ALITALIA: PERDITE PUBBLICHE ADDOSSATE AI CONTRIBUENTI,PROFITTI PRIVATI, DEROGA ANTITRUST, AUMENTI TARIFFARI DEL 30%.CI SARA' UN GIUDICE A STRASBURGO ?

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La procedura è delicata perché, da un lato, ogni compagnia aerea che si prepari a decollare deve garantire il rispetto di una serie di standard organizzativi e di sicurezza. Una verifica che è necessaria ma non sufficiente: è necessario dimostrare anche di avere la forza finanziaria per mantenere gli impegni previsti con i clienti e tutti i fornitori. Questa esigenza si traduce in una serie di regole severe. Per avere la licenza, recita testualmente la normativa europea, la Nuova Alitalia dovrà dimostrare "in modo sufficientemente convincente di poter far fronte ai costi fissi e operativi connessi con le operazioni secondo i piani economici (...) per un periodo di tre mesi dall'inizio delle operazioni e senza tener conto delle entrate derivanti da dette operazioni". Tradotto dal linguaggio burocratico, significa che Colaninno dovrà essere in grado di far volare per un intero trimestre i suoi aerei su tutte le rotte previste, anche nell'ipotesi estrema che non riesca nel frattempo a incassare nemmeno un euro dalla vendita dei biglietti. La Nuova Alitalia, però, sembra non soddisfare questo requisito fin da ora. Il dubbio nasce dai dettagli meno noti del Piano Fenice, come viene chiamato il piano per il salvataggio-conquista dell'Alitalia elaborato da Banca Intesa, regista dell'operazione. Si tratta di dettagli e previsioni operative che suggeriscono alcune risposte alla domanda su come sarà l'Alitalia a gestione privata. Risposte che, in alcuni casi, rischiano di essere sorprendenti. C'è ad esempio il caso, molto problematico ma scritto nero su bianco nel Piano, di ridurre il numero di collegamenti dall'aeroporto milanese di Linate, una strategia ipotizzata per rintuzzare l'attacco dei concorrenti europei ma che troverà certamente una vasta opposizione. E c'è il caso delle tariffe che la compagnia prevede di applicare sui propri voli: più alte di quelle attuali sulle tratte nazionali, dove avrà una posizione di maggiore forza; più basse sulle rotte per l'estero, soprattutto su quelle intercontinentali, dove dovrà vedersela con una concorrenza più agguerrita. Il primo punto critico, quello da cui dipende tutto il resto, è tuttavia la questione della licenza. Le perplessità sul rispetto delle norme europee derivano da un semplice calcolo. Stando al Piano Fenice, l'Alitalia di Colaninno nei primi 12 mesi di vita dovrà sostenere spese operative - dagli stipendi del personale all'acquisto del carburante, dalla manutenzione alle polizze assicurative - per un totale di circa 4,2 miliardi di euro. Il primo novembre, data stimata per l'inizio delle operazioni, dovrà dunque garantire l'esistenza di disponibilità finanziarie per più di un miliardo, la cifra necessaria per coprire le spese operative nel primo trimestre di vita, come previsto dal regolamento europeo del 1992. Denari che la cordata privata rischia di non avere. Anche se gli imprenditori si sono impegnati a versare proprio un miliardo nella Compagnia aerea italiana (Cai), la società che diventerà la Nuova Alitalia, parte di questa cifra è destinata a transitare solo rapidamente tra le disponibilità di Colaninno. Una fetta rilevante dell'iniezione di risorse dovrà infatti essere utilizzata per rilevare dal commissario Augusto Fantozzi quei beni di Alitalia, a cominciare dai diritti di decollo nei diversi aeroporti (gli slot), che la Cai vorrà conservare. Un'operazione il cui valore, secondo le voci circolate nelle scorse settimane, potrebbe aggirarsi attorno ai 400 milioni. Un altro esborso potrebbe rendersi necessario se Carlo Toto, proprietario della AirOne, la piccola e indebitata compagnia che pure è destinata a confluire nella Nuova Alitalia, chiedesse di ottenere in cambio non solo azioni Cai, ma anche quattrini (magari da reinvestire in parte nella nuova società). Un punto cruciale resta la scelta del socio straniero, che vede come candidati l'Air France di Jean-Cyril Spinetta e la Lufthansa di Wolfgang Mayrhuber. Per rafforzare la compagine dei soci, incamerare nuove risorse e rafforzare la dotazione finanziaria necessaria per ottenere la licenza, Colaninno potrebbe essere tentato dall'idea di stringere i tempi nella scelta dell'alleato. Questa esigenza, però, fa a pugni con un'altra necessità non secondaria: ritardare il più possibile l'ingresso effettivo del del partner straniero per evitare che la competenza di valutare l'operazione passi dall'autorità Antitrust italiana, messa a tacere per decreto, a quella europea. L'Enac, l'autorità che vigila sul settore aereo presieduta da Vito Riggio, lunedì 29 settembre ha confermato a Fantozzi una sorta di permesso di volo provvisorio, che scadrà alla fine di