ALLARME SWAP PER ENTI LOCALI,ESPOSTI PER 108 MLD EURO DERIVATI,OLTRE A 25 MILIRADI DI BOND

in Comunicati stampa
COMUNICATO STAMPA MUTUI SUB PRIME: UNA CRISI SERIA CHE NON E' ANCORA FINITA PER RATO (FMI). NON SONO STATI STAVOLTA PERO’ I POLITICI,MA L’AVIDITA’ DEI BANCHIERI, CON LA COLLUSIONE DEL FONDO MONETARIO E DELLE BANCHE CENTRALI, AD AVER CREATO PIRAMIDI FINANZIARIE POGGIATE SULLA SABBIA DI SWAP E DERIVATI, PRIVILEGIANDO INTERESSI LOSCHI DI BANCHE DI AFFARI, A GENERARE LA CRISI. ALLARME SWAP PER ENTI LOCALI,ESPOSTI PER 108 MLD EURO DERIVATI,25 BOND. La crisi dei mutui subprime è seria, non è ancora finita e inciderà sulla crescita mondiale,il grido di allarme lanciato solo oggi da Rodrigo Rato, direttore generale uscente di quel Fondo monetario internazionale colluso con le grandi banche di affari, che hanno creato piramidi finanziarie basate su una montagna di prodotti derivati (per incassare laute commissioni),castelli di sabbia che stanno crollando e che travolgeranno l’economia reale, i risparmi veri delle famiglie, la capacità di restituire i prestiti, una restrizione del credito pagata dagli utenti e dai consumatori. Non sono stati però stavolta “i politici” chiamati in causa dal dr. Rato (che porta la grande responsabilità del fallimento dell’Argentina e che lascerà la direzione del Fondo a Dominique Strauss-Kahn alla fine di ottobre,che si auspica possa imprimere una inversione di tendenza ad un FMI ostaggio degli interessi delle banche), ad essere i responsabili della crisi sistemica, ma l’avidità dei banchieri protetti dalle autorità monetarie ed assecondati dal Fondo Monetario,ad assestare un duro colpo al tentativo di ripresa dell’economia mondiale. Il ravvedimento operoso,lanciato come appello a darsi da fare da Rodrigo Rato (chissà perché fino a ieri, aveva negato, assieme ai governatori delle banche centrali, che i sub-prime potessero avere riflessi sull’economia),afffinchè i politici non dovrebbero pensare che i problemi rimarranno solo sulle scrivanie dei banchieri, perché "i problemi si stanno estendendo all'economia reale, ai bilanci", e "ci vorranno alcuni mesi, probabilmente fino all'anno prossimo", prima che "la liquidità, l'accesso al credito e i fattori di rischio tornino al loro normale livello", è condivisibile a patto che metta nell’agenda del Fondo una convocazione urgente per riportare a livelli accettabili,la crescita esponenziale dei derivati,una mina vagante pari a 430 mila miliardi di dollari,11 volte più del Pil mondiale, pari a 38.000 miliardi di dollari. Se non ci sarà una nuova “Bretton Woods” (1), ossia una riforma globale del sistema finanziario che rimetta al centro la produzione rispetto alla leva finanziaria,non solo ci saranno conseguenze sull'economia reale, con impatti diversi negli Stati Uniti ("più velocemente"), ma anche in Europa e Giappone: insomma, "tutti l'avvertiranno", come ha affermato Rato. Ma le crisi sistemiche, verranno acuite. Intanto nella sintesi della ricerca, preparata da Elio Lannutti e Paolo Raimondi, si anticipano i riflessi della crisi dei derivati sulle imprese (7 miliardi di euro) e sugli enti locali, esposti per 108 miliardi di euro. Oltre a 50.000 piccoli e medi imprenditori, soprattutto del nordest, che sono stati indotti dalle banche, a sottoscrivere contratti di derivati finanziari, spacciati come assicurazioni su possibili variazioni sui tassi di interesse e di cambio, che hanno perso circa 7 miliardi di euro, ci sono gli Enti Locali che si sono lasciati affascinare da questi sofisticati strumenti “gratta e vinci” dove vincono solo le banche ! La situazione grave verrà alla luce quando si conteranno le perdite sui derivati sottoscritti dagli enti locali, in primis regioni, province e comuni. Secondo le stime della Corte dei Conti, alla fine del 2006 questi enti contavano oltre 108 miliardi di euro di debiti, in particolare sotto forma di bond, spesso piazzati da finanziarie internazionali in modo non dissimile alla triste esperienza della Parmalat. Ma