BANKITALIA:COSSIGA A CACCIA DI DRAGHI.MA GIORNALI "AMICI" LODANO IL "PRESTIGIO" DI DRAGHI GOLDMAN SACHS.MELASSA MASS MEDIA: HA RAGIONE BEPPE GRILLO !

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COSSIGA A CACCIA DI DRAGHI - IL GOVERNATORE STA ESAGERANDO: VA AL QUIRINALE PER PROTESTARE TREMONTI, CHE NON E’ ANCORA MINISTRO – E POI SI ARROGA IL DIRITTO DI INTERFERIRE SUGLI ASSETTI DELLE BANCHE… 1 - COSSIGA: DRAGHI AL QUIRINALE CONTRO TREMONTI, STA ESAGERANDO… (Ansa) - 'Mi sembra che il governatore Draghi stia esagerando'. Lo dice il senatore a vita Francesco Cossiga che spiega: 'Ho appreso io stesso che Draghi, dopo che il futuro ministro dell'Economia aveva qualificato come 'aspirina' la sua ricetta per affrontare la crisi economica e finanziaria, ha chiesto e ottenuto udienza al presidente della Repubblica per protestare contro il possibile futuro ministro dell'Economia e delle Finanze. Evidentemente il governatore ritiene di essere un organo costituzionale che puo' accedere al capo dello Stato per una dichiarazione fatta da uno che non e' ancora ministro'. 'Inoltre - prosegue Cossiga - Draghi si arroga il diritto di interferire sugli assetti organizzativi delle banche e degli istituti di credito rivendicando un suo personale potere. C'e' da chiedersi se in un paese serio Draghi sarebbe ancora governatore della banca centrale'. 2 - LE BANCHE D'ITALIA E IL DDL COSSIGA Antonio Quaglio per “Il Sole 24 Ore” «Il Governo dica a Bankitalia di astenersi all'assemblea delle Generali»: titolava così Il Sole 24 Ore del 15 marzo 2003,citando un'interpellanza di Francesco Cossiga all'allora premier Silvio Berlusconi. La più violenta tra le battaglie recenti nell'eterna "guerra dal Leone" era all'apice e il Presidente emerito scendeva personalmente in campo contro la Banca d'Italia di Antonio Fazio, che stava attaccando Mediobanca e Generali. Il Governatore era il regista della scalata delle grandi banche italiane al Leone e l'obiettivo era il vertice di Piazzetta Cuccia. Vincenzo Maranghi aveva tentato di mantenerne l'autonomia con l'appoggio dei soci francesi, ma era ormai a un passo dalla rimozione, alla vigilia dell'assemblea primaverile delle Generali. A Trieste - col voto attivo del 4,4% di Via Nazionale- Antoine Bernheim ottenne invece di restare alla testa di un consiglio in cui entravano in forze Intesa, UniCredit, Capitalia e Mps. Cinque anni dopo, a pochi giorni dall'ennesima riconferma del finanziere francese alla guida del Leone, su Bankitalia Cossiga ha presentato addirittura un disegno di legge, al debutto di una legislatura nuovamente dominata dal centro-destra. E, come nel 2003, il senatore a vita chiede che venga neutralizzato il ruolo di Via Nazionale in quanto socio rilevante di società quotate (e tra queste vi sono Generali e Telecom): da subito, attraverso la sterilizzazione del voto. Attorno, intanto, tutto è cambiato, a cominciare dal piano nobile di Palazzo Koch, che Fazio ha lasciato da tempo. Gli è subentrato Mario Draghi, col mandato pieno di ripristinare l'efficienza e la trasparenza dell'azione della banca centrale, dopo i rovesci e le ombre lasciati dei crack Cirio e Parmalat e delle scalate creditizie del 2005. Come "banchiere dei banchieri" Draghi si è subito mosso lungo tre direttrici: rafforzare la solidità del sistema; intensificare la vigilanza ispettiva; promuovere una regulation creditizia di mercato, omogenea al "suo" testo unico della finanza del '98. Sul primo terreno, sollecitando le fusioni Intesa-Sanpaolo, UniCredit-Capitalia, Bpu-Lombarda e Popolare Verona-Bpi, la Banca d'Italia di Draghi ha certamente aiutato il sistema a reggere meglio l'urto successivo della crisi dei subprime. Bussando con più decisione alle grandi banche italiane (particolarmente sul fronte ispettivo e nelle zone grigio- scure dei derivati), Via Nazionale ha poi reso concrete le molte "strigliate" pubbliche: la drastica svolta impressa al caso Italease ne è stato l'esempio. Varando infine le istruzioni sulla governance duale in banca, Draghi ha chiesto cambiamenti sostanziali al capitalismo nazionale, tra credito e grande impresa. Ha sollecitato ai soci stabilie ai loro rappresentanti (tra cui banchieri come Giovanni Bazoli e Cesare Geronzi) di limitare il loro ruolo all'alta sorveglianza, senza condizionare più le scelte operative, lasciando spazio ai manager. Con coerente approccio di mercato Draghi si è mosso anche nella gestione delle partecipazioni Bankitalia. Perché un investitore istituzionale come il fondo pensioni di Via Nazionale avrebbe dovuto accettare un posto nel consiglio Generali, facendosi cooptare dagli altri azionisti bancari? Mentre l'attivista Algebris scalpitava, al Governatore è parso corretto affiancare i fondi italiani nel promuovere una lista di minoranza:per far crescere concretamente la governance e per scuotere l'asset management domestico, ancora imperniato sulle Sgr bancarie e sui loro con-flitti d'interesse. Questo ha oggettivamente contribuito a spingere Edizione Holding a presentare in corsa una lista di minoranza per Generali che la Consob è stata costretta a giudicare non ammissibile, perché troppo collegata a Mediobanca. A capo del collegio sindacale triestino, in ogni caso, c'è ora un rappresentante dalle minoranze, indicato dai fondi italiani aderenti all'Assogestioni: esattamente quello che è stato auspicato per decenni come sana governance. Ed è ciò che ha consentito anche, pur con il solo Luigi Zingales, di rompere in Telecom il monopolio sul board degli azionisti bancari e privati. La campagna di primavera che Draghi ha condotto con determinazione per affermare un più solido quadro di regole si è dipanata mentre il voto ha restituito al suo ruolo il ministro dell'Economia che era in carica in quell'inizio del 2003: Giulio Tremonti. E tra gli addetti ai lavori cresce ora l'attesa per la view del giurista lombardo sul franco confronto in corso tra settori portanti del sistema bancario nazionale e un Governatore il cui prestigio internazionale è sancito dalla presidenza del Financial Stability Forum.

07/05/2008

Documento n.7284

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