Da il sole-24 ore. Bond argentini: gli italiani dicono no all’Ops - 1 marzo 2005
Bond argentini: gli italiani dicono no all’Ops - 1 marzo 2005 Circa due terzi dei sottoscrittori non avrebbe aderito all’offerta. di Isabella Bufacchi Un esercito di inferociti risparmiatori italiani detentori di Tango bond, decine se non centinaia di migliaia di investitori non aderenti all’Offerta pubblico di scambio argentina e dunque possessori di vecchi titoli argentini per un controvalore nominale stimato ieri intorno agli 8 miliardi di dollari, si riverserà contro le banche italiane, la Consob, il Governo Berlusconi e anche contro l’Argentina se il successo dell’Ops dovesse essere confermato nelle prossime ore, lasciandoli con un pugno di mosche in mano. In attesa della divulgazione di dati ufficiali, ieri due notizie hanno contribuito a cementare le attese di un tasso di accettazioni dell’Ops tra il 70 e l’ 80 per cento. Euroclear, la Montetitoli internazionale, ha detto di aver processato oltre 27 miliardi di dollari di bond argentini che hanno aderito allo swap tramite 23mila ordini. La Montetitoli concorrente Clearstream ha sostenuto di aver processato un numero addirittura più elevato di istruzioni, 28mila, e tutte per aderire allo swap: il controvalore in dollari in questo secondo caso non è stato rivelato anche se secondo fonti bene informate difficilmente si discosterà da quello di Euroclear. In aggiunta, e a differenza di quanto pronosticato dalla Task Force Argentina, l’associazione privata Abra che rappresenta 35mila piccoli risparmiatori tedeschi, austriaci, svizzeri e olandesi per 1,2 miliardi di dollari di bond ( grande alleata della campagna contro lo swap indetta da Tfa Gcab l’associazione italianointernazionale nata per difendere gli interessi dei bondholder) ha detto ieri di aver deciso proprio all’ultima ora di accettare lo swap. Con il passare delle ore, lo straripante successo dell’Ops previsto dal Governo Kirchner si sta dunque trasformando in realtà. Una realtà tristissima per gli italiani, non solo per tutti quelli che hanno aderito ( secondo le associazioni dei consumatori soltanto il 40% dei 450mila detentori di 14 miliardi di dollari di Tango bond hanno accettato, mentre secondo fonti bancarie citate da « Radiocor » sarebbero il 30%) ma soprattutto per i non aderenti. Chi ha detto " sì" allo scambio con la consapevolezza di perdere attorno al 70% del capitale investito, vede sfumare la speranza di poter partecipare a una seconda offerta a condizioni migliori. Chi ha detto " no" rischia di trovarsi in una situazione peggiore: il valore dei vecchi titoli potrebbe crollare rispetto a quello dei nuovi Tango bond, perchè le concrete possibilità di recuperare il capitale post Ops tramite azioni di sequestro e pignoramento sui beni argentini sono stimate dal mercato come « molto magre » e perchè il lancio di una seconda offerta alle stesse condizioni della prima per i ritardatari al momento pare soprattutto italiani veniva data ieri per « altamente improbabile » da fonti bene informate vicine al Governo Kirchner. I non aderenti restano in fedele attesa di conoscere le prossime mosse della Task force argentina, che tramite la campagna belligerante del suo presidente Nicola Stock ha scommesso tutto sul fiasco dell’Ops orchestrando una ambiziosa opera di boicottaggio su scala mondiale. Se le stime divulgate ieri dovessero essere confermate dalla Tfa e all’Argentina, gli italiani non aderenti sarebbero la maggior parte, il 60 70 per cento. Alla fine della quinta settimana dell’Offerta, 10,5 miliardi di dollari di Tango bond su 12,5 risultavano ancora presso gli italiani. Resta da vedere cosa è accaduto nella sesta e ultima settimana. Tutto sommato l’elevato numero dei " no" in Italia deve considerarsi un successo personale per Stock, anche se rischia di trasformarsi in un boomerang per le banche che hanno collocato i Tango bond e che pagano lo stipendio a Stock. L’esercito di furenti non aderenti scommette ora sulle azioni legali della Task force dirette contro l’Argentina, la prima delle quali riguarderà l’impugnazione del trattato Icsid tra Argentina e Usa che impone la parità di trattamento tra creditori. Ma non è ancora chiaro se i risparmiatori che continueranno ad appoggiarsi alla Tfa, in virtù di azioni legali pagate totalmente dalle banche, saranno liberi a loro volta di intentare causa contro le stesse banche collocatrici per ottenere un risarcimento danni.01/03/2005
Documento n.4486