febbraio. Quest'ultimo, però, nel momento in cui subentreranno Colaninno e i suoi, non basterà più. "Se la Cai avesse deciso di acquistare l'intera Alitalia, il problema non si porrebbe: potrebbe semplicemente utilizzare la vecchia licenza", spiega Ugo Arrigo, che insegna Economia pubblica all'Università di Milano Bicocca. Per evitare di accollarsi i debiti di Alitalia e di AirOne, la Cai ha scelto invece di rilevare solo parti delle due compagnie, in modo da allontanare il rischio di un ricorso a livello europeo contro gli aiuti di Stato concessi alla Cai. Così facendo, però, sembra necessaria una nuova licenza. E qui nasce il problema della dotazione finanziaria. A meno che l'Enac non accetti uno degli escamotage allo studio in questi giorni. Fra le ipotesi, c'è quella di utilizzare inizialmente la licenza di una controllata di Alitalia, la piccola low-cost Volare, trasferendola in seguito all'intera Cai: "Mi sembra una strada difficile da percorrere: non è possibile passare automaticamente la licenza da una compagnia dotata di appena quattro Airbus A320 a un'azienda con 153 aerei. L'Enac è tenuta a verificare la compatibilità finanziaria dell'accresciuta attività dell'azienda", dice Arrigo. Nel frattempo Colaninno deve mettere mano all'organizzazione della compagnia. Molto dipenderà da quanto peseranno le decisioni del futuro partner straniero nel definire il network della Nuova Alitalia. I primi segreti del Piano Fenice, tuttavia, sono già di grande interesse. Uno di questi riguarda, appunto, il prezzo dei biglietti che i clienti saranno tenuti a pagare. La Cai ha sempre affermato che le tariffe resteranno complessivamente invariate. Un modo per dire che non approfitterà della posizione dominante (il 65 per cento) del traffico aereo domestico che si troverà a ricoprire, sommando la quota della vecchia compagnia di bandiera a quella di AirOne. Una tabella del piano distribuito ai soci, e riportata parzialmente a pagina 151, racconta però una realtà diversa. Chiarisce che i prezzi varieranno in misura sensibile tra le rotte domestiche e quelle verso l'estero. Volare italiano costerà in media 18,4 centesimi al chilometro nei confini nazionali, 9,8 se si resta in Europa o nel bacino del Mediterraneo, appena 5,7 nelle tratte intercontinentali. La tabella fornita ai soci Cai non riporta lo spaccato di quanto costi oggi volare Alitalia e AirOne. L'unico dato disponibile per un confronto certo è quello dei 13,8 centesimi al chilometro dei ricavi per passeggero realizzati dalla compagnia di Toto, quasi interamente su rotte nazionali. Già così si intravede il rischio che i consumatori italiani vengano spremuti in maniera particolare da Colaninno e soci. Utilizzando un indicatore un po' più complesso (il ricavo per posto chilometrico offerto, che comprende anche le poltrone che viaggiano vuote), Ugo Arrigo e l'economista Andrea Giuricin hanno poi potuto calcolare che il viaggiatore che utilizzerà la nuova compagnia di bandiera per spostarsi all'interno dei confini nazionali subirà costi superiori del 32 per cento rispetto alla vecchia Alitalia e del 36 per cento rispetto a quanto pagato, ad esempio, dai clienti che utilizzano Iberia nei cieli spagnoli. "Stando a questi dati si può dedurre che la risorta compagnia alzerà mediamente le tariffe in Italia, dove controlla il mercato, per ridurre i prezzi sui collegamenti con l'estero, dove è più forte la concorrenza con le compagnie straniere", spiega Arrigo. Un'ultima questione riguarda, infine, quanto la Nuova Alitalia conta di utilizzare gli aerei che avrà in dotazione e i propri equipaggi. Anche qui il Piano Fenice presenta alcune sorprese. Si prevede che, dal prossimo anno, gli aerei della flotta Alitalia voleranno in media per quasi tremila ore l'anno, contro le 2.500 del 2007. Nel 2013 l'utilizzo salirà ulteriormente, raggiungendo le 3.340 ore. L'incremento dipenderà in gran parte dai velivoli utilizzati sulle rotte di breve e medio raggio, che nell'arco dei prossimi cinque anni dovranno aumentare il numero di ore trascorse in volo da una media di 2.730 a 3.030. Questi numeri, tuttavia, suscitano qualche perplessità. Prendendo ad esempio la Milano-Roma, e considerando che gli orari di attività vanno dalle sette di mattina alle undici di sera, si vede che un aereo può raggiungere queste medie andando avanti e indietro quattro volte al giorno, senza mai fermarsi nell'anno per la manutenzione. Un traguardo raggiungibile? Arrigo osserva che "applicando l'incremento di produttività tecnica previsto dal piano Fenice, i voli medi giornalieri per aereo dovrebbero passare dai 5,8 dell'Alitalia ai 7,5 di Cai". Un livello medio che, spiega l'economista, è possibile raggiungere solo in aeroporti estremamente efficienti. Molto diversi da quelli di Milano e di Roma.

03/10/2008

Documento n.7520

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