BANCHE: LA PROTERVIA DI BANCA INTESA. RIBELLARSI ALLA REPUBBLICA DELLE BANCHE

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AIUTO, VOGLIONO PIGNORARE BANCA INTESA! - TORINO, 4 APRILE, L’UFFICIALE GIUDIZIARIO SI PRESENTA ALLA SEDE PER REQUISIRE 11 MILIONI DI EURO PER UNA FIDEJUSSIONE NON ONORATA – VOLANO PAROLE GROSSE E MINACCE DI DENUNCIA… Marco Cobianchi per Panorama Ore 11,30: i carabinieri entrano a Banca Intesa. Non in un’agenzia qualsiasi, ma nella sede legale della più importante banca italiana. E non per una normale operazione bancaria, ma chiamati dall’avvocato di un imprenditore bergamasco che ha denunciato l’istituto di credito chiedendo il pignoramento di 11 milioni di euro per una fidejussione non onorata. E’ successo venerdì 4 aprile nel pieno centro di Torino, in Piazza San Carlo. L’imprenditore si chiama Luca Cividini e dal 31 gennaio cerca di farsi pagare una fidejussione che la banca ha emesso a garanzia del pagamento della vendita di un’azienda di famiglia alla società quotata Rdb. La fidejussione, scaduta da più di due mesi, non è stata onorata e da lì è partita la lunga battaglia legale tra il piccolo imprenditore e la più grande delle banche. Battaglia che ha portato Cividini a chiedere all’ufficiale giudiziario il pignoramento dell’importo. Ma andiamo con ordine. Venerdì scorso i legali dello studio Caffi, Maroncelli & Associati di Bergamo, insieme a Pierluigi Olivero di Torino, si sono presentati con l’ufficiale giudiziario Cinzia Aquilar nella sede dell’Intesa San Paolo di Piazza San Carlo. Ad aspettarli due funzionari dell’istituto ai quali si è aggiunto l’avvocato Domencio Iodice, storico consulente legale della banca. E’ iniziata una trattativa durata diverse ore durante la quale sono volate parole grosse: minacce di denunce all’ordine degli avvocati (i rappresentanti della banca ai legali di Cividini) e minaccia di denuncia per omissione d’atti d’ufficio (i legali di Cividini all’ufficiale giudiziario: minaccia che potrebbe concretizzarsi). Dopo ore di discussioni che non hanno portato a nulla, il legale di Cividini, Codice Civile alla mano, ha chiamato i carabinieri. Ma il loro intervento, invece di essere risolutivo, è servito solo a prendere le generalità dei presenti all’infiammata riunione. Riparte la trattativa e tornano a volare parole grosse ma alla fine qualcosa che assomiglia ad un pignoramento (le interpretazioni sono contrastanti) viene eseguito, anche se con modalità contestate dallo studio Caffi e dall’avvocato Olivero. Da un cassetto della sede della banca spuntano infatti degli assegni per un valore del 20 per cento superiore all’importo oggetto del pignoramento, ovvero più di 13 milioni di euro. Gli assegni erano già pronti (mentre il pignoramento avrebbe dovuto essere a sorpresa) ed erano intestati non a Luca Cividini, ma alle Poste Italiane. L’ufficiale giudiziario li prende in consegna e li porta al Palazzo di Giustizia. I soldi sono usciti dalla banca, insomma, ma non sono entrati nelle tasche dell’imprenditore bergamasco. L’ultima parola sulla fidejussione la pronuncerà il giudice delle esecuzioni del tribunale di Torino. Chissà quando.

11/04/2008

Documento n.7248

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