DAVOS: L'ELITE CHE PARLA CON SE STESSA E SI ACCORDA CON I BANKSTER PER FRODARE MEGLIO I RISPARMIATORI E GLI STATI SOVRANI
Federico Rampini La Repubblica - 30/01/2011 L´EFFETTO CAIRO SULLA RIPRESA Non ha previsto Tunisi e il Cairo. Nel Centro Congressi che accoglie tra le montagne dei Grigioni il Gotha del capitalismo globale, pile di rapporti in carta patinata annunciano "Il prossimo motore della crescita mondiale: il Medio Oriente". E´ uno studio finanziato dall´Arabia Saudita, diffuso tra i partecipanti al Forum. Ma venerdì di colpo la Borsa di Ryad è crollata del 6,4%, ha trascinato Wall Street dove l´indice Dow Jones ha perso 166 punti. Il barile di petrolio sembra pronto a schizzare verso quota 100 dollari. "Impegnati a migliorare lo stato del mondo": è il titolo ambizioso di questo summit. Un secondo slogan affisso in tutte le sale riunioni suona ancora più velleitario: "Regole Condivise per la Nuova Realtà". Nessuno ha immaginato che la nuova realtà forse si sta decidendo anche negli scontri sanguinosi che divampano in Egitto. A Davos fra tanti guru della finanza, della tecnologia, dei mega-scenari socio-economici, non c´è una sola voce che sappia spiegare cosa accade esattamente nelle teste nei giovani egiziani, tunisini, giordani, yemeniti che si parlano attraverso Internet: un mondo sconosciuto, imprevedibile, che all´improvviso genera una ventata di paura. Il Gotha del capitalismo globale era affluito qui in un clima di euforìa. Per quattro giorni ha snocciolato i dati di una nuova fiducia: l´economia cinese cresce del 10%, l´India dell´8,5%, anche l´America vede una ripresa del 3%. I banchieri sono arrivati gongolanti, per loro la crisi è già un ricordo lontano: il capo di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein, si è appena triplicato lo stipendio a due milioni di dollari, con l´aggiunta di un bonus di 12,6 milioni in azioni. Le uniche preoccupazioni emerse al Forum sono tutte dentro la sfera delle "compatibilità economiche". David Cameron magnifica il Verbo neo-conservatore: meno Welfare, più libertà d´impresa, per rilanciare la crescita anche in Europa. I ministri dell´Economia tedesco e francese, Schaeuble e Lagarde, duettano sui tagli dei deficit che salveranno l´euro. Il presidente della Banca mondiale Zoellick s´inquieta solo di un "eccesso di boom" nei paesi emergenti, dove possono nascere nuove bolle speculative. Il segretario al Tesoro Usa Geithner illustra le strategie per aggiustare gli squilibri commerciali tra Washington e Pechino. I super-banchieri come Jamie Dimon della JP Morgan salgono in cattedra a spiegare come "restituire fiducia" agli investitori con meno tasse e meno regole. Sono tornati i Padroni dell´Universo, forti delle loro certezze: basta seguire le ricette giuste e tutto tornerà come prima. Poi sugli schermi tv appare il cielo in fiamme sul Cairo, e l´Uomo di Davos osserva attonito un evento storico che accade in diretta a tre ore di volo da qui. A Davos c´è una delegazione dalla Tunisia guidata dal governatore della banca centrale, Mustafa Kamel Nabli, che cerca di tranquillizzare la platea: "Siamo qui per far passare il messaggio che la situazione è sotto controllo". Il più alto esponente dell´establishment mediorientale qui al summit è Amr Mussa, capo della Lega Araba ed ex ministro degli Esteri egiziano. Fa vaghi appelli alle "riforme". Poi aggiunge un´ambigua allusione al fatto che la rabbia popolare nel suo paese sarebbe legata "allo stallo del processo di pace in Medio Oriente" (nessun cenno al dispotismo e alla corruzione di Mubarak). Che vuol dire? Che ci sarà un tentativo della nomenklatura araba di dirottare le proteste contro l´eterno capro espiatorio, cioè l´alleanza America-Israele? I più ottimisti vedono un bis della caduta del Muro di Berlino, un 1989 del mondo arabo, l´inizio di una grande stagione democratica. Sperano che quei giovani che hanno abbattuto il regime tunisino, e ora attaccano quello egiziano e yemenita, siano laici e filo-occidentali perché usano Facebook e Twitter. Sognano che dalle rivolte emergano un Lech Walesa, un Vaclav Havel arabi. Tutte supposizioni, visto che a Davos non è stata invitata una sola voce delle opposizioni democratiche del mondo arabo. Homo economicus, il Vip di Davos è assalito dai timori degli "effetti collaterali". Se l´Egitto sprofonda nell´instabilità, che accadrà al canale di Suez dove transita tanta parte dei nostri approvvigionamenti petroliferi? Finora al World Economic Forum l´inflazione delle materie prime si era discussa come un rischio soprattutto per i paesi emergenti importatori di derrate alimentari. E se invece fossimo alla vigilia di un nuovo choc petrolifero? Tutta l´agenda del summit appare di colpo obsoleta, irrilevante. Hai voglia a riunire qui tanti premi Nobel dell´economia, oggi s´impara di più stando incollati ai notiziari di Al Jazeera.30/01/2011
Documento n.8834