la cosa più drammatica sta nel fatto che un fetta robusta di questi debiti sono stati poi “swappati”, cioè gli enti locali sono stati convinti ad accendere dei contratti derivati, sempre per “assicurasi” contro possibili variazioni nei tassi di interesse o in altri parametri. Sempre la Corte dei Conti ha ammonito che solamente le Regioni nel 2006 hanno aumentato le emissioni di bond del 33,4% raggiungendo un debito totale in bond di circa 25 miliardi di euro, di cui almeno 5,4 miliardi “coperti” da operazioni in derivati. Sanno le nostre autorità economiche se ancora oggi, persino dopo la crisi dei mutui-spazzatura, gli enti locali accendono crediti di vario tipo a tassi di interessi variabili e poi sottoscrivono dei derivati finanziari, swap, di “copertura”? Che le banche non onorano ? Roma,8 ottobre 2007 Mutui-spazzatura, bond, derivati: la crisi finanziaria è sistemica. Occorre un riforma globale del sistema finanziario. Studio di Elio Lannutti, presidente ADUSBEF, Paolo Raimondi, Economista. La crisi dei mutui subprime in America e negli altri paesi sta scatenando una Parmalat globale. Non si tratta solamente dei mutui-spazzatura e della bolla immobiliare, ma dell’intero sistema finanziario internazionale concatenato con la gigantesca montagna di debiti, di bond, di finanza derivata e di quelle mille forme di speculazioni “esotiche” esplose in un’economia che si è sottomessa alla finanza senza più regole e senza più controlli. Sono veramente infantili quei poveri economisti disperati che, dopo aver esaltato le virtù della globalizzazione finanziaria, adesso si arrampicano sugli specchi nell’inutile tentativo di trovare appigli di stabilità. Un anno fa,in una rapporto pubblicato sulle tre sorelle del rating,Mody’s,Standard & Poor’s,Fitch, avevamo ammonito sui gravi pericoli insiti nella crescita esponenziale della bolla speculativa basata sul castello di sabbia dei derivati. In un mondo dove l’economia reale stagna da anni, solo degli irresponsabili possono pensare di vivere con tassi annui di crescita dei valori virtuali e speculativi del 20-25%. Nel 2005 avevamo sostenuto una mozione (Lettieri 1-00320) presentata alla Camera dei Deputati, firmata da 50 parlamentari del centrosinistra e alcuni anche del centrodestra, e votata a maggioranza il 6 aprile, dove si indicava come le crisi del fondo LTCM, della Enron, dei bond argentini, della Parmalat, non erano altro che segnali di una profonda crisi globale. In particolare si diceva:” C’è una crisi dell’intero sistema finanziario sempre più finalizzato alla pura speculazione, dove gli hedge fund, operatori al di fuori di ogni regola e di ogni controllo, assumono sempre maggior peso. Si stima infatti, che l’ammontare dell’intera bolla finanziaria, sommando titoli derivati e tutte le altre forme di debito esistente, siano superiori a 420.000 miliardi di dollari, a fronte di un prodotto interno lordo mondiale di poco più superiore a 38.000 miliardi di dollari”. Guardiamo ora gli andamenti dei derivati finanziari. Secondo i dati ufficiali della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) di Basilea, il mercato dei derivati Otc (Over the Counter), cioè quelli che sono trattati fuori dai mercati regolari, a giugno 2004 aveva raggiunto un valore nozionale totale di 220.000 miliardi di dollari. Gli ultimi dati forniti dalla BRI di fine dicembre 2006 hanno portato il valore totale di derivati Otc a oltre 415.000 miliardi di dollari. In due anni e mezzo la speculazione in derivati è quasi raddoppiata! Il quadro è devastante se si osservano le grandi banche americane. I dati del Comptroller of the Currency americano di giugno 2004 evidenziavano come solamente tre banche, JP Morgan Chase, Citigroup e Bank of America, fossero responsabili della quasi totalità dei derivati finanziari in America con operazioni rispettivamente di 43.000, 17.000 e 16.000 miliardi di dollari. La stessa fonte riporta ora che a fine marzo 2007 le stesse banche vantavano totali in derivati finanziari