Cirio. BIPIELLE CONDANNATA A RISARCIRE 115.000 EURO
CIRIO-BOND: SI CONSOLIDA L’ORIENTAMENTO GIURISPRUDENZIALE CONTRO PRODOTTI BIDONE, DISINVOLTAMENTE APPIOPPATI DA BANCHE A MIGLIAIA DI RISPARMIATORI: TRIBUNALE CONDANNA BIPIELLE A RISARCIRE 115.000 EURO ! ADUSBEF PROSEGUE AZIONE VITTORIOSA DEI RISARCIMENTI NEI TRIBUNALI ! MA DOPO MULTE CONSOB,BANCHE DEVONO ACCANTONARE CONGRUE POSTE CONTABILI NEI BILANCI,PER SODDISFARE MIGLIAIA DI VERTENZE LEGALI ! Prosegue incessante la sequela di pronunce dei Tribunali della Repubblica contro le banche che hanno piazzato prodotti bidone ai risparmiatori. Stavolta viene da Genova. A seguito di azione legale coordinata dal delegato ADUSBEF di La Spezia, l’avvocato Alessandro Orlando,il Tribunale di Genova - Ia sez. civile (Presidente Dimundo, estensore Canepa) ha riconosciuto l’inadempienza contrattuale ex art. 1453 c.c di Bipielle – Banca Popolare di Lodi, nella causa che la vedeva contro un proprio correntista, vittima del piazzamento di Bond Cirio (in default dall’8 aprile 2003) condannando l’istituto all’integrale restituzione della somma investita (oltre 115 mila euro), degli interessi legali dal momento dell’acquisto e alle spese legali (circa 10.500 euro). Alla base della decisione – si legge in motivazioni - c’è il principio fondamentale - violato dall’istituto di credito –secondo cui la banca ha il dovere di informare e di essere informata (art. 21 lett. F TUF e art. 26 reg 11522/98 CONSOB). Sulla scorta di quanto emerso in fase istruttoria è emerso infatti che la banca si è del tutto sottratta al dovere di informare il cliente sulla tipologia e sull’affidabilità del titolo (adeguatezza) e dunque ha assunto un comportamento non rispondente al “bisogno di protezione” degli investitori non professionali. Inoltre la banca non ha tenuto in adeguata considerazione le informazioni acquisite dal cliente nell’esecuzione dell’operazione che avrebbe dovuto essere conforme ai principi di diligenza, correttezza e trasparenza (art. 21 TUF). Si ricorda infatti che in nessun caso gli intermediari sono esonerati dall’obbligo di valutare l’adeguatezza dell’operazione disposta dai clienti, neanche nel caso in cui l’investitore abbia rifiutato di fornire le informazioni sulla propria situazione patrimoniale o finanziaria, obiettivi di investimento e propensione al rischio, nel qual caso la valutazione andrà condotta tenendo conto di tutte le notizie in loro possesso (età, professione, presumibile propensione al rischio anche alla luce della pregressa ed abituale operatività, situazione del mercato ecc.) (DI/30396 CONSOB del 21.04.2004): nel caso di specie appariva chiaro che l’operazione non era adeguata sia in relazione alla situazione patrimoniale che alla scarsa propensione al rischio. La banca dunque è venuta meno al dovere di curare l’interesse dell’investitore desunto dall’art. 29 reg 11522/98 CONSOB. Il documento sui rischi generali degli investimenti finanziari è informativa del tutto generica-affermano i giudici nella sentenza- che non conferisce la conoscenza concreta ed effettiva del titolo negoziato: ergo la sua consegna all’investitore non soddisfa l’esigenza di tutela del risparmiatore. In presenza di un’operazione non adeguata, l’intermediario deve astenersi dal dare esecuzione all’operazione se prima non abbia avvertito l’investitore e ottenuto dal medesimo l’espressa autorizzazione ad agire ugualmente (art. 26 reg 11522/98 CONSOB). La sola ipotesi in cui tali obblighi di valutazione della adeguatezza e correlata astensione ad agire non si applicano è quella in cui il servizio prestato si limiti alla mera esecuzione o trasmissione degli ordini dell’investitore (trading on line: cioè ordini via internet o banca telefonica). Nel caso in cui invece tale servizio consegue ad una