SUB-PRIME E FINANZA DERIVATA: AD UN ANNO ESATTO DALLA CRISI RESTANO GRAVI LE RESPONSABILITA’ DELLE AUTORITA’ MONETARIE PER NON AVER IMPEDITO LA BOLLA

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COMUNICATO STAMPA SUB-PRIME E FINANZA DERIVATA: AD UN ANNO ESATTO DALLA CRISI RESTANO GRAVI LE RESPONSABILITA’ DELLE AUTORITA’ MONETARIE PER NON AVER IMPEDITO LA BOLLA SPECULATIVA,MA ANCOR PIU’ GRAVE IL CONFLITTO DI INTERESSE DELLE AGENZIE DI RATING, “MOODY’S”, “STANDARD & POOR’S”, “FITCH”, UN MONOPOLIO CONTROLLATO DALLE STESSE BANCHE, ESPOSTE E COINVOLTE NELLA “FINANZA DERIVATA”,CHE HANNO DATO CON LA “TRIPLA A”, MASSIMA AFFIDABILITA’ A PRODOTTI BIDONE ALL’ORIGINE AVARIATI. Ad un anno esatto dalla crisi dei mutui “sub-prime”, diretta conseguenza di una massiccia speculazione in finanza derivata, favorita dalla totale assenza di controlli di colluse autorità monetarie e banche centrali,ma anche dal macroscopico conflitto di interessi delle società di rating, che magnificavano,tramite report favolosi da “tripla A”,l’affidabilità di prodotti finanziari bidone già all’origine variati, come i “CDO” (obbligazioni collateralizzate di debito), “hedge funds”, “funds of funds”, o mutui “Alt- A”, non sono state accertate le responsabilità: nessun banchiere centrale,che pur aveva banalizzato la crisi nascondendo la testa sotto la sabbia come il Governatore Draghi, si è dimesso, anzi sono più forti di prima. L’analisi oggettiva dei dati tratti dalla Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), è stata nascosta e sottovalutata dalle sorde autorità monetarie (che non sembrano voler perseguire la stabilità dei mercati finanziaria globali e la loro trasparenza, ma che al contrario sembrano nutrirsi delle crisi alimentate ad arte), ma anche dalle banche centrali che hanno dato ampie coperture alle disinvolte scommesse di prodotti “bidone” create dall’economia di carta, per moltiplicare la leva finanziaria in strumenti derivati, che nell’economia globale hanno creato un effetto domino,travolgendo con il crollo del castello di sabbia,il “risparmio reale”. Soprattutto il Governatore Draghi,presidente del forum di stabilità finanziaria, ha negato l’evidenza della crisi dei mercati per un anno intero (salvo a pentorsi un mese fa), affermando che non ci sarebbero state conseguenze per i consumatori italiani, mentre proprio a causa della crisi, 3,2 milioni di famiglie indebitate a tasso variabile per precise responsabilità delle banche, non solo non hanno potuto surrogare o trasportare il mutui da una banca all’altra a costo zero, ma, o sono stati costretti a pagare rate dei muti maggiorate del 55 per cento, con una lievitazione mensile media da 700 a 1.060 euro, con il tasso euribor determinato da un cartello bancario europeo,che ha superato il 5%, oppure nell’impossibilità di onorare le rate, hanno ingrossato la media dei pignoramenti e/o delle esecuzioni immobiliari con una crescita del 25%.. Le commissioni bancarie annue prelevate sul movimento dei derivati,sono superiori a 25 miliardi di dollari Usa,1 centesimo rispetto a 2.500 miliardi di mutui “sub-prime” cartolarizzati negli ultimi due anni, prestiti erogati a clienti spesso indigenti e finanziariamente ”poco affidabili”, per far espandere la domanda ed alimentare l’economia americana, i cui debiti rischiosissimi venivano impacchettati e confezionati in sofisticate operazioni finanziarie,per essere poi rivenduti agli investitori tramite la Borsa di Wall Street, in titoli bidone dai nomi esotici quali, Diogene,Azalea,Auriga,che meritavano la “tripla A“ dalle tre sorelle del rating,costrette poi a declassarle in prodotti spazzatura: soltanto Moody’s e Standard’s & Poor’s, hanno ridotto i voti ad oltre 2.000 prodotti negli ultimi 30 giorni,in alcuni casi declassandoli da “A” (prodotto sicuro) a “C” (spazzatura). Adusbef e Federconsumatori, ad un anno di distanza dalla crisi dei sub-prime, che dopo aver lasciato macerie e rovine non è stata ancora risolta, nello stigmatizzare i comportamenti di una oligarchia finanziaria alla quale sono stati attributi poteri enormi che non hanno neppure i governi legittimati dalla volontà popolare, nel rammentare l’esigenza di una riforma dell’ordine monetario,di una nuova Breron Woods, ricordano le precise responsabilità delle agenzie di rating, che con illoro rapporti sono riuscite a condizionare la sovranità degli Stati ed attentare alla