BANKITALIA: TREMONTI TRAMA PER SOSTITUIRE DRAGHI

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Tremonti (duplex con geronzi) trama lo ‘sbankitalia’: in pista bini smaghi - In ballo per draghi la chance di affiancare Strauss-Kahn al Fondo Monetario - SOTTOSOPRA L’INTRIGO USA SUL PORCELLO STRAUSS-KHAN 200 MILIARDI $ DA GESTIRE Gli uscieri della Banca d'Italia sono profondamente offesi. Le accuse lanciate da Marco Travaglio nell'ultima trasmissione "Anno Zero" sul costo delle agendine che via Nazionale regala ogni anno ai dipendenti e agli stakeholders, non tengono conto del valore incommensurabile che questi gadget preziosi in carta avoriata hanno per conservare la memoria storica su vicende di valore planetario. Per loro Bankitalia è l'ombelico del mondo e nonostante il ruolo marginale assunto dopo l'avvento della Bce, Palazzo Koch è il Santo Graal dell'economia. E poi - dicono gli uscieri - il bando per la gara indetta dal Servizio Acquisti e Appalti per le 62.400 agendine in pelle extra con il nome del destinatario inciso in oro sul frontespizio, è assolutamente ineccepibile. I due funzionari che seguono la gara europea per le nuove agendine (con un importo a base d'asta di 1,065 milioni) si chiamano Paolo Piccolo e Francesca Romana Valente, due persone impeccabili che porteranno sul tavolo di Draghi le offerte delle tipografie. Sulle agendine gli uscieri di via Nazionale non scrivono cazzate e hanno cancellato da tempo i numeri di telefono di Antonio Fazio e Angelo De Mattia, il braccio destro del pio Governatore che adesso ha riscoperto, dopo il Manifesto d'antan, un'insospettabile vena giornalistica sull'Unità. Nei fogli di carta avoriata ci sono storie ben più importanti, come ad esempio quella che riguarda le guerre internazionali che si stanno svolgendo intorno alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale, i due centri del potere finanziario, storie davvero intriganti e piene di scandali a luci rosse dietro i quali si intravede un groviglio di debolezze umane e di complotti politici. Nel giugno dell'anno scorso Paul Wolfowitz, l'americano 65enne che da due anni guidava la Banca Mondiale, fu costretto a dimettersi per aver concesso un aumento di stipendio alla sua compagna che era stata assunta come dipendente. Gli uscieri di via Nazionale ancora conservano piegata nelle loro agendine la fotografia del politico newyorkese che con i calzini bucati entrava in una moschea. Adesso è la volta del Fondo Monetario che a leggere i giornali è diventato il "club dei porcelloni" sotto la guida di Dominique Strauss-Kahn, l'avvocato francese di origine ebraica che colleziona le mogli e le amanti con la disinvoltura di un gigolò. Mentre infuria la tempesta dei mercati a Washington è scoppiata la tempesta degli ormoni e "Dsk" (la sigla con cui Strauss-Kahn è conosciuto in Francia) è entrato nel mirino della cronaca sexy. Un anno fa (esattamente il 1° novembre) è stato nominato direttore generale del Fondo Monetario, ma la scelta di questo 59enne socialista dalla mente brillante e il pisello potente non è mai stata digerita dai circoli della finanza americana che vorrebbero pilotare l'attuale crisi dei mercati. Non a caso il primo giornale a sparare sulla tresca del Gran Kahn con Piroska Nagy (moglie di un noto economista argentino) è stato il "Wall Street Journal" e subito nella Francia dove regna Sarkozy che ha un debole per le donne e ambisce a pilotare l'Europa contro i disastri della finanza americana, si è gridato al complotto. Gli uscieri di via Nazionale hanno capito benissimo che nel "Club dei porcelloni" di Washington è in atto una guerra senza quartiere: il Fondo Monetario ha in mano 200 miliardi di dollari da gestire con i Paesi che sono entrati in crisi per colpa dei subprime e dei prodotti tossici, un potere immenso che non può essere lasciato nelle mani di un francese dal pisello potente, e anche se hanno preso nota dell'assoluzione che Strauss-Kahn ha ricevuto in questi ultimi giorni per le sue marachelle, sono convinti che la battaglia per il potere di Washington aprirà un varco immenso al Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi. La loro sensazione non è infondata soprattutto di fronte alla necessità ormai incombente che la Banca Mondiale e il Fondo Monetario hanno di ristrutturarsi per poter gestire i 200 miliardi e riscrivere le