consulenza anche solo illustrativa o strumentale l’intermediario svolge un ruolo attivo nel processo formativo della volontà dell’investitore e pertanto sussiste a carico dell’intermediario l’obbligo di valutazione. Nel caso posto all’attenzione dei giudici l’attività di consulenza deve ritenersi avvenuta avendo la parte attrice affermato di essersi indotta all’acquisto dei titoli su indicazione dei funzionari preposti, considerato che l’investitore non aveva alcuna possibilità di conoscere il titolo essendo questo “non quotato”. Per contraddire questi assunti, la banca ha cercato di produrre la testimonianza del funzionario preposto che potendo essere responsabile in solido con il convenuto (la banca) ex art. 2049 c.c. non è stato ammesso per incapacità a testimoniare ex art. 246 cpc. Anche il formale rispetto delle procedure previste (per intenderci la compilazione dei moduli predisposti) non vale ad escludere la responsabilità della banca. Infatti sebbene nella fattispecie l’ordine presentava la doppia sottoscrizione dell’investitore e che la seconda firma era stata apposta in calce alla dizione ”vi informiamo che l’operazione oggetto del presente ordine è una operazione non adeguata in relazione...” cui seguivano sei possibili ragioni di inadeguatezza (peraltro nessuna barrata) e ancora “è un’operazione in cui abbiamo un interesse in conflitto” e l’investitore barrando la casella relativa avrebbe preso atto della non adeguatezza dell’investimento, non è risultato che la banca abbia adempiuto i suoi doveri specifici e circostanziati lasciando in definitiva l’investitore nell’ignoranza circa i reali rischi che l’operazione comportava. E’, a questo proposito importante ricordare che il comma 6 dell’art. 23 TUF stabilisce che “nei giudizi di risarcimento danni cagionati nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di avere agito con la diligenza richiesta”. E questo tanto più che per i titoli negoziati le agenzie più qualificate non avevano il “rating” internazionale sicché in assenza di tale dato non era possibile accertare il grado di solvibilità del debitore e per questo i rischi dell’operazione dovevano ritenersi altamente elevati. Il tribunale ha infine respinto l’esimente opposta dalla banca secondo cui l’investitore sarebbe stato consapevole del rischio avendo in precedenza operato nel mercato borsistico rilevando come l’acquisto dei titoli presenti nel suo portafoglio (obbligazioni e titoli di stato) non trasformi automaticamente l’investitore in soggetto esperto in grado di valutare i rischi dell’operazione. Questa ennesima sentenza,che ricalca numerose altre pronunce di condanna del comportamento spregiudicato delle banche ad aver addossato ai risparmiatori bond bidone, esclusivamente emessi per soddisfare le esigenze di quegli investitori istituzionali (banche,sim,finanziarie,ecc.) in grado di valutare la rischiosità dell’investimento, che spesso hanno addossato successivamente alla clientela, apre la strada ad una raffica di positivi sbocchi giudiziari alle giuste aspettative di migliaia di risparmiatori, letteralmente truffati dagli istituti di credito. Analoghi ai bond Cirio,all’assoluta mancanza di rating,alle emissioni esclusive per investitori istituzionali fatte all’estero e/o nei paradisi legali,sono i bond argentini: dopo la multa che il ministero dell’Economia,su proposta della Consob ha inflitto a primarie banche,la strada dei risarcimenti giudiziari è in discesa. Si preparino quindi le banche ad accantonare,congrue poste contabili nei bilanci,per soddisfare migliaia di rimborsi che matureranno,nei prossimi mesi,nei Tribunali su azioni giudiziarie portate avanti dalle associazioni di consumatori,Adusbef in prima linea. Il Presidente Elio Lannutti Roma,9.4.200509/04/2005
Documento n.2964