1 – IL GRANDE RISIKO DELL’IMPERO DI PRODI (TUTTI I BOSS, POLTRONA PER POLTRONA)

in Articoli e studi
TRATTO DA "DAGOSPIA" Nel cervello di Romano Prodi il nervo ottico e quello olfattivo sono impegnati su un problema ben più importante ai suoi occhi della monnezza di Napoli e della legge elettorale. Si tratta della grande battaglia di primavera che lo vedrà proteso a difendere il primato di grande architetto del potere, capace di sistemare le caselle che riguardano decine di poltrone. Il Professore di Bologna è già allenato a queste prove come dimostrano la sua esperienza all'Iri e nel precedente governo. Accanto a lui c'è una piccola squadra guidata da Enrico Micheli e Angelone Rovati, due personaggi che sembravano fuori gioco per ragioni di salute, ma che negli ultimi mesi hanno dimostrato una vitalità invidiabile. I dossier sono pronti e non a caso questo tema è considerato dai giornali assolutamente prioritario per la sopravvivenza di Prodi. Per Orazio Carabini del "Sole 24 Ore" le nomine negli enti e nelle società pubbliche rappresentano la "polizza vita" del premier (così ha scritto sabato sul giornale di Confindustria), mentre Marco Panara su "Affari&Finanza" di "Repubblica" sostiene oggi che il Professore "si prepara a blindare le poltrone dell'establishment". In realtà a Dagospia risulta che il grande risiko del potere prodiano non manterrà inalterati gli attuali assetti. Non è vero che niente succederà e che tutti saranno rinnovati. Certamente Prodi dovrà fare i conti con gli altri partiti e qualcosa già si è visto alla vigilia di Natale quando stava per portare in Consiglio dei ministri il progetto di Super-Inps che nascerà dalla fusione dei tre enti previdenziali (Inps, Inail, Inpdap), quando gli è arrivato lo stop di Pierfurby Casini che difende a spada tratta il presidente dell'Inpdap, Marco Staderini (61 anni, consigliere Rai, e una lunga militanza nell'Udc). Casini è bolognese, ma non è questa di certo la ragione per cui il Professore si è fermato. Il motivo reale è politico perchè l'astuzia dorotea che ha sempre guidato Prodi, sconsiglia strappi non solo dentro la sua maggioranza ma anche con quella parte dell'opposizione che gli strizza l'occhio. Per la presidenza di Super-Inps, una realtà che metterà insieme 51mila dipendenti, si parla di Tiziano Treu e di Giorgio Benvenuto. Sarà questo comunque il primo degli anelli che Prodi dovrà infilare prima di affrontare i dossier caldi di Eni, Enel, Finmeccanica, Poste, Terna e Rai (quest'ultima, madre di tutte le battaglie). Le ultime notizie danno in grande agitazione Franco Marini in difesa di Massimo Sarmi, il manager delle Poste dalle orecchie generose, che con le sue iniziative dà molto fastidio alle banche. Il presidente del Senato è un vecchio sindacalista democristiano che sa benissimo quanto contino le Poste come serbatoio elettorale-clientelare. Ma l'azienda è controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti dove siede alla presidenza Alfonzo Iozzo, il prodiano che ha lasciato il SanPaolo di Torino nelle braccia di Abramo-Bazoli. lo rosso di Prodi sarà messo alla prova su Finmeccanica dove - contrariamente a quanto tutti pensano - la riconferma di Guarguaglini non è così scontata. C'è ad esempio Ciccioduro Rutelli che non fa mistero di volere un ribaltone al vertice di quell'azienda. Il comandante supremo di Finmeccanica ha operato bene; ha dalla sua l'appoggio di D'Alema e Bersani, e verso Prodi ha fatto gesti di amicizia. Dopo aver inserito il figlio di Andreatta nel Consiglio di amministrazione ha affidato l'archivio storico di Finmeccanica a Vera Zamagni, moglie dell'economista bolognese che è più vicino al Professore di Palazzo Chigi. In questo scenario le due poltrone più appetibili rimangono l'Enel e l'Eni. Non è un mistero che Prodi prediliga Fulvio Conti a Paoletto Scaroni. Quest'ultimo ha messo da parte le sue ambizioni per la poltrona di Generali e oggi annuncia con squilli di trombe un accordo in Kazakistan. A fargli le bucce è stato nei giorni scorsi il micidiale articolo di Massimo Mucchetti, l'editorialista del "Corriere della Sera", che ha messo in luce come lo Stato azionista dell'Eni non possa accontentarsi soltanto di una mancia in termini di dividendo. Ma Prodi dovrà tener conto delle lobby forti e internazionali che sostengono Scaroni e di quel Lamberto Dini che ne è diventato lo sponsor più attivo. Il nervo ottico e quello olfattivo del cervello prodiano sono all'opera. Se ne parlerà per almeno quattro mesi. 2 – COM’E’ PICCOLO GROS-PIETRO C'è un altro prodiano che comincia a trovare stretta la poltrona sulla quale è seduto con un ricco stipendio. Ha 66 anni, è torinese e dopo