BANCHE: PROCURA MILANO INDAGA SU BIG DELLA FINANZA COINVOLTI IN ACROBAZIE FISCALI. QUANDO SI SPICCANO I MANDATI DI CATTURA DEI PROFUMO DI PASSERA ?

in Articoli e studi
NIENTE TASSE SIAMO BANCHE! - LA PROCURA DI MILANO INDAGA SUI I BIG DELLA FINANZA COINVOLTI IN ACROBAZIE FISCALI - CI SONO TUTTI, GRANDI E PICCINI: RAS, SAI, INTESA, BNL, UNICREDIT, MPS, CREDEM, ETC. - COI CONTRATTI DERIVATI HANNO ABBATTUTO SIGNIFICATIVAMENTE L'IMPONIBILE IN ITALIA Francesco Bonazzi per L'Espresso Ci sono tutti, grandi e piccini. Ma l'Agenzia delle entrate non sapeva nulla delle loro acrobazie fiscali. Ras, Fondiaria-Sai, Sanpaolo Vita, Popolare di Bari, Bper, Bnl, Abax Bank, Carige, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi, Popolare di Milano, Popolare di Verona, Popolare Vicentina, Capitalia, Credem, Unicredit, Riva-Ilva. Secondo quanto 'L'espresso' è in grado di rivelare grazie a nuova documentazione acquisita a Londra, l'elenco di banche, assicurazioni e grandi imprese italiane disinvolte con le tasse è decisamente più lungo di quanto si potesse immaginare a ottobre 2008, quando questo giornale ha raccontato i segreti del trading fiscale ('Banca Furbetti', n. 43 del 2008). Ovvero quella montagna di contratti derivati che tra il 2005 e il 2008 alcuni dei più bei nomi della finanza italiana hanno stipulato con le principali banche d'affari estere e che hanno consentito loro di abbattere significativamente l'imponibile in Italia. Un business smantellato in fretta e furia lo scorso autunno, mentre in tutto l'Occidente le banche chiedevano aiuti ai governi, e sul quale si è ora acceso il riflettore della Procura di Milano. Il procuratore aggiunto Alfredo Robledo, è notizia della scorsa settimana, ipotizza i reati di truffa aggravata ai danni dello Stato e di dichiarazione fiscalmente infedele, con effetti imprevedibili sui bilanci. La storia inizia a emergere a ottobre 2008, quando dalle casseforti di Barclays e Dresdner escono carte riservatissime. Sono i memorandum del tax trading con i clienti italiani; l'agenda degli incontri tra banchieri e il loro esito; i nomi di chi vende, tratta e poi firma; la vera struttura di complesse operazioni di arbitraggio su derivati e obbligazioni non quotate che forse avevano il solo scopo di gabbare le autorità fiscali giocando sul filo della legalità (tra elusione ed evasione). Le banche italiane citate allora da 'L'espresso' preferirono non commentare, a eccezione di Intesa. L'istituto guidato da Corrado Passera, che in quelle settimane aveva appena salvato capra e cavoli con l'operazione Alitalia-AirOne, il 29 ottobre prese carta e penna per escludere che quei contratti fossero fuori bilancio ("La quasi totalità delle suddette operazioni ha durata ultra annuale") e per negare che potessero costituire anche una semplice "elusione fiscale". Non solo, ma Intesa bollò come "fantasiosa, oltre che gratuitamente offensiva, l'ipotesi secondo la quale le operazioni in esame costituiscano un modo fraudolento di far sparire gli utili montando operazioni finanziarie". Sull'intera vicenda è poi sceso il silenzio fino al 16 marzo di quest'anno, quando l'inglese 'Guardian' scova un documento riservato di Barclays assolutamente simile (ancorché meno particolareggiato) a quelli usciti da Dresdner e relativi al mercato italiano. Il documento si chiama 'Brontos' e non lascia dubbi sulle finalità meramente fiscali di quei famosi pronti contro termine andati così a ruba tra le banche italiane. Le 21 pagine di 'Brontos', che tra i compratori citano Intesa e Unicredit, restano su Internet un mese