ricchezza delle Nazioni. Nate agli inizi del Novecento negli Stati Uniti, le agenzie di rating analizzano la solidità finanziaria di soggetti quali stati, enti, governi, imprese, banche, assicurazioni. Le principali agenzie sono tutte statunitensi: Moody's, Standard & Poor's e Fitch. Il rating, che valuta l'entità del rischio di credito, si divide in due principali categorie: il rischio commerciale ed il rischio paese, ma non misura altri tipi di rischi quale il rischio di tasso o di cambio, ecc. La valutazione della capacità del debitore di far fronte al rimborso del proprio debito finanziario viene fornita ricorrendo ad una scala alfabetica, che va da un valore massimo ad uno minimo Un monitoraggio effettato dall’Adusbef su oltre 1.000 “report” (consigli per gli acquisti o per le vendite su titoli e/o azioni) emessi a pagamento (quindi con un potenziale conflitto di interessi, a volte anche quando non è stato richiesto) dalle maggiori agenzie di rating, anche di origine bancaria, ha rappresentato la prova provata che tali rapporti sono risultati sballati al 91 per cento,efficaci al 9 per cento. Quando le agenzie diffondono su internet, tramite lettere finanziarie o stampa specializzata,i loro reports su società quotate, i consigli (ad acquistare: buy; vendere: sell; o tenere: hold ) 9 volte su 10 si sono rilevati vere e proprie bufale a danno dei risparmiatori i quali, seguendo quei non proprio disinteressati consigli,hanno messo a repentaglio il frutto del loro sudato risparmio, con perdite maggiori rispetto alla loro normale capacità di investimento. Le società di rating,poiché sono pagate dai committenti e non dagli investitori,sono portatrici di un conflitto di interessi, che ha mostrato tutta la sua evidenza negli scandali finanziari mondiali: dalle Enron e Worldcom alla Parmalat ieri,ai mutui “sub-prime” ed allo “scandalo dei derivati”,oggi. Il 19 ottobre 2006, due delle tre agenzie di rating internazionali che agiscono in regime di oligopolio, hanno deciso di declassare l’Italia, hanno dato voluto cioè dare un voto negativo alla capacità dell’Italia di gestire la sua economia. Non è la prima volta che questo accade, anche in presenza di governi di differente orientamento politico. E’ un voto che solitamente ha drammatiche conseguenze economiche e sociali. Delle tre agenzie, la Standard & Poors, la Fitch e la Moody’s, questa volta le prime due hanno ritoccato negativamente il loro voto, mentre per il momento la terza lo ha mantenuto invariato. Le motivazioni della “pagella” sono sempre di una ripetitività e di una banalità quasi disarmanti: i tagli nelle spese di bilancio non sono sufficienti e la “riforma delle pensioni” (leggi privatizzazione delle pensioni) va troppo a rilento. Sono giudizi, ripetuti in salse un po’ diverse, che sono stati emessi per tutti, siano questi paesi industrializzati o nazioni in via di sviluppo. L’effetto immediato del voto negativo è un aumento dei tassi di interesse per “ricomprare” la fiducia dei sottoscrittori di obbligazioni e di altre forme di credito, per cui tutto il debito pubblico e privato di una nazione costa subito di più (la stima del declassamento italiano, calcolata da Adusbef,è pari a circa 3,3 miliardi di euro), con ricadute negative sul bilancio statale e con l’aggiunta di ulteriori tagli alla spesa sociale. Per le nazioni più deboli, queste decisioni provocano anche una caduta del valore di scambio della moneta, con effetti devastanti sulle importazioni (che costano di più), sulle esportazioni (che valgono di meno) del paese, sul suo bilancio statale e sui livelli di vita della popolazione. Con la deregolamentazione dell’economia, soprattutto dall’inizio degli anni novanta, queste agenzie sono diventate il “grande fratello” finanziario e hanno progressivamente accumulato un potere immenso, superiore a quello degli stati e delle banche centrali, sia nella valutazione delle politiche dei governi che dell’andamento economico di qualsiasi entità privata, determinando le decisioni di tutti gli attori economici. All’inizio le agenzie offrivano, a pagamento, ai detentori di titoli di credito i loro giudizi sul comportamento dei debitori. Adesso persino i debitori pagano per avere un “voto” prima di emettere un’obbligazione o attingere a qualsiasi altra forma di credito. Senza il voto delle agenzie, economicamente non si esiste più. Per poter comprare o vendere, per prendere