BANCHE: CROLLA FINALMENTE IL SEGRETO BANCARIO IN SVIZZERA ?

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CROLLA IL SEGRETO BANCARIO? - UN INCUBO GELA LE OSSA DEGLI GNOMI DELLE BANCHE SVIZZERE, QUELLO DI UNA TALPA CHE, COME È AVVENUTO IN LIECHTENSTEIN, TRASMETTA DATI CONFIDENZIALI A QUALCHE GOVERNO ESTERO… Franco Zantonelli per “la Repubblica” «Comportamenti degni della Gestapo». Ha usato termini inequivocabili Pierre Mirabaud, presidente dell´Associazione dei Banchieri Svizzeri, nel commentare i metodi, impiegati dai servizi segreti tedeschi, per acquisire i nominativi di numerosi cittadini della Repubblica Federale, titolari di conti cifrati nel Liechtenstein. La reazione di Mirabaud è sintomatica del nervosismo che si avverte, oggi, tra i banchieri elvetici, cui è affidata la gestione di 3 mila miliardi di franchi di capitali esteri. Un incubo gela le ossa degli gnomi di Zurigo, Basilea e Lugano, quello di una talpa che, come è avvenuto in Liechtenstein, trasmetta dati confidenziali a qualche governo estero. «Il problema della gestione di dati sensibili esiste», ci dichiara il responsabile del servizio di sicurezza di una banca. Un problema accresciuto dalla difficoltà di poter avere la garanzia assoluta della fedeltà dei dipendenti, a contatto con questi dati. «Abbiamo un turnover del 10% del personale ogni anno», spiega sconsolato il nostro interlocutore, per rendere l´idea della potenziale porosità del sistema. Tornando all´ipotesi che i tedeschi abbiano preso di mira, anche la Svizzera, c´è già un episodio a testimoniarlo. Risale a mercoledì scorso, quando la sede di Monaco dell´Ubs, venne perquisita nell´ambito dell´inchiesta partita dal Liechtenstein. «Se Angela Merkel ha sguinzagliato i suoi uomini su Vaduz, adesso sono già al lavoro anche in Svizzera», afferma convinto, Erich Samson, professore di diritto penale all´università di Amburgo. «I tedeschi stanno inscenando una caccia alle streghe», rincara Mark Pieth, docente all´università di Basilea, in un´intervista al quotidiano Basler Zeitung. Una prova della spregiudicatezza delle autorità tedesche ce la fornisce Giancarlo Cervino, del Centro Internazionale di Studi Fiscali di Lugano. «Un banchiere viennese - ci confida - mi ha detto non più di 6 mesi fa che tutte le telefonate, in uscita dalla Germania verso banche austriache, sono registrate». «Nel ‘98, in Lussemburgo, funzionari del fisco tedesco seguivano e fotografavano i clienti tedeschi delle banche del Granducato, poi li fermavano alla frontiera, per perquisirli», aggiunge. Qualcosa di analogo a quello che capitava, tra gli anni ´80 e ´90, a Lugano e a Chiasso, quando davanti agli ingressi di alcune banche ticinesi capitava sostassero agenti della Guardia di Finanza in borghese. «Ai tempi dello scudo fiscale di Giulio Tremonti - ricorda Giancarlo Cervino - la Guardia di Finanza posizionò un furgone con telecamere, alla dogana di Chiasso, per filmare tutti i veicoli con targa italiana, che entravano in Svizzera». E questo nonostante che la Svizzera abbia sottoscritto, con la Ue, un accordo fiscale, in virtù del quale trattiene, ogni anno, dal 25 al 35% del provento di titoli obbligazionari di cittadini comunitari, per poi versarli al Paese di provenienza del cliente. In totale sono 600 milioni di franchi all´anno. L´accordo scade nel 2011 e Berna teme che, al momento di rinegoziarlo, Bruxelles alzi la posta, chiedendo l´abolizione pura e semplice del segreto bancario. Al quale, ritengono oggi in molti in Svizzera, la Germania ha dato un colpo formidabile la scorsa settimana, acquistando per cinque milioni di euro, da un informatore, i dati confidenziali di una banca del Liechtenstein.

23/02/2008

Documento n.7147

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