e mezzo abbondante. Il pm Robledo se le stampa e spedisce la Guardia di Finanza a perquisire le due banche italiane. Riesce a tenere tutta l'inchiesta nel totale riserbo fino a mercoledì 5 agosto, quando l'Adn Kronos racconta che c'è un fascicolo aperto contro ignoti. Intesa smentisce subito di aver partecipato all'operazione 'Brontos', mentre Unicredit ribadisce di "non aver agito a fini di elusione o evasione fiscale".La nuova documentazione che 'L'espresso' ha visionato proviene dalla Morgan Stanley. Comprende una sintesi delle finalità del prodotto venduto in Italia che lascia pochi dubbi: lo si presenta come un investimento che consente a entrambe le parti di guadagnare un ampio beneficio fiscale giocando sul differenziale delle ritenute alla fonte tra nazione e nazione e sui trattati bilaterali che vietano la doppia imposizione. Si afferma chiaramente che "i contratti sono normalmente a breve termine, con l'arbitraggio sul derivato prima della fine dell'anno finanziario del cliente" e la possibilità di "riavviare la transazione per un altro anno, all'inizio del nuovo anno fiscale". Le banche e le assicurazioni alle quali Morgan Stanley vende simili contratti sono fiscalmente residenti in "Italia, Grecia, Francia, Germania e Svezia". In un altro documento, della primavera 2006, Morgan Stanley fa il punto sul mercato italiano del tax trade. Vi si legge che alcune banche contattate hanno per ora risposto negativamente perché "non hanno capacità fiscale". E in tutti i memo interni la discriminante tra clienti potenziali e reali è sempre una sola: "La disponibilità di un utile da abbattere per l'anno in corso". L'elenco dei clienti con i quali erano in corso trattative è il seguente: Aip (San Paolo Vita), Alleanza, Antonveneta, Arca Vita, Banca Aletti, Banca Lombarda, Bipiemme Vita, Bnl, Bper, Capitalia, Carige, Cattolica, Claris Vita, Credem, Fondiaria-Sai, Generali, Iccrea, Imi, Intesa Vita, Mediobanca, Monte Paschi, Popolare di Verona, Ras, San Paolo, Toro, Angelini, Barilla, Cir (holding che controlla 'L'Espresso'), Edizione Holding, Eni, Fininvest, Finmeccanica, Ifil, Italmobiliare, Mittel, Telecom Italia e Terna. Chi ha accettato la proposta? Dalla nuova documentazione in nostro possesso si ricava che sono Aip, Fondiaria-Sai ("Contratto firmato il 2 maggio per 500 milioni a sei mesi") , Popolare di Bari, Bnl ("Contratto pilota su prodotto fiscale inglese"). Mentre Credem risulta "già impegnato con altri" e per Intesa "si sta cercando di frazionare l'accordo in capo alle varie controllate". Sempre sul fronte della banca milanese c'è anche una bozza di contratto tra la sua controllata Caboto e Morgan Stanley datata 13 settembre 2006. Se si incrociano questi documenti con quelli di Dresdner e Barclays, si trovano solo conferme. E quindi si vede che a questo supermarket si sono serviti anche Unicredito (via Gibilterra), il gruppo Riva-Ilva (1,3 miliardi), Abax Bank (150 milioni), Carige (280 milioni con Société Générale), Intesa Sanpaolo (500 milioni nel 2004), Pop Milano (3,5 miliardi), Popolare Vicentina (con Deutsche Bank e Credit Suisse), Capitalia (1 miliardo con Lehman e Crédit Suisse) e Ras (250 milioni). Ora toccherà alla magistratura calcolare il beneficio fiscale di queste transazioni e gli eventuali risvolti penali.

13/08/2009

Documento n.8118

Sostieni i consumatori, sostieni ADUSBEF!

Puoi sostenere ADUSBEF anche attraverso il 5 x 1000: in fase di dichiarazione, indica il codice fiscale 03638881007

Informativa sull'uso dei Cookies

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.OK