rispettivamente per 72.000, 35.000 e 29.000 miliardi di dollari! E’ vero che il sistema Italia si è lanciato in queste speculazioni “moderne” dopo, sulla scia dei battistrada americani e inglesi, ma tenendo conto della nostra sempre difficile situazione finanziaria, i mutui-casa a tasso variabile e le operazioni in derivati finanziari sono delle mine vaganti contro la stabilità economica e il benessere sociale. Vi sono oltre 50.000 piccoli e medi imprenditori, soprattutto del nordest, che sono stati indotti dalle banche, a sottoscrivere contratti di derivati finanziari, spacciati come assicurazioni su possibili variazioni sui tassi di interesse e di cambio, e che hanno perso tra i 5 ed i 7 miliardi di euro! Ma la situazione più grave verrà alla luce quando si conteranno le perdite sui derivati sottoscritti dagli enti locali, in primis regioni, province e comuni. Secondo le stime della Corte dei Conti, alla fine del 2006 questi enti contavano oltre 108 miliardi di euro di debiti, in particolare sotto forma di bond, spesso piazzati da finanziarie internazionali in modo non dissimile alla triste esperienza della Parmalat. Ma la cosa più drammatica sta nel fatto che un fetta robusta di questi debiti sono stati poi “swappati”, cioè gli enti locali sono stati convinti ad accendere dei contratti derivati, sempre per “assicurasi” contro possibili variazioni nei tassi di interesse o in altri parametri. Sempre la Corte dei Conti ha ammonito che solamente le Regioni nel 2006 hanno aumentato le emissioni di bond del 33,4% raggiungendo un debito totale in bond di circa 25 miliardi di euro, di cui almeno 5,4 miliardi “coperti” da operazioni in derivati. Sanno le nostre autorità economiche se ancora oggi, persino dopo la crisi dei mutui-spazzatura, gli enti locali accendono crediti di vario tipo a tassi di interessi variabili e poi sottoscrivono dei derivati finanziari, swap, di “copertura”? Sarebbe opportuno non perdere altro tempo. I costi finanziari e le perdite degli enti locali sono soldi dei cittadini sottratti agli investimenti sociali e spesi allegramente per avventure finanziarie “esotiche”. E le agenzie di rating? Nel novembre scorso quelle che noi avevamo chiamato le “tre sorellastre”, cioè le agenzie internazionali di rating Standard & Poors, Moody’s e Ficht, , erano intervenute con toni minacciosi e ricattatori esigendo dal governo italiano l’abbandono di ogni politica di benché minimo sostegno sociale alle fasce di popolazione più debole e più povera in nome della sacra riduzione del debito pubblico. Noi facemmo una denuncia forte del controllo sulle tre agenzie esercitato dalla grandi banche e dalla finanza speculativa in derivati finanziari. Si levarono subito dei brusii di insofferenza e taluni ci tacciarono di esagerazione. Quando in estate è scoppiata la crisi dei mutui-spazzatura all’improvviso molti si sono chiesti come mai del silenzio tombale delle stesse agenzie di rating che per statuto avrebbero dovuto essere i cani da guardia del sistema finanziario. Nei mesi e anni precedenti nessuna delle tre aveva messo in guardia dell’imminente collasso. Stupidità e incompetenza oppure complicità? Oggi anche il Congresso americano vuole una risposta precisa. Le loro responsabilità nella crisi della bolla dei mutui casa sono state affrontate il 27 settembre in un'audizione della sottocommissione Mercati dei capitali della Commissione Servizi Finanziari della Camera dei Rappresentanti il cui presidente, il democratico Paul Kanjorski ha dichiarato che “ci sono stati errori sistemici senza precedenti, commessi dalle agenzie di rating, che interessano prodotti finanziari d'ogni tipo; ciò che ora mi preoccupa sono i rischi di fallimenti sistemici nel sistema finanziario internazionale”. Shaun Mathis della banca d'investimento Miller Mathis ha testimoniato che “i mercati finanziari corrono i rischi maggiori dall'epoca della Grande Depressione. Non c'è nulla di piccolo o circoscritto in questo problema. Vi saranno collassi” di banche e finanziarie. La