CRACK LEHMAN: LA RIVINCITA DI GERONZI. PROFUMO DEI DERIVATI,"L'ARROGANCE" EVAPORA. QUANDO SI DIMETTERA' DIMOSTRANDO SUSSULTO DI DIGNITA' ?

in Comunicati stampa
LA RIVINCITA DI GERONZI, LA VITTORIA DI BERLUSCONI: PROFUMO EVAPORA (ARRIVA NAGEL?) - IL DESTINO UNICREDIT NELLA MANI DI GERONZI: ORA LA STRADA PER LE GENERALI È LIBERA - L’EUROPA VORREBBE DRAGHI ALLA PRESIDENZA DELLA B.E.I. (UNA CUCCAGNA PER TREMONTI) Come ha dormito questa notte Alessandro Profumo, il bocconiano figlio di un ingegnere che nello spazio di pochi giorni ha visto sfarinarsi tra le sue mani l'immagine di primo banchiere italiano? La risposta non è facile perché insieme al pigiamino di problemi che si è portato nel letto per poche ore, deve averlo accompagnato quella freddezza che ha sempre fatto da sfondo alle sue passioni e a un immenso orgoglio. Ieri pomeriggio durante il consiglio di amministrazione che è durato quasi sei ore, la razionalità dell'ex-McKinsey è stata messa a dura prova. E deve essergli costata molta fatica ammettere gli errori che lo hanno costretto a varare il maxi-piano da circa 10 miliardi. Anche stamane nella conference call con gli analisti che è iniziata alle 8, Profumo non è apparso tormentato da sensi di colpa, ma ha dovuto ammettere di non aver capito la gravità dello scenario ("non abbiamo mai visto niente di simile") e di essersi trovato di fronte una situazione provocata da "errori anche nostri". Nessuno può credere che nelle 6 ore 6 di dibattito con i 22 consiglieri di amministrazione, sia andato tutto liscio e che dietro la furia profonda dell'ex-boyscout "tedesco" non siano venute fuori parole grosse. Certamente il più infastidito per questa riunione fiume sarà stato Totuccio Ligresti che da un po' di tempo si sta giocando i weekend per seguire i tormenti della finanza e dell'industria. In quello precedente aveva dovuto dedicarsi alle vicende di Alitalia e di Cai, la newco nella quale molti capitani coraggiosi cominciano a bussare alle banche per trovare i quattrini. Ma Ligresti non ha problemi di soldi e dentro il Consiglio di Unicredit rappresenta l'avamposto di quel Cesare Geronzi che è uno dei protagonisti della ritirata di Profumo. Vediamoli con ordine questi protagonisti che tra giovedì scorso e ieri hanno fatto sentire il loro peso costringendo il banchiere di piazza Cordusio ad andare a Canossa. Il primo è stato il Cavaliere del Cialis che si è spinto ai limiti dell'impossibile tessendo da Parigi le lodi del sistema bancario e di Unicredit "una banca ben guidata dove l'aumento di capitale non preoccupa". Per Berlusconi l'immagine dei risparmiatori che si mettono in fila sui marciapiedi per ritirare i risparmi dai 10.300 sportelli del primo istituto di credito, era un'idea terrificante, tale da incrinare non solo l'immagine della prima banca italiana, ma anche quella del suo Governo. Deve essergli quindi costato parecchio cantare il "magnificat" nei confronti del bocconiano che è sempre stato vicino a Prodi e alla sinistra, ma lo ha fatto con intuito politico perché sa bene che da ieri il Profumo "democratico" diventa inevitabilmente un altro tassello del suo potere nella finanza. Messa da parte l'arroganza e l'ubriacatura di razionalità, il 51enne Profumo deve adesso ringraziare il Governo di centrodestra e fare quella riconversione dove Corradino Passera lo ha preceduto cavalcando sveltamente la vicenda Alitalia. Il secondo protagonista di queste ore è stato senza alcun dubbio Mario Draghi con la Banca d'Italia. Nessuno ha visto tracce visibili del suo lavoro, e se non fosse stato per quel sito disgraziato di Dagospia che il "democratico" Profumo ha censurato per 24 ore con inopinata stoltezza, non si sarebbe capito che a via Nazionale già da alcuni giorni era entrata in azione una task force (si parla di almeno 100 funzionari della Vigilanza) che ha rivoltato come un calzino i conti di Unicredit. Le truppe di Bankitalia si sono trovate di fronte a enormi difficoltà perché - secondo quanto riferiscono gli uscieri - nemmeno a piazza Cordusio conoscono l'entità delle operazioni estere di Unicredit. La follia della finanza creativa porta questi paradossi che sono comprensibili se si pensa che nel mondo ci sono migliaia di singoli operatori che ogni giorno fanno operazioni sui derivati e su altri prodotti tossici senza che sia possibile inventariarne l'entità e i danni. Questa è la stessa logica che ha fatto crollare a sorpresa le banche in America, in Belgio e in Inghilterra. Resta il fatto che la Banca d'Italia ha esercitato qualcosa di più di una moral suasion e il maxipiano di Unicredit è il risultato di un invito categorico ad assicurare i risparmiatori e consolidare le basi patrimoniali. Mario Draghi ha fatto il suo mestiere e se ne è andato sabato a Piani di Arcinazzo per ritirare un premio culturale dove ha citato l'imperatore Traiano e ha ricordato che "serve trasparenza e buona gestione". Qualcuno potrebbe obiettare che la trasparenza e la buona gestione avrebbero dovuto essere evocate in anticipo, ma di fronte a una crisi così devastante anche i governatori