aver fatto la gavetta insieme a Siniscalco e agli altri Reviglio-boys scesi a Roma negli anni '70, è schizzato sulla poltrona dell'Iri nel '97 e dell'Eni dal '99 al 2002. E' il professor Gian Maria Gros-Pietro, l'economista dalle cravatte rosa che i fratelli Benetton hanno messo alla presidenza di Autostrade dove la sua immagine si è fortemente appannata. La causa del declino va ricercata soprattutto nel fallimento dell'operazione con gli spagnoli di Abertis. Per molti mesi Gian Maria si è battuto contro Tonino Di Pietro di Montenero di Bisaccia che ha messo a rischio la concessione per le autostrade. Adesso il professore comincia a dare segni di insofferenza anche perchè la società Autostrade, che dal maggio scorso ha modificato la denominazione sociale in Atlantia spa, ha un'immagine molto dimessa e un amministratore delegato, Giovanni Castellucci, che non ha la statura del protagonista. In soccorso dell'economista torinese sta arrivando però il vecchio mondo prodiano che ipotizza per Gros-Pietro la presidenza della Fondazione IRI guidata in prorogatio da un altro economista, Antonio Pedone. Non è gran cosa, ma è meglio di niente. 3 – SBANCO DI SICILIA, LO BELLO O ARTIOLI Sarebbe davvero bello poter assistere domani all'incontro che si terrà in piazza Cordusio tra il capo di Unicredit, Alessandro Profumo, e il presidente della Regione Sicilia, Totò Cuffaro. Nello schema di potere che ha sempre guidato i maggiorenti della politica siciliana, questa andata a Canossa è qualcosa di incredibile e di umiliante, ma dopo le mosse infelici del presidente del Banco, Salvatore Mancuso, che ha fatto un blitz di nomine professionali e amicali con l'intenzione di sfregiare "Alessandro il Grande", il povero Totò è costretto a sbarcare nelle nebbie milanesi per capire le intenzioni del banchiere. L'esito dell'incontro-scontro è scontato perchè Profumo, ex-boyscout e freddo genovese, non ha intenzione di arretrare di un millimetro dal suo modello di governance. Per lui non esiste problema: le provincie che gli ha lasciato in eredità Cesarone Geronzi con la fusione di Capitalia devono essere smantellate e spogliate dagli orpelli della politica. Lo schema è quello della "divisionalizzazione" che nel tempo porterà a diluire nel grembo di Unicredit Group, i marchi storici di Banco di Sicilia, Bipop, Mediocredito Centrale, Banca di Roma. Sarà un processo lungo ma inevitabile perchè Profumo vuole ricondurre ad unità la gestione della banca, sia in Italia che all'estero. Ciò che avverrà domani sarà quindi al massimo una sceneggiata di cortesia dove il massiccio Totò Cuffaro, seduto su un divanetto dell'ufficio di Profumo, dovrà prendere atto che la testa di Mancuso è rotolata sotto la scrivania e che in pista ci sono per la successione due candidati. Il primo si chiama Ivanhoe Lo Bello, ha 44 anni, una calvizie precoce ed è presidente di Confindustria Sicilia. Nel passato ha avuto un flirt con i socialisti di Craxi e con Alleanza Nazionale, poi si è spostato verso la Margherita e dall'anno scorso è diventato un personaggio di primo piano. E' stato lui infatti nel novembre 2007 a introdurre nello statuto di Confindustria l'espulsione degli imprenditori che non denunciano le estorsioni. Da allora gira con la scorta e gode della benedizione di Luchino di Montezemolo. Ma Luchino ha simpatie anche per Ettore Artioli, il palermitano 47enne che è stato presidente di Confindustria Sicilia e a viale dell'Astronomia ha l'incarico di vicepresidente per il Mezzogiorno. Sono questi i due nomi - Lo Bello e Artioli - che girano per la presidenza della Banca che con la spada longobarda di Profumo sta sfuggendo al controllo di Totò Cuffaro e degli amici che gli stanno dietro. Franchino Bernabè è in Brasile insieme a Galateri di Genola per ridisegnare la strategia internazionale di Telecom. Una mossa è già scontata e riguarda la vendita di Alice France che porterà nelle casse dell'azienda 600-650 milioni di euro. Mentre pensa all'estero, Bebè Bernabè non perde di vista la sistemazione della squadra che dovrà gestire l'azienda. Con la nomina di Oscar Cicchetti ha in pratica individuato il direttore generale di fatto, ma Franchino si preoccupa anche di altre caselle che non sono prioritarie anche se meritevoli di grande attenzione. Una di queste è la direzione relazioni esterne per la quale il manager di Vipiteno ha affidato l'incarico di cercare con calma un uomo esperto che possa guidare la comunicazione e l'immagine del Gruppo. L'operazione è stata affidata a Francesco Forlenza, ex-dirigente delle Ferrovie dello Stato da poco in pensione.

14/01/2008

Documento n.7078

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