o dare a prestito, bisogna pagare il “pizzo” per ricevere la protezione o il semplice riconoscimento da parte di questi nuovi potentati. Prima di tutto va sottolineato che le tre maggiori agenzie di rating (le 3 sorelle) sono delle entità private strutturate come società per azioni e quindi parte della logica di mercato e sottoposte al principio del massimo profitto possibile. Inoltre, e risulterà chiaro da una sintetica analisi delle loro strutture dirigenziali, le “tre sorelle” hanno partecipazioni dirette, anche attraverso i membri dei loro consigli direttivi, Board of Directors, delle più grandi corporations internazionali e delle più grandi banche internazionali, pesantemente coinvolte nelle operazioni di finanza derivata, cioè in quelle speculazioni finanziarie principalmente responsabili delle bolle speculative e dell’attuale crisi finanziaria sistemica globale. 1) La Standard & Poor’s (S&P) è sussidiaria della multinazionale McGraw-Hill Companies, con sede centrale a New York, colosso delle comunicazioni, dell’editoria, delle costruzioni e presente in quasi tutti i settori economici. La multinazionale, proprietaria anche di Business Week, nel 2005 vantava un fatturato di 6 miliardi e un profitto di 844 milioni di dollari. Il presidente di McGraw-Hill è Harold McGraw III, che è, tra le altre cose, contemporaneamente membro del Board of Directors della United Technology (multinazionale degli armamenti) e della ConocoPhillips (petrolio ed energia). È stato anche membro del “Transition Advisory Committe on Trade” del presidente George W. Bush, padre dell’attuale capo della Casa Bianca. Tra i membri del Board of Directors della McGraw-Hill, che decidono quindi anche dell’attività della S&P, troviamo: Sir Winfried Bishoff, presidente della Citigroup Europa e uomo di punta della Henry Schroder Bank di Londra; Dougals N. Daft, presidente della Coca Cola Co.;Hilde Ochoa-Brillenmbourg, alto responsabile della Credit Union del FMI-World Bank; James H. Ross, della British Petroleum; Edward B. Rust Jr., presidente della’assicurazione State Farm Insurance Company (gigante del settore assicurativo, bancario e immobiliare, sotto scrutinio per le politiche troppo disinvolte dopo l’urgano Katrina), direttore della Helmyck & Payne, colosso del settore petrolifero e già membro del Transition Advisory Team Committee on Education della presidenza di George W. Bush (padre); Sidney Taurel, presidente della farmaceutica Eli Lilly (che in passato ha vantato tra i suoi dirigenti anche Kenneth Lay, condannato per la bancarotta della Enron) e direttore dell’IBM, già membro nel 2002 dell’Homeland Security Advisory Council (l’apparato dell’antiterrorismo). 2) L’agenzia di rating Fitch di New York è sussidiaria della multinazionale dei servizi finanziari Fimalac, con sede centrale a Parigi. Nel 2005 la multinazionle americana delle comunicazioni Hearst Corporation ha rilevato il 20% del pacchetto azionario. Il suo presidente è Marc Ladreit de Lacharriere, uomo della Renault e della Banque Suez. Tra i membri del Board of Directors troviamo: David Dautresme della banca Lazard Freres; Philippe Lagayette della JPMorgan & Cie; Bernard Mirat della Cholet-Dupont (finanza); Bernard Pierre della Fremapi (metalli preziosi). La Fimalac vanta anche un International Advisory Board per dare più lustro e potere alla multinazionale, che nel 2002 annoverava tra gli altri: Felix Rohatyn della Lazard Freres, l’uomo che ha recentemente smantellato l’industria americana dell’auto, Sholley della UBS Warburg, Reimnits della Kommerz Bank, Peberan della Parisbas, rappresentanti della Nestlè, della Bentelsmann e anche l’ex presidente della Federal Reserve americana Paul Volker e l’italiano Lamberto Dini. 3) L’agenzia di rating Moody’s è sussidiaria della Moody’s Corporation, con sede centrale a New York. Il presidente è Raymond W. McDaniel Jr. Tra i membri del Board of Directors troviamo: Basil L. Anderson della Stables Inc. e della Hasbro Inc (due giganti del settore vendite e servizi); Robert Glauber della ING Group (settore bancario e assicurativo con base in Olanda), già sottosegretario del ministero delle finanze americano nel periodo 1989-92; Henry Mc Kinnell, della multinazionale farmaceutica Pfizer e della Exxon Mobil (petrolio); Nancy S. Newcomb della Citigroup e della Sysco Corporation (settore alimentare); John K. Wulff, della multinazionale chimica