DEBITO PUBBLICO: BANKITALIA VENDA LE SUE ENORMI RISERVE AUREE, VALUTATE OGGI 56,2 MILIARDI DI DOLLARI (44,4 MILIARDI DI EURO)

in Comunicati stampa
DEBITO PUBBLICO: BANKITALIA VENDA LE SUE ENORMI RISERVE AUREE, VALUTATE OGGI 56,2 MILIARDI DI DOLLARI (44,4 MILIARDI DI EURO), PER RIDURRE L’ENORME DEBITO PUBBLICO ITALIANO, RISARCIRE L’ILLECITO DIRITTO DI SIGNORAGGIO,AIUTARE LA RIPRESA ECONOMICA. ADUSBEF,CHE NON GUARDA AL COLORE DEI GOVERNI, RIBADISCE PROPOSTA FATTA NEL 2004. Il debito pubblico italiano pari a 1.544.627 milioni di euro, cresciuto di 201.532 milioni di euro rispetto al 2001 (circa 3.500 euro in più a cittadino) quando era pari a 1.343.095 milioni di euro, ossia un gravame di 26.421 euro a cittadino,un fardello insopportabile tra i più elevati del mondo ed il più alto d'Europa, potrebbe essere ridotto se la Banca d’Italia, approfittando del rialzo dell'oro (quotato oggi 712,94 dollari l’oncia), vendesse le sue consistenti riserve auree,come hanno già fatto la maggior parte delle banche centrali,sia europee che di Australia e Canada. Le riserve auree italiane, pari a 79 milioni di once (2.452 tonnellate), dalle quali si potrebbero ricavare agli attuali prezzi di mercato ben 44,4 miliardi di euro,equivalenti al 35 per cento di tutte le privatizzazioni effettuate,non sono infatti di proprietà della Banca d'Italia, ma dei cittadini, che le hanno risparmiate consumando meno di quanto sia stato prodotto. Nel 1987 il Canada ha iniziato a vendere riserve per 20 milioni di once, seguita da Australia, Austria, Belgio, Olanda, Portogallo e Regno Unito, con 75 milioni, dalla Svizzera, nel 2002 con 39 milioni di once: non si comprende perché la Banca d'Italia, terzo Paese al mondo per riserve dopo Stati Uniti e Germania, si ostini a conservare nei suoi forzieri 79 milioni di once, contribuendo a sostenere il prezzo dell'oro che sta arrivando a livelli mai raggiunti prima. Poiché il prezzo dell’oro ha superato oggi, per la prima volta negli ultimi 26 anni, la quotazione di 712 dollari l’oncia, per timori di spinte inflazionistiche che inducono gli investitori ad acquistare il più classico dei beni rifugio, le riserve auree custodite dalla Banca d’Italia pari a 79 milioni di once, moltiplicate per 712,94 dollari l’oncia, ammontano ad oltre 56 miliardi di dollari Usa, 44,4 miliardi di euro ai cambi attuali. Nel marzo 2004 è stato rinnovato un accordo quinquennale che vincola 14 banche centrali Ue europee (tutte, meno la Bank of England che non ha firmato) a limitare a 500 tonnellate annue la quota vendibile delle loro riserve auree, a patto che i ricavi derivanti dallo smobilizzo delle riserve in oro vengano destinati alla riduzione del debito pubblico: la Banca d’Italia quindi, può vendere oro per un controvalore di 9 miliardi di euro l’anno ! Le riserve ufficiali della Banca d'Italia ammontavano a fine aprile a 60,7 miliardi di euro, con consistenze di oro monetario che si risultavano pari a 40,5 miliardi di euro (cresciute oggi a 44,4 miliardi di euro) e riserve in valuta estera pari a 20,2 miliardi. La convertibilità tra Banconote e oro è cessata il 15 agosto 1971, quando il Presidente degli USA, Nixon, pose fine agli accordi di Bretton Woods, che definirono il vincolo della stampa di moneta con la convertibilità con l'oro. Mentre l'accordo "madre", il cui nome completo è "Central bank Gold Agreement", risa­le alla fine degli anni 'novanta, quando fu messo in piedi per evitare che le banche cen­trali, trovandosi con le casseforti colme di metallo giallo in eccesso rispetto alle reali esigenze di copertura, approfit­tassero del prezzo in rialzo dell'oro per fare cas­sa. Nei primi mesi del 2000 la Bank of England fu tra le pri­me a disfarsi di 18 tonnellate d’ oro. Il debito pubblico italiano, potrebbe essere ridotto se il Governatore di Bankitalia, approfittando del rialzo dell’oro, fissato oggi a 712,94 dollari l’oncia, iniziasse a vendere riserve auree in eccesso, come fanno la maggior parte delle banche centrali europee, sia per la sua riduzione che per ristorare la collettività da quell’illecito diritto di signoraggio allegramente percepito per un controvalore di 5 miliardi di euro. Le riserve auree pari a 79 milioni di once, dalle quali si potrebbero ricavare agli attuali prezzi di mercato 44,4 miliardi di euro, non sono della Banca d’Italia, ma dei cittadini, che le hanno risparmiate consumando meno di quanto sia stato prodotto. Il Presidente Elio Lannutti Roma,11.5.2006

11/05/2006

Documento n.5956

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