repubblicana Deborah Pryce dell'Ohio ha criticato le agenzie di rating perché ancora si rifiutano di decidere la retrocessione di intere categorie di titoli emessi sui mutui, limitandosi ad abbassare il rating solo sui titoli già crollati. Gary Ackerman, democratico di New York, le ha accusate di truffa e di manipolazione dei mercati dei titoli sottolineando che “la truffa è un reato punito dal codice penale federale”. Chi può intervenire per mettere le cose a posto dopo che tutte le regole di un’economia sana e razionale sono state accantonate per far posto a un fantomatico mercato finanziario capace di autoregolarsi? Le banche centrali hanno saputo solo immettere liquidità e allentare i tassi di interesse, decisioni che non affrontano né risolvono la crisi ma rischiano solo di rilanciarla ad un livello più grande. Solamente l’autorità dei governi e dei parlamenti a livello internazionale, come fece nel 1933 Franklin Delano Roosevelt con il suo New Deal per uscire dalla Grande Depressione americana, può essere capace di invertire la rotta e riportare l’economia reale sulla via della stabilità e della ripresa. Riteniamo urgente riprendere la discussione e lo spirito della mozione Lettieri che impegnava il Governo “ad attivarsi nelle competenti sedi internazionali per costruire una nuova architettura finanziaria finalizzata ad evitare futuri crac finanziari ed il ripetersi di bolle speculative e, quindi, orientata al precipuo obiettivo di sostenere l’economia reale e a intraprendere tutte le iniziative necessarie per arrivare al più presto, insieme alle altre nazioni, alla convocazione di una conferenza internazionale a livello di Capi di Stato e di Governo, per definire globalmente un nuovo e più giusto sistema monetario e finanziario”. Roma, ottobre 2007 (1) La conferenza di Bretton Woods, che si tenne dal 1° al 22 luglio 1944, stabilì regole per le relazioni commerciali e finanziarie tra i principali paesi industrializzati del mondo. Gli accordi di Bretton Woods furono il primo esempio nella storia del mondo di un ordine monetario totalmente concordato, pensato per governare i rapporti monetari fra stati nazionali indipendenti.Mentre ancora non si era spento il secondo conflitto mondiale, si preparò la ricostruzione del capitalismo globale, riunendo 730 delegati provenienti dalle 44 nazioni alleate per la conferenza monetaria e finanziaria delle Nazioni Unite (United Nations Monetary and Financial Conference) al Mount Washington Hotel, nella città di Bretton Woods (New Hampshire). Dopo un acceso dibattito, durato tre settimane, i delegati firmarono gli Accordi di Bretton Woods. Gli accordi erano un sistema di regole e procedure per regolare la politica monetaria internazionale. Le caratteristiche principali di Bretton Woods erano due; la prima, l'obbligo per ogni paese di adottare una politica monetaria tesa a stabilizzare il tasso di cambio ad un valore fisso rispetto al dollaro, che veniva così eletto a valuta principale, consentendo solo delle lievi oscillazioni delle altre valute; la seconda, il compito di equilibrare gli squilibri causati dai pagamenti internazionali, assegnato al Fondo Monetario Internazionale (o FMI). Il piano istituì sia il FMI che la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (detta anche Banca mondiale o World Bank). Queste istituzioni sarebbero diventate operative solo quando un numero sufficiente di paesi avesse ratificato l'accordo. Ciò avvenne nel 1946. Nel 1947 fu poi firmato il GATT (General Agreement on Tariffs and Trade - Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio) che si affiancava all'FMI ed alla Banca mondiale con il compito di liberalizzare il commercio internazionale. Tratto da Wikipedia

08/10/2007

Documento n.6863

Sostieni i consumatori, sostieni ADUSBEF!

Puoi sostenere ADUSBEF anche attraverso il 5 x 1000: in fase di dichiarazione, indica il codice fiscale 03638881007

Informativa sull'uso dei Cookies

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.OK