regole dei mercati. In questa prospettiva si collocano gli apprezzamenti pronunciati con grande enfasi la settimana scorsa da Tony Fratto, il portavoce della Casa Bianca nei confronti dell'uomo di via Nazionale. Quest'ultimo ha sottolineato sulla sua agendina in pelle la data del 15 novembre come una data storica. Per quel giorno è indetto il G20, l'appuntamento dei Paesi industrializzati che dovrà mettere le basi per una nuova Bretton Woods. E nessuno meglio di Draghi sa quanto sia importante questo appuntamento dove nella sua qualità di presidente del Financial Stability Forum, dovrà buttare sul tavolo le nuove regole. Il Governatore atermico è cosciente dell'importanza di questo incontro nel quale sembra che il povero Zapatero stia cercando di infilarsi a dispetto di chi lo vorrebbe estraniare. Dieci giorni fa, durante un incontro a Milano con i soci del National Bureau of Economic Research, Draghi ha detto solennemente: "è arrivato il momento di ridefinire le regole del sistema finanziario globale e la supervisione perché tutto è cambiato da agosto". Gli uscieri di via Nazionale sanno che il prossimo G20 sarà decisivo per il destino del top banker italiano che ha studiato al liceo Massimo insieme a Luchino di Montezemolo e Luigino Abete. E sanno anche che la credibilità del loro Governatore ha sponde robuste nella finanza anglo-americana che lo apprezza dai tempi di Goldman Sachs e lo vuole sottrarre al teatrino italiano dove Giulietto Tremonti e Cesare Geronzi (preoccupato per "i principi di onorabilità" agitati dal governatore) non perdono occasione per lanciare "centomila punture di spillo". L'insofferenza del ministro del Tesoro verso Draghi è alla luce del sole; basta vedere che cosa è successo quando durante la conferenza stampa di Palazzo Chigi Berlusconi ha annunciato le misure contro la crisi. Alla sua destra c'era un Draghi terreo e affaticato perché aveva dovuto rientrare precipitosamente da Londra quando stava già imbarcandosi per Washington. Il Governatore non può reggere oltremisura la parte del comprimario e del convitato di pietra, ed è questa la ragione per cui si prepara ad andare a Washington dove lo considerano un italiano "eccellente". Questa volta - giurano gli uscieri - il Governatore ce la metterà tutta e arriverà all'appuntamento del G20 con il terreno preparato dai vecchi amici di Goldman Sachs e da Biagio Bossone, l'ex-direttore esecutivo della Banca Mondiale che ha lavorato per anni in Banca d'Italia e adesso dedica il suo tempo a disegnare la nuova governance degli organismi internazionali. In ballo c'è la prospettiva di affiancare Strauss-Kahn al Fondo Monetario, una prospettiva che è emersa con chiarezza nei giorni scorsi dopo i risultati dell'indagine sull'economista francese dal priapismo a prova di Carmen Llera, e che pone (come ha scritto Roberto Petrini su "Repubblica") il problema di una doppia guida per il Fondo. Gli uscieri di via Nazionale vanno più in là e senza indulgere a scenari fantaeconomici e ai pettegolezzi miserabili di Dagospia, hanno già scritto sulla loro agendina di carta avoriata il nome del successore di Draghi: Lorenzo Bini Smaghi, il 52enne fiorentino che dal giugno 2005 siede nella Banca Centrale Europea. Intorno a quest'uomo che ha vissuto a Bruxelles e si è laureato all'Università di Lovanio per poi entrare al Servizio Studi della Banca d'Italia, si sta creando una cornice di consenso. Bini Smaghi non è considerato dalla comunità scientifica un grande economista, e quando appare in televisione come è avvenuto pochi giorni fa su invito di Gianni Riotta, il suo eloquio non è eccitante. Ma non importa perché è lui l'uomo che piace a Giulietto Tremonti, la carta di riserva quando si sarà spezzato definitivamente il filo polemico che lega il Tesoro alla Banca d'Italia.Non a caso lunedì scorso il cervellone di Sondrio ha partecipato a Milano insieme a Mario Monti alla presentazione del libro "Il paradosso dell'euro" che Bini Smaghi ha scritto per invocare un'Europa più forte che sappia disegnare le nuove regole dei mercati da far digerire agli Stati Uniti. Per gli uscieri di via Nazionale non c'è alcun dubbio: il Governo del Cavaliere asfaltato e del superministro dell'Economia ha già messo in agenda un clamoroso ribaltone. [27-10-2008]

27/10/2008

Documento n.7557

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