sono rimasti spiazzati. Lo sanno bene i suoi collaboratori, primo fra tutti il direttore generale Fabrizio Saccomanni che oggi tra le 12,30 e le 14,15 presenterà a Londra un libro sulla stabilità finanziaria insieme a Marco Annunziata, allievo di Bernanke e chief economist di Unicredit nella capitale inglese. Qui Saccomanni annuserà il vento e cercherà di capire quale fondamento hanno i rumors della City che vedono nero sul destino di Royal Bank of Scotland, un'altra torre della finanza europea. E l'occasione servirà anche per capire se sono vere le voci che vorrebbero Draghi candidato alla presidenza della Bei, la Banca europea per gli investimenti oggi guidata dal politico belga Philippe Maystadt. Al vertice di Parigi dove Berlusconi sembrava imbottito di prozac per l'esclusione di Zapatero e la traduzione simultanea in lingua italiana, si è deciso che la Bei avrà una dotazione di 30 miliardi da destinare alle imprese. Comunque vadano le cose il profilo di Draghi è adatto a un ruolo internazionale e un suo eventuale esodo verso la Bei rappresenterebbe un altro passo di Berlusconi e Tremonti per ridisegnare la geografia del potere economico e finanziario in Italia. In questa geografia si guarda al presente, al futuro e al passato. Il presente vede Profumo nettamente ridimensionato, costretto suo malgrado al bacio dell'Uomo Ragno di Palazzo Chigi e a fare i conti con i soci della sua banca. Già, ci sono anche loro, ed è forse con i vari Palenzona e gli altri presidenti delle Fondazioni azioniste di Unicredit che ieri pomeriggio sono volate parole grosse durante le sei ore di consiglio. Bastava leggere l'articolo di Antonella Olivieri sul "Sole 24 Ore" per capire che le Fondazioni hanno avuto un ruolo davvero strano nel crollo della settimana scorsa. E adesso tocca a Lamberto Cardia e ai suoi commissari capire perchè qualcuna di loro ha cominciato a vendere azioni Unicredit fin da martedì scorso a scopo di copertura "nel qual caso - ha scritto testualmente la brava Olivieri - il colpevole sarebbe piuttosto da ricercare tra gli azionisti". Profumo è andato a Canossa e come fece Enrico IV davanti a Gregorio VII ha dichiarato il suo pentimento. Nell'autocritica dovrebbe esserci spazio anche per le mosse infelici compiute da luglio a ieri nei confronti di Mediobanca e del suo capo Cesarone Geronzi. È lui l'ultimo protagonista e forse il vero vincitore di questa pagina dolente. L'ex-boyscout genovese ha cercato di farlo ballare prima di accendere il semaforo verde per la poltrona di Piazzetta Cuccia, poi ha fatto marcia indietro con una piroetta che lo ha portato a riscoprire d'improvviso il ruolo di Mediobanca come perno del sistema. Nessuno era riuscito a capire il senso di quella giravolta che a distanza di poche settimane lo rimette sotto le ali del banchiere romano. Forse nell'aria c'erano già i segnali di fumo di Bankitalia che come gli uccelli sui tralicci aveva avvertito l'arrivo del terremoto. Solo così si spiega il rientro alla grande di Mediobanca nella maxi-operazione che è scattata ieri pomeriggio a piazza Cordusio. Adesso toccherà a lei garantire il collocamento delle azioni inoptate e lo farà insieme a Merrill Lynch, la banca d'affari dove Profumo dopodomani a Londra dovrà partecipare a una conferenza con i capi delle più grandi banche e assicurazioni europee. C'è da giurare che Geronzi, un "prodotto strutturato" da 50 anni di politica, farà di tutto per aiutare l'amico Alessandro con cui si baciò nei saloni di Capitalia al momento della fusione tra i romani e i longobardi. Il piano di salvataggio prevede la cessione della partecipazione dentro Generali e per Geronzi che è partito da Ciampino stamane alle 8 il volo verso Trieste è diventato una passeggiata. Parlare di bacio della morte è davvero esagerato, ma in questa che è stata definita un'operazione di sistema, c'è un centro di gravità permanente (come direbbe Battiato) che riporta all'asse di ferro Berlusconi-Geronzi. La generazione dei 70enni (alla quale appartiene anche il furbo Abramo-Bazoli che tiene d'occhio le mosse di Corradino Passera) batte quella dei bocconiani figli di McKinsey che hanno sempre avuto come imperativo categorico "la creazione del valore". Dopo di loro si affaccia la generazione di giovani che vede le figlie di Berlusconi, Barbara e Marina, sdottoreggiare sull'etica nella finanza. Ma questa è roba da rotocalco, un gioco da ragazzi che lascia il tempo che trova. Sullo sfondo resta il parco buoi degli azionisti che stamane assistono con il fiato sospeso al crollo del titolo Unicredit, e rifiutano gli inviti all'ottimismo. Per loro vale ciò che ha detto lo scrittore Saramago: "per essere ottimisti bisogna essere stupidi o multimilionari". PS - Nel frattempo non poteva non sbocciare il toto-Unicredit. Vale a dire: passata la batosta, chi prenderà il posto di Alessandro il Mignon? E tra i nomi che circolano dalle parti di Piazza Affari, si insiste su quello di Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca.

06/10/2008

Documento n.7525

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