Herculer, della KPMG (la multinazionale di consulenza finanziaria e di certificazione dei bilanci), della Sunoco (petrolio) e della Fannie Mae (che insieme alla Freddie Mac detiene quasi per intero il pacchetto ipotecario immobiliare americano la cui bolla è al punto di esplodere). Le “tre sorelle” del rating quindi, non sono solamente l’espressione dell’intreccio dominante delle multinazionali, ma in particolar modo sono una struttura organizzata delle principali banche del pianeta che controllano il sistema finanziario e debitorio delle nazioni e di tutti i settori dell’economia sia privata che pubblica. Ma la cosa che si vuole con precisione sottolineare è l’influenza determinante esercitata sulle “tre sorelle” da quella finanza altamente speculativa che è responsabile della gigantesca bolla in derivati finanziari che ha precipitato il mondo intero in un processo di crisi sistemica. Secondo i rapporti della Banca dei Regolamenti Internazionale (BRI) di Basilea, la banca di coordinamento di tutte le banche centrali, alla fine di dicembre 2005 solamente il totale del valore nozionale di tutti i derivati finanziari Over The Counter (OTC), cioè quelli che non appaiono sui bilanci delle banche e finanziarie che li sottoscrivono, aveva raggiunto i 700.000 miliardi di dollari, contro un Pil mondiale di 45.000 miliardi di dollari. Queste sono operazioni finanziarie altamente speculative, soprattutto scommesse sugli andamenti futuri dei tassi di interesse, che hanno già portato l’intero sistema in crisi con il fallimento del fondo LTCM nel 1998 e continuano a scuotere quotidianamente il sistema finanziario e monetario, con i fallimenti a catena di grandi banche,salvate dal segretario del Tesoro americano Paulson a spese dei contribuenti.. Secondo l’ente statale di controllo sul denaro circolante negli USA, il Comptroller of the Currency, a fine giugno 2006 la JPMorgan vantava da sola un valore nominale di derivati OTC pari a 57.300 miliardi di dollari (cinque volte il PIL americano) e la Citigroup vantava 25.327 miliardi di dollari in derivati OTC. Anche le altre banche sono pesantemente coinvolte in queste operazioni sebbene seguano a grande distanza questi due colossi della speculazione finanziaria. Tutto questo ci porta a concludere che le “tre sorelle” non sono solamente squalificate nella pretesa di valutare la solidità economica e finanziaria degli stati e delle imprese, ma che sono parte integrante del problema che sta portando il mondo economico verso il crack e la crisi sistemica con conseguenze devastanti per l’intera vita economica, sociale e politica del pianeta. Questa riflessione non si deve fermare al rifiuto delle ricette imposte dalle agenzie, ma deve sollecitare un’azione, coordinata internazionalmente, per ridefinire le regole e i progetti per un nuovo sistema monetario e finanziario internazionale, per una nuova Bretton Woods capace di promuovere un nuovo ordine economico mondiale più equo. Bisogna arrivare ad un coordinamento internazionale e mettere all’ordine del giorno del prossimo G8,organizzato dall’Italia alla Maddalena dal 1 luglio prossimo,l’economia sui binari dello sviluppo reale, che ridia al credito il suo ruolo produttivo, mettendo la speculazione e la deregolamentazione in una situazione di non nuocere: una nuova Bretton Woods,per arginare la speculazione e responsabilizzare le autorità monetarie,che facendo finta di intervenire sulle crisi con iniezioni infinite di liquidità,banchettano sui disastri che loro stessi hanno provocato. Se il ministro dell’Economia Tremonti, esperto di untori e “monatti” di manzoniana memoria, che ha definito i derivati “la peste del XXI secolo”,dopo aver copiato di sana pianta le proposte da noi avanzate da un decennio in merito ad una nuova Bretton Woods, (senza la pretesa di esigere i diritti d’autore), volesse fare sul serio, avrebbe il dovere di fissare nell’agenda del G8 l’esigenza di un nuovo ordine monetario, per far restituire alla “politica” quelle deleghe in bianco offerte ad oligarchi ed ai banchieri centrali e che le utilizzano contro lavoratori,pensionati,addossando loro i rischi di politiche economiche e monetarie fallimentari,come ad es. la fissazione dell’inflazione al tasso dell’1,7%. Elio Lannutti (Adusbef) – Rosario Trefiletti (Federconsumatori) Roma,6 agosto 2008

06/08/2008

Documento n.7450

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