di Unicredit: nell'ultimo anno il titolo di Piazza Cordusio ha perso più dell'80% del proprio valore e oggi quota attorno ai 77 centesimi. Briciole, per il colosso del credito guidato da Profumo. Stesso discorso per Telecom Italia, cui la tempesta finanziaria internazionale ha presentato un conto salatissimo facendo perdere alle azioni ordinarie quasi il 50% in un anno affossandole fino a quota 0,83 euro. A ballare la stessa musica è Pirelli che ha abbandonato le quotazioni «intere» nel lontano 2001 e oggi vale poco più di 15 centesimi. Per non parlare del bagno di sangue di Tiscali che ai tempi d'oro della new economy, era il 2000, aveva toccato un massimo di 107 euro e ora naviga attorno a quota 0,30 euro. Del club farebbe, infine, parte anche Seat Pagine Gialle che però, dopo essersi stancata di vestire la maglia nera dell'indice S&P Mib, ha deciso recentemente di fare un raggruppamento azionario e ora tratta a 3,6 euro. Certo, il crollo del titolo resta: solo nell'ultimo mese gli elenchi hanno lasciato sul terreno di Piazza Affari oltre 60 punti percentuali. Poco importa se dietro alla penny stock c'è un'impresa o una banca solida e con prospettive di crescita. In mezzo alla tempesta perfetta dei mercati, i "fondamentali" delle aziende non contano più. A farla da padrona è la speculazione. Ecco perché, chi ama il rischio e le occasioni facili in Borsa, deve stare molto attento e non ascoltare le sirene del mercato: l'esame del valore di quotazione, e della sua discesa sotto la soglia di 1 euro, può essere un indicatore fuorviante per chi è a caccia di occasioni di investimento. Non solo. Il valore di quotazione è completamente sfalsato rispetto al valore nominale che è la soglia sotto la quale non possono andare gli eventuali aumenti di capitale. Ciò rende difficile il successo delle ricapitalizzazioni, come dimostra l'ultima operazione di Unicredit che ha richiesto l'intervento di garanzia dei titoli inoptati da parte di Mediobanca. «Due grami, miseri, semplici penny», cantavano i banchieri in Mary Poppins, elencando affari imperdibili. Il motivetto oggi viene amaramente ricordato in Borsa, magari davanti a un buon caffè. Che costa più di un'azione.

09/03/2009

Documento n.7796

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